Enzo Bianchi:
Quello slogan è una bestemmia
La Repubblica - 05 Settembre 2022
Siamo in un’ora in cui difetta il pensare, il riflettere, l’indagare e dunque anche il linguaggio ne risente. Non solo si impoverisce ma si fa rozzo, barbaro e troppo facilmente ricorre agli slogan. D’altronde lo sappiamo tutti: quando manca il pensiero allora si alzano i toni, si grida, e si fanno risuonare delle parole con l’unico intento di provocare emozioni, e questo vale un po’ ovunque, fino ai comizi di piazza. Essendo vecchio non dimentico le scritte sbiadite sui muri rimaste dall’epoca fascista: “Credere, Obbedire, Combattere!”, “Autorità, Ordine, Giustizia!”, “Dio, Patria, Famiglia!”.
Mi pare significativo che siano tornate a risuonare oggi, soprattutto: “Dio, Patria, Famiglia” è uno slogan che mi turba intensamente. Perché queste tre parole messe una dopo l’altra, proclamate, fatte bandiera e labaro tra gente che si pensa forte, per me risuonano non solo come sinistre, ma come una bestemmia. Parole di un tempo e di una cultura che non vorrei assolutamente vivere. Perché? Perché come cristiano sono convinto che la parola “Dio” è una termine eminente ma insufficiente, dietro il quale si celano spesso emozioni che sono perlopiù proiezioni umane. La maggior parte di queste immagini che ci forgiamo di Dio sono perverse. Come cristiano sono convinto che solo Gesù ha raccontato e mostrato chi è Dio. Il Dio di Gesù non ama essere proclamato a voce alta, non ama essere invocato contro qualcuno, ma ama che lo si pensi il “Dio con noi”! Non ha bisogno che lo difendiamo e tanto meno che lo imponiamo nella società in cui viviamo. Dunque gli si reca offesa se lo si strumentalizza come un elemento identitario, se lo si trascina nell’agone politico.
Quanto alla Patria, per fortuna la mia generazione non ha più servito l’ideologia nazionalista, un vero idolo in nome del quale, soprattutto nelle guerre, si sacrificava alla “Patria” tante vite umane che non sapevano neppure il perché della loro fine. Certamente amiamo la nostra terra, ma amiamo anche le terre degli altri, convinti, come cristiani che “ogni terra per il cristiano è straniera e ogni terra straniera per il cristiano è patria”, come si legge nella lettera A Diogneto, il meraviglioso testo di un cristiano del II secolo, quando i cristiani potevano vivere come minoranze in dialogo e in pace nella marea pagana dell’impero romano. No, per noi oggi non è più bello morire per la patria!
Quanto alla “Famiglia”, quella famiglia che poteva essere invocata non esiste più, è andata in frantumi con il suo paternalismo, la sottomissione delle donne, l’impossibilità per i giovani di prendere la parola. Da sempre sappiamo che nasciamo in una famiglia e da essa siamo accolti, e questa è una grazia grande. Ma quando dobbiamo costruire una vita cerchiamo l’amore al di fuori della nostra famiglia, fuori dal cerchio dei vincoli di sangue.
Questo significa che anche la famiglia è insufficiente: non dobbiamo farne un mito e tanto meno in idolo. Pertanto è necessario vigilare contro il familismo che spesso forgia una ideologia non a servizio dell’amore umano, ma a servizio dei controllori dell’ordine morale. Ci scandalizziamo se questi slogan sono gridati oggi in Russia dal potere religioso e da quello politico strettamente legati, ma poi permettiamo che siano proposte come programma nella nostra stanca e vecchia ma sempre ancora valida democrazia. L’idolo è sempre un falso antropologico, fonte di alienazione.
“Dio, Patria, Famiglia!”: tre parole che se gridate sono una bestemmia e dovrebbero rappresentare per tutti lo spettro di una prigione.
(fonte: blog dell'autore)