Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



lunedì 12 marzo 2012

La primavera araba dei CIE: 580 evasioni nel 2011

Un graffito sul muro di cinta del Cie di Torino
Scioperi della fame, autolesionismo, incendi, evasioni e vere e proprie rivolte. Il 2011 sarà ricordato come l'anno più caldo nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) italiani. I giovani ribelli sono i ragazzi tunisini sbarcati a Lampedusa e finiti a migliaia nei Cie, dopo l'accordo tra Roma e Tunisi del 5 aprile 2011. All'impossibilità di vedere riconosciuto per le vie legali il proprio diritto a viaggiare, hanno deciso di riconquistarselo con l'unica cosa che gli è rimasta a disposizione: i propri corpi. Gli stessi corpi che hanno esposto alle pallottole della polizia del regime di Ben Ali durante la rivoluzione di gennaio in Tunisia. I corpi con cui hanno attraversato il mare, e con i quali adesso tentano di scavalcare le gabbie dove sono stati rinchiusi, al rischio di finire in ospedale con le ossa rotte dalle manganellate, oppure in prigione con l'accusa di aggressione a pubblico ufficiale.
L'analogia con le rivolte popolari d'oltremare non è affatto forzata. Chi ha avuto modo di conoscere di persona i giovani tunisini sbarcati in Italia l'anno scorso avrà visto che, a parte un'esigua minoranza di ex detenuti fuggiti dalle carceri tunisine, perlopiù si trattava di ragazzi che avevano partecipato alle manifestazioni di protesta.

Vedi anche i nostri precedenti post: