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venerdì 25 settembre 2020

Quando i gesti dicono più di tanti discorsi...

Quando i gesti dicono più di tanti discorsi...

Che necessità di commenti possono avere gesti come quelli di don Roberto Malgesini ... o quelli delle tante persone di cui non si conoscerà mai il nome, da lui assistite ... o quelli  fatti, per conto di Papa Francesco, dopo la sua barbara uccisione?
Quali parole possono essere più eloquenti?
 

- Sguardi e sorrisi di una tenerezza infinita, come quelli scambiati reciprocamente con il piccolo a cui sta dando il latte con il biberon ... 

- Mani che medicano, per strada in ginocchio, una piaga nel piede di un bisognoso...


- Spalle che portano il peso dello zaino per alleggerire la fatica di un pellegrino (fratel Biagio) ...


- il dolore sincero e composto per la perdita di un sacerdote umile che si è fatto loro compagno di strada ...

- il dono di Rosari ai familiari di don Roberto, ma anche al suo assassino...

- il baciare le mani ai genitori straziati dal dolore per l'orribile morte del giovane figlio sacerdote...

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Nelle loro mani. 
La tenerezza del Papa per i genitori di don Roberto Malgesini

Nulla viene tolto al percorso della giustizia umana, tutto viene ricondotto al mistero dell’uomo, al suo cammino interiore, all’incontro con la verità.


Una delle coroncine del rosario che papa Francesco, tramite il card. Konrad Krajewski, ha donato ai fratelli e alla sorella di don Roberto Malgesini sarà portata all’uomo che il 15 settembre a Como ha ucciso il prete che iniziava il giorno con la preghiera e la continuava con il dono di un caffelatte, di un biscotto, di un sorriso, di un ascolto.

L’Elemosiniere pontificio al termine delle esequie celebrate il 19 settembre nella cattedrale di Como ha poi comunicato che, terminata la celebrazione, sarebbe andato a incontrare i genitori del sacerdote nel piccolo paese in Valtellina. Per baciare le loro mani a nome di papa Francesco.

Un fremito di commozione si è avvertito tra le navate del duomo e nelle tre piazze dove molti partecipavano alla preghiera.
I pensieri hanno iniziato a intrecciarsi con le parole del cardinale: “Don Roberto Malgesini è morto, quindi vive ancora”.
E questo “vive ancora” si è declinato subito con due gesti.

La coroncina del rosario affidata alle “autorità militari perché venga consegnata in carcere” a chi ha ucciso è un gesto che sconvolge le logiche della condanna e della pena che appaiono le uniche ragionevoli. Un’altra logica viene proposta: quella del Vangelo.
Nulla viene tolto al percorso della giustizia umana, tutto viene ricondotto al mistero dell’uomo, al suo cammino interiore, all’incontro con la verità.

Un percorso che don Roberto aveva conosciuto nelle storie di coloro avevano ricevuto più privazioni che doni, più umiliazioni che rispetto.

Il secondo gesto, colmo di tenerezza, è quell’andare del card. Krajewski, a Regoledo di Cosio, piccolo paese valtellinese, per incontrare il papà e la mamma di don Roberto. Andarci di persona e, a nome del Papa, baciare le mani degli anziani genitori. Mani che avevano accarezzato, sostenuto, accompagnato il figlio. Mani che lo avevano salutato il giorno della sua partenza da casa.

Le mani di don Roberto, quando all’altare consacrava il pane e il vino, erano anche le loro mani. Le mani di don Roberto quando stringeva quelle degli scartati dalla società e dalla storia erano anche le loro mani.

Le mani di un prete sono anche le mani dei suoi genitori.
Ecco il perché di quel bacio di papa Francesco.
Il pensiero corre poi alle mani di chi ha ucciso. Stringeranno e sgraneranno la coroncina del rosario, la ignoreranno, la rifiuteranno?

Qualcuno, nel rispetto di una fede diversa, gli parlerà di quei grani che fanno corona a una piccola croce. Qualcuno gli dirà il significato che quell’umile segno aveva per un prete che lo aveva amato. Non sappiamo cosa accadrà nel cuore di quell’uomo. La risposta è nelle mani di un prete. E’ nelle mani di Dio.
(fonte: Sir, articolo di Paolo Bustaffa)

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