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giovedì 17 settembre 2020

Il pensiero di Luigi Ciotti - Alex Zanotelli e Tonio Dell'Olio sulla morte di Don Roberto Malgesini



Omicidio di Don Roberto Malgesini
Don Luigi Ciotti.
"Come Pino Puglisi: un martire in un mondo ingiusto, 
tocca a noi reagire all'emorragia di umanità."

Il 15 settembre, giorno in cui ventisette anni fa - simbolica coincidenza - venne ucciso a Palermo don Pino Puglisi, oggi beato. La parola «martire» deriva da un verbo greco che significa testimoniare. Testimonianza figlia di una fede così profonda da non indietreggiare neanche di fronte al rischio di perdere la vita. Martiri sono le persone che per non perdere se stesse, la propria integrità morale, i valori che guidano la loro esistenza, non temono di mettersi in gioco.

Don Roberto era una di queste. Lui viveva nelle relazioni e per le relazioni. Credeva nel «noi», non nell’io. Ma le relazioni vere non sono mai protette e possono esporci al rischio dell’imprevisto, del malinteso e anche, come nel caso di Roberto, del gesto inconsulto e omicida. Resta il fatto che don Roberto è morto ma continua a vivere in tutti quelli che ha sorretto, coperto, nutrito.

Era uno che viveva il Vangelo nel solo modo in cui il Vangelo chiede di essere vissuto: radicalmente. Di fronte a un omicidio c’è una responsabilità penale da rilevare e accertare. Dopodiché è innegabile che ci sia un clima che concorre alla violenza. Parole e gesti che attestano una perdita, anzi un’emorragia di umanità. Non se ne esce senza una rieducazione alla riflessione, al silenzio, all’ascolto della propria coscienza. Senza un liberarsi da quelle maschere che invece di proteggerci dal virus della violenza lo alimentano. Riflessione e silenzio a cui omicidi come quello di don Roberto ci richiamano con forza. Nulla più della morte di una persona innocente, generosa e buona può scuoterci l’anima, farci vedere che quella dell’egoismo non è vita ma sopravvivenza, agonia della mente e del cuore. Non ci sono «preti di strada»: ci sono preti che vivono radicalmente il Vangelo, che esorta a andare incontro ai poveri, ai fragili, ai discriminati per ridare loro speranza e dignità. Vangelo significa strada.

Non a caso la prima immagine che usò Papa Francesco - un Papa che non solo predica ma vive il Vangelo - è stata quella di «Chiesa in uscita». Dopodiché la strada è molto diversa da quella di quarant’anni fa perché nel frattempo le disuguaglianze e le ingiustizie sono cresciute fino a toccare livelli mai visti nella storia. La povertà diffusa e l’immigrazione di massa forzata - forzata dalle guerre e dal colonialismo economico - sono scandali del nostro tempo. C’è una parte di Chiesa che fa già molto, con grande impegno e generosità, in molte aree d’Italia e non solo. Ma il nostro impegno non può limitarsi all’accoglienza, se vuole smuovere le cose e contribuire a un nuovo umanesimo e a un’ecologia integrale. Dobbiamo impegnarci anche a livello pedagogico e, in senso lato, «politico», politica intesa come servizio al bene comune. È quello che appunto sta cercando di fare il Papa: costruire una Chiesa capace di formare coscienze inquiete e denunciare le radici politico-economiche della povertà e della perdita di dignità. Una Chiesa in cammino, povera per i poveri, veicolo di umanità, di condivisione e di giustizia.

 La Stampa  16 settembre 2020
(fonte: LIBERA)


Padre Alex Zanotelli 
"Nella ricca Como i poveri sono relegati e invisibili"

Il missionario sulla morte di don Malgesini: "Spesso ci si ritrova soli a portare avanti un impegno che è quello che ha portato Gesù eppure anche nella Chiesa portare avanti questo discorso diventa difficile.

