Enzo Bianchi
Ai sacerdoti non si può perdonare l’ipocrisia
La Stampa - Tuttolibri - 21 giugno 2025
Tutto l’Antico Testamento non solo attesta le infedeltà del popolo di Israele nei confronti dell’alleanza con il suo Signore, ma dedica pagine e pagine a descrivere e denunciare le tentazioni subite dal popolo di Dio. Perché nella lotta contro l’infedeltà e nella resistenza alle seduzioni del peccato occorre avere conoscenza della tentazione. La tentazione, opera del seduttore, del principe di questo mondo, di colui che divide ed è menzognero, Satana, è sempre presente nella vita del credente: essa è generata dalla libido che abita ogni umano e che tende a dominarlo. Conoscere il modo in cui la tentazione si fa strada nel cuore, chiede di essere accolta e quindi acconsentita, conoscere il fascino che essa porta con sé è determinante per la lotta spirituale.
Per questo, a partire dai padri del deserto (questi cardiognostici) fino ai grandi padri della spiritualità monastica è stata dedicata molta attenzione alle tentazioni inerenti alle diverse vocazioni dei cristiani. Tentazioni subite nella solitudine del deserto dall’eremita, tentazioni del cenobita che vive nella koinonía di fratelli e sorelle, tentazioni del pastore della chiesa che deve seguire il suo Signore stando nel mondo senza evasioni ma anche senza compromessi con chi ne è il principe. Fin dall’inizio del suo ministero petrino, Papa Francesco, che ebbe nel suo passato una lunga esperienza di “accompagnatore spirituale”, guida spirituale di molti credenti, ha in alcune occasioni osato una scavata lettura delle tentazioni degli ecclesiastici, in special modo degli uomini della curia romana.
In Preti umani, troppo umani. Sfide e contraddizioni del ministero ordinato, (Edizioni Dehoniane Bologna, del gruppo Il Portico) Domenico Marrone, presbitero e teologo attento alla vita presbiterale, ha esplorato le tentazioni del presbitero in un’ora nella quale più che mai si addensavano scandali e critiche su questa figura ecclesiale: da vero cardiognostico sa indicare le malattie, le cure e le medicine. Ma ciò che è straordinario in lui è che nell’avvertire dei pericoli in cui si può incorrere non ha mai un occhio da spione, né uno spirito che ama condannare; mostra invece la misericordia di chi legge l’infedeltà al Vangelo senza rigorismi, senza rigidismi, del tutto esente da una preoccupazione legalistico-morale. È in vista della libertà, dell’autenticità e dell’umanizzazione che Marrone descrive i vizi e rilegge le tentazioni del prete. Certamente egli ha ben presente le critiche di Gesù ai sacerdoti, agli uomini religiosi, agli esperti delle Scritture, ma sa anche fare attualizzazioni puntuali, mai moralizzanti e pedanti.
Io resto convinto che nella vita di un prete un esame di coscienza debba nutrirsi anche di pagine come queste di Domenico Marrone perché ognuno di noi nell’avanzare sulle strade del Regno deve poter ascoltare anche voci che lo convincono di peccato e gli mostrano la strada della conversione. Il Diritto canonico, con la sua sapienza, ha indicato in modo sintetico e prudente le virtù del presbitero e soprattutto ha sempre raccomandato una vita sobria alla gerarchia ecclesiastica, ma oggi si sente il bisogno di una maggiore radicalità evangelica in conformità anche al rinnovamento tentato dal concilio Vaticano II. Siamo però ancora molto lontani da quella semplicità evangelica rivestita da Gesù e dai Dodici: le nostre liturgie sono ancora troppo faraoniche, negli eventi ecclesiali il trionfalismo della gerarchia emerge con evidenza e il termine “porpora” evoca purtroppo chi la vestiva nella parabola del povero Lazzaro. Facilmente, poi, si trovano giustificazioni attribuendo alla gloria di Dio ciò di cui per il momento godono gli ecclesiastici.
Domenico Marrone, lo voglia o no, con questo libro è riuscito rivisitare san Bernardo e il suo scritto De consideratione indirizzato a papa Eugenio III che fu monaco, a rileggere padri come Giovanni Crisostomo, Agostino e Pier Damiani, e altri da lui citati in queste pagine di cui c’era veramente bisogno.
Ma voglio alla fine di questa breve introduzione mettere in risalto ciò che Domenico Marrone di fatto più teme, quando scrive: “Tutti i peccati dei preti sono perdonabili, ma l’ipocrisia no!”.
(fonte: blog dell'autore)