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sabato 28 giugno 2025

In difesa di chi obietta alla guerra. Intervista ad Olga Karatch

In difesa di chi obietta alla guerra.
Intervista ad Olga Karatch


L’appello all’Italia e all’Europa da parte della fondatrice di Nash Dom, perseguitata nel suo Paese per aver chiesto il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza.

Olga Karatach foto di CGC


Nota attivista per i diritti umani, Olga Karatch ha dovuto lasciare la Bielorussia e rifugiarsi in Lituania perché perseguitata dal governo autocratico di Lukashenko che ha spiccato un mandato di cattura contro di lei con l’accusa di terrorismo e attentato alla sicurezza dello stato.

È stata candidata al Nobel per la pace assieme al movimento russo degli obiettori di coscienza e al i movimento pacifista ucraino. In Italia ha ricevuto il premio internazionale Alex Langer.

La sua colpa è quella di avere fondato l’organizzazione Nash Dom, che significa “la nostra casa comune”, e sostenuto il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, esponendosi a più arresti e vessazioni. Il 30 maggio 2025 ha partecipato all’udienza dei movimenti popolari per la pace con papa Leone XIV e il 2 giugno ha portato la propria testimonianza all’incontro promosso, nel quartiere esquilino a Roma, dal Movimento nonviolento per sostenere una festa della “Repubblica libera dalla guerra” sotto un cielo assolato solcato dalle frecce tricolori mentre una folla di pellegrini era in fila per salutare il luogo di sepoltura di papa Francesco.

Esiste un vero movimento contro la guerra in Russia e Bielorussia?

Certo! Le statistiche ufficiali parlano di 50 mila disertori russi registrati. Indice di una tendenza molto più ampia anche in Bielorussia

Che difficoltà incontra tale dissenso?

Il problema principale è costituito dalla mancanza di sostegno da parte dei Paesi europei. Molte persone sono contrarie alla guerra ma non sanno cosa fare, sentendosi scoraggiate e temono a ragione lunghe pene detentive per le loro proteste. Per quanto riguarda il mio Paese, come sappiamo, Lukashenko rientra nell’orbita del potere di Putin ed esiste, perciò, un rischio elevato della partecipazione dell’esercito bielorusso alla guerra contro l’Ucraina. Una prospettiva pericolosa da evitare.

Ma come pensate di fermare questa deriva bellica?

Bisogna credere sul potere della gente, non sulle armi o sulla violenza. Putin e Lukashenko non possano continuare la guerra senza soldati disposti a combattere. Il nostro obiettivo è quello di aiutare le persone a fuggire e ad evitare la partecipazione alla guerra.

Che strategia state seguendo?

Quella che definisco la “linea di pace lungo la linea del fronte” che passa per tre punti.

Al primo posto occorre puntare sul disarmo e la denuclearizzazione per eliminare il rischio di una terza guerra mondiale con armi nucleari.

È poi urgente per noi lottare contro la cultura della guerra. Attraverso la propaganda che dipinge l’altro come “nemico”, le persone sono spinte ad andare a combattere ad andare in guerra. È fondamentale promuovere narrazioni di pace per contrastare questa mentalità.

È, infine, fondamentale costruire meccanismi più chiari e stabili per i negoziati, non solo tra Russia e Ucraina, ma anche per affrontare i conflitti latenti e le “ferite nascoste” che sono emerse a causa della guerra.

Che tipo di aiuto vi aspettate dalla società civile italiana ed europea?

Per prima cosa la condivisione di esperienza e capacità come movimento pacifista, poiché molte persone in Russia e Bielorussia non hanno familiarità con i concetti di pace e guerra.

Occorre poi cercare tutte le forme possibili di cooperazione internazionale, poiché il movimento pacifista in queste regioni subisce pressioni e attacchi, e il sostegno internazionale diventa fonte di ispirazione e riduce il senso di solitudine

Infine, mi duole dirlo, ma è necessario l’aiuto finanziario per fornire rifugi e assistenza legale agli obiettori di coscienza e disertori russi e bielorussi a rischio di deportazione, e per aiutarli a fuggire e ricollocarsi, anche illegalmente attraverso i confini chiusi

In che senso si parla di deportazioni?

Purtroppo in Lituania abbiamo diversi obiettori di coscienza dalla Russia e dalla Bielorussia che sono a rischio di essere rimandati indietro vero i luoghi di partenza, rischiando il carcere o la vita, perché il loro rifiuto della guerra non è riconosciuto come motivo di asilo politico. Per questo è importante sostenere la campagna internazionale #ObjectWarCampaign che chiede all’Unione europea di riconoscere asilo politico a coloro che (come ucraini, russi e bielorussi) scappano per non essere perseguitati e incarcerati per renitenza alla leva.

Come avviene la maturazione della coscienza fino alla decisione di non collaborare nell’uccisione comandata di altre persone?

Dobbiamo puntare molto sul dialogo e lo scambio di opinioni sono cruciali perché, altrimenti, le persone rimangono nelle loro “bolle”, diventano più radicalizzate e non si ascoltano a vicenda. Questo contribuisce a provocare sempre più violenza e guerra. Occorre non stancarsi di sostenere la lotta contro la “cultura della cancellazione dell’altro” che è all’origine delle più grandi tragedie nella storia umana.
(Fonte: Città Nuova, articolo di Carlo Cefaloni 24 /06/2025)