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venerdì 2 dicembre 2011

Un gesto estremo, come quello di Lucio Magri, ci interpella e suscita risposte diverse

Mercoledì scorso per l'ultima volta Lucio Magri s'era affacciato a Montecitorio e, incontrandoli in Transatlantico, aveva salutato così i vecchi amici della politica: «Ho deciso, vado in Svizzera, il mio tempo è passato, non ho più niente da rivendicare, grazie di tutto...». Inutili i tentativi di dissuaderlo. Sopraffatto dalla depressione e annichilito dalla morte della sua inseparabile compagna, Mara Caltagirone, stroncata da un tumore tre anni fa, Magri venerdì scorso ha fatto l' ultima scelta radicale della sua vita: il suicidio assistito. 

Di fronte a un gesto estremo come quello di Lucio Magri è naturale che negli animi si accendano le passioni e che da queste sorgano giudizi di approvazione o disapprovazione a seconda delle provenienze culturali. Ogni coscienza responsabile sa però che la complessa situazione del nostro mondo non ha certo bisogno di “kamikaze del pensiero” che ripetono aprioristicamente convinzioni vecchie di secoli.
Ha bisogno piuttosto di analisi pacate e di conoscenza oggettiva perché l’etica non divenga un motivo in più di divisione, ma realizzi la sua vera missione di far vivere in armonia gli esseri umani. E in questa prospettiva si impone alla mente una prima inderogabile condizione: rispetto.
Aggiungo che se c’è una situazione in cui hanno senso le parole di Gesù «non giudicare» (Matteo 7,1), è proprio quella nella quale un essere umano sceglie di porre fine alla sua vita. Sostengo in altri termini che, di contro a una tradizione secolare che non ha esitato a condannare nel modo più crudo i suicidi, oggi il compito della teologia e della fede responsabile è di sospendere il giudizio, offrire dati, produrre analisi, al fine di generare pietas.
Leggi tutto: Il momento della pietas di Vito Mancuso

"Il tema della fragilità e delle cose che finiscono, invecchiano e scompaiono accompagna ciascuno di noi ma è bandito dal discorso pubblico. E' proibito parlarne perché viviamo nella cultura dell'eterno presente". Il commento di Concita De Gregorio, la Repubblica, che, su questo argomento, ha pubblicato "Così è la vita, imparare a dirsi addio" (Einaudi). Conduce Silvia Luperini 

La decisione di Lucio Magri ci mette di fronte a vicende dolorose che non è possibile affrontare solo con leggi o regolamenti. Teniamoci la contraddizione: la scelta è un bene prezioso ma se lo fa chi ami ti ribelli...

... L’ansia di aiutare a morire sembra la declinazione post moderna della carità: appare compassionevole, e pietosa. Noi, però, continuiamo a credere che carità è aiutare a vivere. È stare accanto a un malato grave, o al più solo dei vecchi in un ospizio. Testimoniando con le nostre povere facce di uomini che non siamo soli, e non siamo polvere... 

“Di fronte a una decisione di questo tipo non si possono dare giudizi: si può solo riflettere sul mistero della vita”, don Andrea Gallo, fondatore e animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, è stato un grande amico di Lucio Magri, l’ex dirigente della DC e del PCI, uno dei fondatori del Manifesto che ha deciso di trasferirsi in una clinica Svizzera per porre fine alla sua esistenza con il suicidio assistito. Un decisione estrema, che ripropone il drammatico dilemma dell’eutanasia.