Oggi la festa.
Un anno dedicato a san Giuseppe
L'evento promosso dagli Oblati di San Giuseppe fondati ad Asti nel 1878 da san Giuseppe Marello. Il superiore generale padre Jan Pelczarski spiega il significato di questo anno speciale
San Giuseppe con Gesù Bambino.
L'immagine tratta dalla copertina di "Joseph" mensile degli Oblati di San Giuseppe
Una figura che ha operato nel nascondimento, ma che è «parte integrante» del mistero della Salvezza. Un uomo che ha «saputo fare gli Interessi di Gesù». Un modello valido anche per l’uomo d’oggi «troppo spesso diviso tra mille “necessità” inutili». Stiamo parlando di san Giuseppe, il padre terreno di Gesù, di cui proprio oggi ricorre la solennità. Ne è convinto padre Jan Pelczarski, classe 1965, da agosto scorso superiore generale degli Oblati di San Giuseppe, fondati da san Giuseppe Marello ad Asti il 14 marzo 1878. E proprio oggi per la famiglia religiosa che ha nel Custode del Redentore il proprio patrono, inizia ufficialmente un anno tutto dedicato a san Giuseppe. Il superiore generale degli Oblati spiega il senso di questa iniziativa.
Il logo dell'Anno speciale dedicato a san Giuseppe dalla congregazione degli Oblati di san Giuseppe
Perché avete sentito la necessità di farlo?
Il Capitolo generale celebrato nell’agosto dell’anno scorso ha visto l’urgenza di ricuperare la ricchezza della figura di san Giuseppe nella particolare situazione storica che stiamo vivendo, sia a livello ecclesiale e sociale, sia a livello di congregazione. Le circostanze che hanno suggerito questa iniziativa sono da ricercare nelle diverse date commemorative che ricorrono nel biennio 2019-2020: il 30° anniversario dell’Esortazione apostolica Redemptoris Custos di san Giovanni Paolo II e i 150 anni del decreto Quemadmodum Deus, con il quale Pio IX proclamò San Giuseppe patrono della Chiesa universale.
Ma la ragione profonda della nostra decisione sta nel convincimento che il richiamo al patrono della Chiesa universale può costituire per noi Oblati l’occasione provvidenziale per tornare alle radici della nostra spiritualità; e per la Chiesa in generale, un richiamo alla fede, all’obbedienza e al servizio, di cui san Giuseppe è modello irraggiungibile.
La figura di san Giuseppe cosa può dire all’uomo di oggi?
La parola che riassume la missione e l’eredità spirituale di san Giuseppe è la sola che il Vangelo ricorda come sicuramente da lui pronunciata nel rito della circoncisione: Gesù. San Giuseppe ha messo Gesù al centro della sua vita e della sua missione. Il suo esempio è un richiamo forte e suggestivo per l’uomo di oggi, troppo spesso diviso tra mille “necessità” inutili, a centrare tutto se stesso in Gesù, “unico necessario”, riscoprendo in Lui valori dimenticati: il silenzio, la preghiera, il sacrificio.
Il vostro fondatore, san Giuseppe Marello, indica in san Giuseppe l’uomo che nella sua vita ha «curato gli interessi di Gesù». In che cosa consiste oggi per un cristiano «curare gli interessi di Gesù»?
Gli «interessi di Gesù» sono, oggi, quelli perseguiti per suo mandato dalla Chiesa: l’uomo, la sua vocazione di figlio di Dio e di cittadino del mondo, la sua dignità inalienabile, il diritto all’istruzione, alla casa e al lavoro. In altre parole, continuare a spargere la semente della Parola e predicare la speranza e la solidarietà.
Nel corso di quest’anno ricorrono i 30 anni della Redemptoris custos, Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II. Un testo al quale recentemente assieme ai Murialdini e alle Suore di san Giuseppe avete dedicato un convegno unitario. Cosa ha rappresentato questo testo papale nella devozione a san Giuseppe?
L’Esortazione apostolica ha ribadito, e in parte innovato, i fondamenti della teologia di san Giuseppe, offrendo una profonda riflessione sulla sua figura e sulla sua missione nella vita di Cristo e della Chiesa. Ha messo in rilievo il fatto che, pur rimanendo nel suo ruolo di secondo piano, il Custode del Redentore ha un’importanza fondamentale nell’economia della salvezza. La sua persona è parte integrante del «mistero nascosto da secoli»: per mezzo di lui il Redentore è legalmente immesso nella discendenza davidica, rendendo possibile la realizzazione delle promesse messianiche.
San Giuseppe Marello ha voluto che la congregazione fosse sotto la protezione di san Giuseppe. Che cosa significa essere Oblato di san Giuseppe?
Il carisma del nostro Istituto ci chiede di riprodurre nella vita e nell’apostolato l’ideale di servizio come lo visse il Custode del Redentore. E questo comporta un profondo amore personale per Gesù Cristo e per la sua Chiesa, l’accompagnamento dei giovani, la capacità di percepire la presenza di Dio nella storia e lo stile di servizio contrassegnato dalla semplicità e fortezza di fronte alle sfide della vita.
L’anno che state per aprire è rivolto non solo agli Oblati, ma anche alle Oblate e ai laici vicini alla vostra spiritualità. Avete in programma appuntamenti particolari?
Nella lettera di indizione sono state proposte diverse iniziative da realizzare insieme con la nostra famiglia giuseppina marelliana, perché questo anno segni per ognuno di noi un’esperienza spirituale forte. È l’occasione propizia per far risaltare alcuni aspetti fondamentali della vita cristiana, legati alla spiritualità giuseppina: la santità del matrimonio e della famiglia, il generoso servizio nella vita quotidiana e l’importanza della vita interiore. Il segno tangibile del nostro camminare con san Giuseppe sarà il progetto-scuola per i bambini di Mozambico, dove siamo presenti da un paio di anni.
(fonte: Avvenire, articolo di Enrico Lenzi 19 marzo 2019)