Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



giovedì 25 ottobre 2018

“Invecchiano solo gli altri” di Marco Aime e Luca Borzani - Recensione di Aldo Pintor

“Invecchiano solo gli altri”
di Marco Aime e Luca Borzani
Recensione di Aldo Pintor 

L'antropologo torinese Marco Aime attualmente è uno dei nomi più noti in Italia sul campo delle scienze etnologiche. Insieme al ligure Luca Borzani ha dato alle stampe un libro la cui lettura ci lascia una profonda inquietudine. Stiamo parlando di “Invecchiano solo gli altri” (Einaudi pp. 122, € 13). In questa opera i due studiosi esaminano con competenza i nuovi fenomeni che accompagnano l'invecchiamento o meglio il rifiuto della vecchiaia nell'occidente contemporaneo. Dal loro studio emergono conclusioni tutt'altro che rassicuranti. 

Già Gustavo Zagrebelsky . aveva ammonito circa il fatto che nella nostra società nessuno vuole più sentirsi adulto, e quindi nessuno si sente maturo e capace di prendersi le sue responsabilità di fronte alla comunità. In questo libro si va ancora oltre. Col rigore scientifico degli antropologi Aime e Borzani spiegano come nella nostra società iperproduttiva e consumistica si cerchi di cancellare il periodo della vecchiaia ove ormai non si produce e quasi non si consuma più. Per esaminare questo prendono in esame la generazione nata nel dopo guerra quando ci fu una grande esplosione demografica. Questi baby boomers ormai navigano tra i sessanta e settant'anni, e come emerge da questa ricerca “questa generazione credeva di aver rotto coi padri (con le rivolte del 1968) e invece ha rotto con i figli” rifiutandosi di invecchiare. Le conseguenze di questa rottura sono tragiche e ancora non ce ne siamo resi conto completamente. I due antropologi fanno il ritratto di una società completamente contraddittoria e spesso assurda. Una società che esalta il giovanilismo proprio quando i giovani stanno sparendo e non solo per modo di dire visto il tragico crollo delle nascite che sta cancellando intere generazioni trasformando l'Europa in un continente dall'età piuttosto elevata. Nei tempi in cui non erano in molti a raggiungere certi traguardi di età, la vecchiaia voleva dire aver acquisito rare esperienze di vita. E per questo veniva attribuito ai vecchi un ruolo importante nella comunità. Oggi invece la parola vecchiaia suscita terrore come se fosse una malattia e tutti ne vogliono fuggire. Comunque nonostante la lucidità dei due ricercatori faccia delineare un quadro davvero cupo della società attuale, mai Aime e Borzani si abbandonano alla disperazione. E' sempre presente e la lettura ce lo comunica con forza il desiderio di reagire e di valorizzare tutte le nuove situazioni che l'aumento della vita ci presenta. E' chiaro che la fase è storica completamente nuova in cui ci troviamo rende tante cose incerte. Ma proprio questo ci deve stimolare a continuare sempre in quello stesso percorso di umanità profonda, che in tanti hanno tracciato e che le tante novità di quest'epoca consentono di proseguire con modalità inedite. Gli autori suggeriscono appunto per avere una vita sempre più umana di valorizzare la lentezza arricchendo le giornate di incontri visto che a una certa età ci si può ritenere esenti dalla frenesia del produrre. Imparando a fare spazio agli altri (soprattutto ai giovani) si impara altresì a contemplare il mondo non con distacco ma con equilibrata distanza. Dalla Bibbia apprendiamo che i vecchi patriarchi di Israele morivano “sazi di giorni”. Oggi questa sazietà sembra non voler arrivare mai. Aime è esperto di cultura africana e la cita spesso con la massima richiamata anche nel titolo di un libro di Federico Rampini “voi avete gli orologi noi abbiamo il tempo”. Questo richiama alla mente anche un ricordo dell'infanzia contadina del grande Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, che ci racconta di un contadino del suo Monferrato che “non aveva tempo di avere fretta”. Siamo troppo schiavi di miti mortiferi come l'efficientismo e il produttivismo e questo ci impedisce di vivere umanamente facendoci in tutti i modi rimandare la vecchiaia senza considerare che anche questa fase della vita va vissuta in profondità. Eppure quanto sarebbe umano trasmettere la nostra memoria alle generazioni future senza tristezza e rimpianti. 
Così facendo ristabiliremo l'armonia tra le generazioni e daremo senso a ogni giorno della nostra vita su questo nostro pianeta terra.