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lunedì 21 settembre 2020

“Liberare Maria dalla mafia e dal potere criminale” Chiesa e Stato insieme per contrastare l’uso della fede in contesti mafiosi.

“Liberare Maria dalla mafia e dal potere criminale”
Chiesa e Stato insieme per contrastare l’uso della fede in contesti mafiosi.



LIBERIAMO MARIA DALLE MAFIE: 
NASCE UN DIPARTIMENTO CONTRO L'USO STRUMENTALE DELLA FEDE

Nasce domani (18 settembre) a Roma un osservatorio di analisi, studio e monitoraggio dei fenomeni criminali e mafiosi. “Liberare Maria dalla Mafia e dal potere criminale”: questo è il nome dato all'iniziativa promossa dalla Pontificia Academia Mariana Internazionale guidata da padre Stefano Cecchin. 

Un'intera mattinata, moderata dal giornalista Fabio Bolzetta, alla quale sono intervenuti diversi studiosi alla presenza, fra gli altri, di sacerdoti di strada, magistrati impegnati contro i fenomeni criminali e i vertici delle Forze dell’ordine.

Ad aprire l’incontro la lettura del messaggio di papa Francesco che qualche settimana fa ha scritto a padre Cecchin per esprimere “apprezzamento” per l’iniziativa sottolineando l’importanza di escludere una “religiosità fuorviata” e liberare la devozione mariana “da sovrastrutture, poteri o condizionamenti che non rispondano ai criteri evangelici di giustizia, libertà e solidarietà”. Il Papa, nella lettera anticipata dal settimanale mariano Maria con Te, ribadisce, ancora una volta, che la Madonna non deve essere più oggetto di manipolazioni e manomissioni del suo culto. Per questo è “necessario che “lo stile delle manifestazioni mariane sia conforme al messaggio del Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa”.

L’azione dell’Academia, spiega padre Cecchin, si collega “idealmente” all’anatema di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento nel 1993 e a quello di papa Francesco a Cassano allo Ionio, il 21 giugno 2014: i mafiosi, ha detto Bergoglio in Calabria, “non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”. E proprio in Calabria la Conferenza episcopale regionale ha dato alle stampe la seconda edizione aggiornata di un volume La ‘ndrangheta è l’antivangelo (curata dai sacerdoti Filippo Curatola, Enzo Gabrieli e Giovanni Scarpino” per l’editrice Tau) con la presentazione del presidente dei vescovi calabri, monsignor Vincenzo Bertolone. Il volume raccoglie i documenti e i pronunciamenti della Chiesa calabrese in materia di contrasto alla criminalità organizzata a partire da una lettera pastorale per la Quaresima datata 1916. Il tema è ancora attuale da far ribadire, ancora una volta, al presidente dei vescovi della regione, che “la mafia non ha nulla a che spartire con il cristianesimo”.

Oltre alla seconda edizione del volume che “smaschera la mafia di tipo calabrese come anti-evangelo”, dice a Famiglia Cristiana monsignor Bertolone, la Cec è alla vigilia della promulgazione di “Linee-guida per un sentire comune del clero e dei fedeli delle Diocesi di Calabria”, finalizzate a “definire l’essenza di questa pseudoreligione mafiosa”. I Vescovi affermano che essa “va qualificata come un culto del potere assoluto dei capi e del prestigio che ne deriva. Nell’universo mafioso, infatti, il potere è più importante della ricchezza economica e di qualsiasi altra cosa: e questo va smascherato e gridato dai tetti, soprattutto quanto i mafiosi cercano di inquinare la fede e la devozione popolare mariana, così sentita nel popolo calabrese”. Lo avevano capito i “martiri” per “mano mafiosa, come il beato Pino Puglisi (primo martire della fede tra i membri del clero) e il Servo di Dio Rosario Angelo Livatino, che – aggiunge il presule - ci si augura possa dalla Chiesa esser riconosciuto come primo martire della fede nel popolo laicale. Essi saranno i nostri-punti-forza per liberare la religiosità popolare mariana da ogni inquinamento criminale, da ogni virus letale, da ogni zizzania malefica”.

La Calabria, si legge nel testo della Cec, è stata la prima regione ecclesiastica italiana, a promuovere un corso di formazione per gli studenti di teologia ed aperto ai laici sul tema “La Chiesa di fronte alla ‘ndrangheta” giunto al suo quarto appuntamento. “La convinzione (supportata da autorevoli e costanti interventi dei pastori e attualmente da papa Francesco) è che ogni forma di mafia – ’ndrangheta compresa – produca una cultura di fatto atea, antitetica con il Vangelo, perché mette un uomo o una organizzazione al posto di Dio”, scrivono i curatori del volume evidenziato che “c’è da combattere la criminalità organizzata, c’è anche da combattere una cultura mafiosa che si aspetta gli inchini da questo o da quel politico, da questo o da quell’imprenditore, da questo o da quell’uomo di Chiesa”. “Loro ci provano in ogni occasione, ma noi dobbiamo spezzare in qualche modo questa spirale” scrive don Enzo Gabrieli sul settimanale della diocesi di Cosenza – Bisignano che dedica al tema uno speciale.

