LA PALESTINA.
PREGARE, NON TACERE E AGIRE
di Giancarla Codrignani
Domenica 20 luglio Papa Francesco ha invitato a pregare per le comunità cristiane in Medio Oriente. Pregare in silenzio.
Il peso di un silenzio
Il silenzio significava che non si chiedevano tutele speciali per i cristiani, ormai chiaramente perseguitati in non pochi dei luoghi in cui sono stati da sempre minoranza rispettata. Infatti né Saddam Hussein in Iraq, né Bashar al Assad in Siria, né tanto meno Abu Mazen in Palestina – dove i cattolici sono poco meno del 2% e a Gaza c’è una parrocchia – hanno perseguitato i cristiani. Quel silenzio, tuttavia, pesa come un macigno perché è diventato simbolico: perfino i tanti (certo meno rispetto ad analoghe manifestazioni di anni passati) che in questi giorni hanno partecipato a iniziative di protesta e di sostegno alle vittime palestinesi, di fatto si trovano con le mani legate.
La domanda “che fare?”, se viene posta quando le armi sparano, rimette di fatto la possibilità della pace dentro la contesa e induce anche i testimoni a prendere posizione. Così la guerra si allarga e al massimo le mediazioni possono ottenere qualche pausa alle stragi. Sembrano mesi, ma sono passati pochi giorni da quando il Papa aveva cercato di incoraggiare la pace invitando in Vaticano Peres e Abu Mazen e il mondo aveva applaudito l’abbraccio. Eppure nessun governo ha voluto approfittarne, raccogliere il messaggio e proseguire iniziative distensive e pressioni anche nei confronti di Hamas, la parte palestinese più radicale, che, a sua volta, aveva appena siglato un’intesa insperata con l’Anp, sempre considerata troppo moderata. Nella dissolvenza che ne era seguita l’apparizione televisiva del Presidente dell’Autorità palestinese che abbracciava il presidente dello Stato Ebraico non aveva certo sollevato entusiasmi nei territori occupati. Una frangia incontrollata aveva sequestrato e ucciso tre studenti israeliani e altrettanto orribilmente era seguito l’assassinio di un ragazzo palestinese, di cui Israele aveva subito arrestato gli autori. Hamas ha rinfacciato a Israele la responsabilità dell’atto efferato e ha fatto partire i primi missili: Netanyahu non aspettava altro per sferrare l’attacco a Gaza.
Qual è la pace che si vuole?
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