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lunedì 19 marzo 2012

IL RICORDO DI DON PEPPE DIANA

Sono trascorsi diciotto anni. Lo stesso tempo che serve a un uomo per raggiungere la maggiore età. Era mattino presto, quel 19 marzo del 1994, quando la Camorra uccise don Peppe Diana. 
L'orologio segnava le 7:25. Don Peppe era giunto nella chiesa di San Nicola di Bari, a Casal di Principe, per dire messa. Addosso un giaccone blu, i jeans, la maglia scura. Portava bene i suoi 36 anni quel prete che aveva deciso di rimanere a Casal di Principe, dov'era nato, e dove portava avanti una lotta ai clan fatta di emancipazione culturale e risveglio delle coscienze. 
Gli spararono in faccia. I colpi di pistola tuonarono fra le navate della chiesa ancora deserta. Don Peppe cadde a terra esanime. Neanche un lamento. 
Fu la Camorra a ucciderlo. E fu sempre la Camorra, nei giorni seguenti, ad accendere la macchina della delegittimazione.

... il sangue dei martiri ci salva perché realizza quel terribile paradosso: i camorristi vivi puzzano di morte e gli innocenti uccisi profumano di vita. Il profumo della memoria di don Peppe Diana e di tutte le vittime non può non suscitare in tutta la società civile il desiderio di non arrendersi, ma soprattutto di impegnarsi per non vanificare, anzi per non uccidere con la propria indifferenza ancora una volta, coloro che sono morti per noi. Lo ripetiamo sempre: sono morti perché molti di noi non siamo stati abbastanza vivi...