LA LETTERA DI PAPA FRANCESCO


IL LIBRO 
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Raffaele Iaria 17/09/2020)


Guarda il video con l'editoriale di Luciano Regolo, 
condirettore di Famiglia Cristiana, a conclusione del Convegno


Stato e Chiesa uniti per liberare la fede dalle mafie

All’indomani della presentazione del nuovo organismo di studio sui fenomeni criminali e mafiosi voluto dalla Pontificia Accademia Mariana Internatinalis, Gennaro Vecchione, direttore del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza e monsignor Giancarlo Maria Bregantini, vescovo anti ‘Ndrangheta, ragionano su quale strada intraprendere per depurare la religiosità da pericolose infiltrazioni e deviazioni. La cultura, strumento primario della lotta ai clan


Un’immaginetta di Maria e di altri santi utilizzati nei riti di affiliazione alle cosche; la Bibbia ritrovata accanto a pistole e fucili nei covi dei boss arrestati dalla giustizia; la statua del santo patrono o della Vergine che nelle processioni si ferma, dopo un lungo inchino, sotto la casa del capo mafioso locale; i santuari utilizzati dagli uomini di ‘Ndrangheta per ‘pregare’ prima di ordinare o compiere un omicidio. Eccole le mani sporche di sangue dei gruppi della criminalità organizzata sulla fede, sulla religiosità popolare: un’operazione ancestrale, che si perde nei secoli lontani della fondazione dei sodalizi criminali, necessaria per deformare e manipolare le coscienze. Una religiosità deviata e piegata alle esigenze della violenza e del sopruso utile per soggiogare ed impaurire le anime devote.

Cultura, antidoto per sottrarre la fede dalle morsa delle mafie

“Tutto questo va combattuto con la cultura oltre che con un impegno delle forze dell’ordine sul campo” spiega Gennaro Vecchione, direttore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che per conto del governo si occupa di coordinare le attività operative e di analisi dei servizi segreti italiani. Il prefetto - ospite d’eccezione alla presentazione ufficiale del nuovo organismo nato all’interno della Pontificia Accademia Mariana Internationalis con lo scopo di studiare e monitorare i fenomeni criminali e mafiosi e depurare la fede da pericolose infiltrazioni e deviazioni - è convinto che l’interesse della mafie per la fede sia legato alla gestione del territorio. “L’utilizzo strumentale della religione – afferma - è un modo per essere presenti sul territorio ed ottenere maggiore consenso. Tutto ciò si somma alla loro capacità di offrire alternative al mercato del lavoro ufficiale e di essere in grado di supportare finanziariamente le aziende e le persone in difficoltà”.


Stato ed intelligence alleati della Chiesa

Lo Stato e la Chiesa sono stretti alleati in questa lotta per purificare la religione e riportarla alla sua vera essenza. Gennaro Vecchione lo conferma quando sottolinea che lo Stato e la Chiesa mantengono un collegamento forte tramite le autorità prefettizie, la polizia, gli organi giudiziari e di intelligence: “In particolare i servizi segreti svolgono attività i cui risultati non possono essere pubblicizzati, ma posso dire che molte operazioni anticrimine sono il frutto di un lavoro efficace dei nostri uomini dell’intelligence”. Poi ammonisce: “La presenza dello Stato deve essere attiva perché i vuoti lasciati dallo Stato vengono colmati subito dalla criminalità organizzata, da boss che passano come benefattori della collettività e per i quali si instaura addirittura una vera e propria venerazione”.

Evitare eccesivi devozionismi

Monsignor Giancarlo Maria Bregantini è vescovo di Campobasso-Boiano e da decenni ha ingaggiato una lotta senza quartiere contro la ‘Ndrangheta. La Pontificia Accademia Mariana Internationalis lo ha nominato tra i membri del nuovo Dipartimento sui fenomeni mafiosi. Per lui, i passi necessari da compiere per liberare Maria e la fede dall’abbraccio mortale delle mafie sono tre: “Primo, dare valore alla religiosità popolare bella, pulita, santa. Secondo, essere capaci di trasmettere ai giovani una corretta immagine di Maria, un’immagine legata al Cielo, alla pienezza. Terzo, non mettere Maria fuori luogo: bisogna evitare sia il devozionismo eccessivamente pietistico sia il dimenticarsi di lei quasi fosse non necessaria per arrivare a Gesù. E’ sempre lei che ci conduce a Cristo”. Se liberiamo Maria, conclude Bregantini, diamo alla gente "semplice, quella che prega nei nostri santuari, l'immagine vera della maternità, di un'unanità serena, positiva".
(fonte: Vatican News, articolo di Federico Piana 19/09/2020)

Per approfondire proponiamo alcuni dei nostri post precedenti: