#ottimista o pessimista?
Gianfranco Ravasi
L’ottimista inventa l’aeroplano, il pessimista il paracadute.
È noto che lo scrittore inglese, nato però a Dublino nel 1856, George Bernard Shaw intingeva spesso la sua penna nell’inchiostro dell’ironia, come accade nell’aforisma che abbiamo citato, destinato a far abbracciare due figure poste agli estremi della vita sociale. Un altro autore inglese, Gilbert K. Chesterton, operava lo stesso confronto ricorrendo alla considerazione che aveva raccolto – almeno così egli confessava – da una ragazzina: «Un ottimista è un uomo che vi guarda negli occhi, un pessimista è invece un uomo che vi guarda i piedi». Certo è che una società monocolore, popolata solo di ottimisti, è votata all’illusione e alla conseguente delusione, così come quella affollata soltanto di pessimisti è destinata a trascinare un’esistenza lamentosa e insoddisfatta.
In realtà, come supponeva Shaw, è necessario in tutte le vicende umane un dosaggio sapiente di fiducia e di realismo per poter procedere nella storia. Tendenzialmente chi è al potere è orientato a mostrare solo le luminose e progressive sorti verso cui siamo condotti, mentre chi è all’opposizione, e più in generale, è tra la gente comune, è spinto spontaneamente a segnalare le pecche, i limiti, le deficienze del vivere quotidiano. L’ottimista talora proclama che siamo nel migliore dei mondi possibili e il pessimista teme che possa essere vero. In ultima analisi, è la spezia ben dosata della critica intelligente a ridimensionare la deriva sognante ottimistica e la corsa verso un ipotetico baratro annunciato dal pessimista. Quest’ultimo, però, scriveva Rex Stout, il creatore del detective Nero Wolfe, «ha un vantaggio, egli può andare incontro solo a sorprese piacevoli, mentre l’ottimista ne avrà soltanto di spiacevoli».