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mercoledì 17 novembre 2021

Stiamo distruggendo il futuro dei nostri giovani? Un testo di Leonardo Boff

Stiamo distruggendo il futuro dei nostri giovani? Un testo di Leonardo Boff




Pubblichiamo, per gentile concessione dell’autore, questo testo di Leonardo Boff.


La parte più decisiva della COP26 di Glasgow riguardante la riduzione dei gas serra, che causano il riscaldamento globale, si è conclusa melanconicamente. L’accordo di Parigi del 2015, che impegna le potenze economicamente più forti a raggiungere l’obiettivo di mitigazione del riscaldamento entro il 2030, non arrivando a un aumento di temperatura maggiore di 1,5 gradi Celsius, non ha prodotto alcun effetto. Ora a Glasgow si è tentata la stessa cosa. il più grande emettitore, la Cina, con il 27% e un altro grande emettitore, l’India, hanno rifiutato gli obiettivi e hanno solo dichiarato che fino al 2030 avrebbero mitigato il riscaldamento. I cambiamenti non vengono fatti dall’oggi al domani, ma in un processo difficile e coerente. Guardando indietro, possiamo dire con relativa certezza che entro il 2030 supereremo i 1,5 gradi Celsius. La stessa ONU, con i suoi consulenti specializzati, ha avvertito che con lo sviluppo del metano, 80 volte più dannoso della CO2, e seguendo i piani attuali arriveremo a + 2,7 gradi Celsius.

Questo rappresenta la “tribolazione della desolazione”: aumenteranno sensibilmente gli eventi estremi con tifoni, gravi siccità, inondazioni ovunque, specialmente nelle città costiere, erosione della biodiversità, aumento disperato della povertà, della miseria con milioni di emigranti climatici, destabilizzando molti paesi soprattutto in Medio Oriente e in Africa. Non è bastato l’avvertimento lanciato da António Guterrez, Segretario Generale delle Nazioni Unite in occasione dell’apertura dei lavori della COP26, che questa è “l’ultima opportunità” per cambiamenti radicali se non vogliamo “scavarci la fossa”. Qui riecheggiano le parole di Papa Francesco della Fratelli tutti: “siamo sulla stessa barca o ci salviamo tutti insieme o nessuno si salva” (n.30.34.)

È ormai chiaro agli analisti più seri: il problema non è il clima, ma il sistema capitalista che produce le perturbazioni del clima. I vari progetti per il periodo post-pandemia come il Greet Reset (il grande ripristino), il Capitalismo Verde, Il futuro che ci aspetta e la Responsabilità Sociale d’Impresa rappresentano gli interessi dei paesi opulenti e non gli interessi generali dell’umanità. Le soluzioni sono intra-sistemiche, senza mai mettere in discussione la vera causa delle attuali minacce. Al contrario, radicalizzano il sistema di accumulazione prevalente con la cultura consumistica che ha generato. La loro preoccupazione ecologica è superficiale e negano le minacce che gravano sul sistema-vita e sul sistema-Gaia, un super essere vivente. E così andiamo allegramente verso una tragedia ecologico-sociale di proporzioni inimmaginabili. Vale anche la pena sottolineare che la distruzione delle foreste e l’aumento dell’urbanizzazione globale, associato all’aumento della temperatura, potrebbero rilasciare – questo è l’avvertimento dei più grandi epidemiologi – una gamma incalcolabile di virus più pericolosi del Covid-19. Che non sia il prossimo Big one, già avvertito, contro il quale nessun vaccino sarebbe efficace e che potrebbe portarsi via gran parte dell’umanità. Et tunc erit finis.

In questo contesto, vogliamo fare riferimento al Quinto Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura. Basandosi su un’approfondita indagine scientifica e giuridica, ha emesso due verdetti, uno sulla violazione dei diritti della natura e l’altro sull’Amazzonia. Mi limito all’Amazzonia, perché è la più colpita. Già il titolo è significativo: “l’Amazzonia, un essere vivente minacciato”. Il rapporto dettagliato, supportato dai dati scientifici e giuridici più attendibili, arricchito dalle testimonianze vive dei rappresentanti dei 9 paesi amazzonici, sia di indigeni, sia di altri abitanti della regione, rilasciate il 4 novembre di persona o virtualmente (nel mio caso, dal corpo dei giurati), fa paura.

Nel verdetto, senza mezzi termini, si afferma “l’Amazzonia come soggetto di diritti”. Questi sono sistematicamente violati. Si denuncia che in Amazzonia “è in atto un ecocidio, tali sono le cifre di deforestazione, perdita di biodiversità, contaminazione e prosciugamento delle risorse idriche, desertificazione, tra le altre cose che incidono gravemente sulla capacità di ripristino naturale dell’ecosistema di vita e viola il diritto di esistere della natura… È un crimine contro la natura e contro l’umanità…”.

La relazione dell’esperto di studi amazzonici Antônio Nobre ha chiarito che nell’Amazzonia brasiliana (67% del totale) siamo vicini al punto di svolta. Ancora un po’ e i danni saranno irreversibili e ci incammineremo verso una sorta di “savanizzazione” . Questo fatto destabilizza i climi del paese, dei paesi limitrofi e dello stesso sistema mondiale. Solo incorporando la saggezza dei popoli indigeni, che naturalmente si prendono cura della foresta sentendosi parte di essa, assumendo una bio-economia adatta a quell’ecosistema e un estrattivismo rispettoso della foresta, per il quale lottava Chico Mendes, potremo fermare il processo di degradazione. Nel lungo e dettagliato rapporto si dimostra che nella vasta regione amazzonica sono in atto un ecocidio, un etnocidio e un genocidio. La situazione è disastrosa.

Tornando alla COP26, c’è un’evidente mancanza di consapevolezza delle minacce che gravano sulla Terra viva e sull’umanità da parte dei “decisions makers”, dei governanti delle diverse nazioni. Mai, in nessun momento, i paesi che rappresentano il rischio maggiore hanno riconosciuto che il sistema socio-economico-politico da essi promosso, in una parola, il capitalismo come modo di produzione e il neoliberismo come sua espressione politica, è la causa principale dell’eventuale Armageddon ecologico.

Non possiamo essere tenuti in ostaggio dalla bolla capitalista. È urgente romperla. Come? Papa Francesco ci indica una direzione: «Non si può uscire da questa crisi senza spostarsi nelle periferie». Dall’alto possiamo aspettarci solo lo stesso o peggio. Dalle periferie, dal basso, dai numerosi movimenti sociali popolari e dalle sperimentazioni alternative, nel lavoro sul territorio con un altro tipo di economia solidale, preservando i beni comuni, con una democrazia quotidiana e partecipativa, con altri valori umano-spirituali (amore, solidarietà, cura, compassione ecc.) si sta generando un nuovo modo di abitare la Casa Comune.

Senza questa necessaria svolta, stiamo distruggendo il futuro dei nostri giovani e anche il futuro della nostra civiltà. Abbiamo poco tempo e poca saggezza. Ma con la sofferenza attuale, l’amore per la Madre Terra e il riscatto dell’intelligenza cordiale, sempre più emergente, potremo forgiare un futuro di speranza. Così lo voglia Dio.


Leonardo Boff, teologo e filosofo. Tra gli ultimi saggi pubblicati in italiano ricordiamo: Abitare la terra. Quale via per la fraternità universale? (Ed. Castelvecchi, Roma 2021).
(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)
(fonte: Confini)