Le violenze tra israeliani e palestinesi
Ma quanto tempo è trascorso da quell’incredibile, emozionante pomeriggio nei giardini vaticani? Sono secoli o solo una manciata di settimane, da quando cristiani, ebrei e musulmani si sono ritrovati a pregare per la pace in Medio Oriente? Guardando la Terra Santa di nuovo nel sangue, attoniti dinanzi le bare di tre ragazzi rapiti e uccisi con la sola colpa di essere ebrei e israeliani o davanti al corpo di un giovane palestinese ammazzato per iniziare a pareggiare i conti (e altri cadaveri seguiranno) viene da chiedersi che cosa resta di quel sogno coraggioso e persino temerario di Papa Francesco, di quell’invito a pregare per la pace... Qualcuno di certo si convincerà, una volta di più, dell’inutilità della preghiera nel mondo contemporaneo. E concluderà che, va bene l’utopia, ma insomma pensare di risolvere i problemi geopolitici pregando il Dio di Abramo è troppo anche per un Papa.
Non è così. Il sangue, l’odio sparso a piene mani, la rabbia cieca che trasforma gli esseri umani in carnefici crudeli ci dicono che, sì, la strada giusta è proprio quella indicata e offerta da Francesco, che il Medio Oriente non ha futuro senza una trasformazione del cuore, senza la comprensione che l’odio in cambio dell’odio porta a un vicolo cieco e che la logica del taglione non è giustizia, ma solo brutale faida tribale.
Il Papa aveva esortato tutti noi a divenire "artigiani della pace", costruendo giorno per giorno un percorso di pacificazione. In queste ore, al contrario, sembrano operare soprattutto dei tetri "signori della guerra", i quali hanno rilanciato le violenze fra israeliani e palestinesi in un momento politico molto particolare.
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Quelle morti chiedono giustizia, certo. Ma non giustizia sommaria. E men che meno faide, condotte con le armi di cui ognuno dispone. Costruire la pace significa al contrario sapersi fare carico del dolore e della rabbia. Andando oltre i semplici ma illusori meccanismi del potere e dello scontro: uccidere tre, cinque o dieci civili israeliani non distruggerà Israele. Né lo farà diventare più sicuro la morte di decine o persino centinaia di palestinesi sotto le bombe. Sono logiche perdenti, come dimostra la storia di questi decenni. Come perdente è brandire il nome di Dio per maledire l’altro, anziché chiedere la forza per capirlo e accettarlo.
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