La morte di don Roberto, prete comasco degli ultimi, è "un monito per amministrazioni che non mettono in campo politiche per gli ultimi". Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, riflettendo sulla uccisione di don Roberto, accoltellato da un senzatetto straniero con problemi psichici, denuncia l'assenza di politiche per i poveri, come a Como, ma chiama in causa anche la Chiesa.

"Il vescovo - dice padre Zanotelli - lo appoggiava ma per don Roberto deve essere stato difficile essere accettato anche da buona parte del clero".

"Molto spesso ci si ritrova soli a portare avanti un impegno che è quello che ha portato avanti Gesù eppure oggi anche dentro la Chiesa portare avanti questo discorso spesso diventa difficile. Questi sacerdoti sono esempi rari, ecco perché papa Francesco spinge sempre su questo tasto".

Il Papa oggi ha definito don Roberto Malgesini un martire. "Ha ragione, è un martire perché una persona che dedica la propria vita agli ultimi come ha fatto don Roberto - osserva padre Zanotelli -deve mettere in conto che può darsi ci rimetta la pelle. Questo prete ha pagato con la vita e, come dice il Vangelo di Giovanni, non c'è amore più grande che dare la vita per i propri amici e per don Roberto gli amici erano gli ultimi di Como".

Amara la riflessione del sacerdote nel contestualizzare dove è avvenuta la morte per accoltellamento di don Malgesini: "Una morte che avviene nella ricca e borghese Como dove i poveri sono relegati, invisibili. Non c'è nessuna politica nei loro confronti e questo diventa un richiamo fortissimo alle autorità perché è assurdo che queste persone siano relegate, nascoste, infatti don Roberto i poveri li andava a scovare. Era diventato loro amico. Bello vedere preti di questo tipo". Esempi rari questi preti di strada come don Roberto Malgesini? "Ecco perché Il Papa spinge molto su questo. Ogni prete dovrebbe essere prete di strada, soprattutto con la propria gente. Ma questo discorso non è compreso da tutto il clero".

La Caritas di Como parla di un'amministrazione che ha alimentato la guerra tra poveri e che ha messo il bastone tra le ruote a don Roberto nel suo aiuto agli ultimi. "Un'amministrazione di destra, in una città dove si sta bene, che non ha messo in campo politiche per gli ultimi. Povero uomo, don Roberto, ha sofferto credo molto nel suo rapporto con l'amministrazione". Padre Zanotelli però chiama in causa anche la Chiesa: "Il vescovo lo appoggiava ma per lui deve essere stato difficile essere accettato anche da buona parte del clero".
(fonte: globalist 16 settembre 2020)


Tonio Dell'Olio
Abele insieme a Caino

È esattamente questo a fare la differenza. Nelle coscienze e nella cultura, nella formazione e nella comunicazione. Ieri sera a Como alle 20.30 si è svolto un momento di preghiera per la vittima e per l'assassino. Persone di tutti i colori e di tutte le fedi si sono uniti nella Cattedrale, nella piazza antistante e sul Canale YouTube della Diocesi per pregare, ovvero per ringraziare l'unico Dio per la testimonianza martiriale di Roberto Malgesini, prete semplice, per chiedere perdono delle nostre chiusure al Vangelo dell'accoglienza, per sanificare tutti i cuori dal virus dell'odio e della violenza, per quell'altro giovane che ha sferrato coltellate contro la vita, tutta la vita, anche la sua. L'alternativa è rassegnarsi al male, arrendersi alla strada che oggi passa per Colleferro, Caivano, Como e altri cento quartieri d'Italia. Nello stesso giorno di ieri ricordavamo don Pino Puglisi, un altro prete caduto sotto i colpi della violenza. A rendere insonni le notti di Salvatore Grigoli, l'assassino, è ancora oggi il sorriso con cui don Pino lo guardò prima di cadere sotto i colpi della sua pistola. Fu il suo ultimo omicidio da killer di Cosa Nostra. Non c'è altra strada per rigenerare il mondo, per sanare le ferite, per riscattarsi dalla violenza che farsi prossimo di Caino e non solo di Abele.
(fonte: Mosaico dei Giorni 16 settembre 2020)