Omelia di S. E. Mons. Francesco Montenegro,
in occasione della festa di San Calogero
Santuario San Calogero – 13 luglio 2014
La Parola di Dio or ora ascoltata ci ha fatto capire cosa fare per diventare santi “a immagine del Santo che ci ha chiamati". La Chiesa, ci aiuta in questo, proponendoci il loro esempio perché noi, come loro, vivendo una sincera conversione, ci incamminiamo seriamente sulla via della santità. Con questo spirito celebriamo la festa di San Calogero la cui intercessione invochiamo su ciascuno di noi, sulle nostre famiglie e sulla nostra città.
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Ma come dobbiamo intendere la devozione ai santi anche alla luce di quanto detto? Le devozioni e le tradizioni hanno degli elementi positivi che devono essere custoditi ma, possono avere anche dei limiti, che vanno purificati. Non si può non tener conto che i tempi cambiano, questo implica la necessità di fare scelte idonee con il tempo in cui si vive anche se divergenti con quelle dei tempi passati, non volendo questo però significare dimenticare le proprie origini o tradire il passato.
Ma come si fa a comprendere se una devozione è vera o è falsa? La risposta, carissimi, ce l’ha data Gesù: se porta frutto!
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Rispettare le tradizioni non è semplicemente ripetere ciò che si è sempre fatto, ma riempirle di senso e comprendere cosa il Signore oggi ci chiede e si aspetta da noi.
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Calogero passava per le vie della città chiedendo il pane per i poveri e i malati, e la gente, per paura della peste lo lanciava dalle finestre. E lui non calpestava il prezioso alimento, ma lo raccoglieva perché, con esso, avrebbe sfamato chi ne aveva bisogno. Non comprendo perché, per molti, sia rimasto importante il gesto di gettare il pane (che ai tempi di Calogero era solo un gesto provocato dalla paura del contagio e non dalla devozione per il sant’uomo) e non il desiderio, proprio di Calogero, di aiutare i poveri offrendo loro del pane. Non metto in dubbio il valore dei simboli, ma questi hanno un valore solo se veri e non se ripetuti come vuoti ricordi.
Oggi molti nostri concittadini fanno fatica ad andare avanti; molti sono in difficoltà perché hanno perso il posto di lavoro e non sanno come portare a casa un pezzo di pane per sostenere i figli. A tutti sarà capitato di vedere gente che raccoglie cibo dai cassonetti della spazzatura per avere qualcosa da mangiare. Io ho davanti agli occhi le bare e i volti degli immigrati che arrivano nella nostra terra perché scappano dalla fame e dalla povertà. Mi chiedo, se S. Calogero fosse oggi, qui con noi cosa direbbe? Sarebbe preoccupato di salvare la tradizione o chiederebbe di dare il pane ai poveri? Accetterebbe di essere portato in processione o chiederebbe di fermarci e riflettere sulla povertà che avanza sempre più? Sono convinto che la gloria di Dio non passi attraverso dei gesti che hanno ormai perso il loro significato originario ed anzi, oggi, l’offendono (Gesù ha detto: avevo fame e non mi avete dato da mangiare…), ma attraverso l’amore per coloro che, insieme alla serenità economica, hanno anche perso la speranza. Si buttano le cose che non servono, che sono inutilizzabili perché rotte, ma il pane, alimento primario della nostra vita, non si può gettare, quando c’è tanta gente che, letteralmente, muore di fame. Più che gettare il pane impegniamoci a seminare il bene, a praticare la giustizia, a soccorrere il debole, a vestire chi è nudo, ad accogliere il forestiero. Mi è stata rivolta da alcuni l'accusa di far perdere il significato della festa, accusa questa che rifiuto con forza. Sono disposto, ad andare io personalmente, per le strade della città, a raccogliere il pane per i poveri, ma nessuno può chiedermi di accettare, solo per amore di una tradizione, un gesto che ha perso ogni significato cristiano e umano.
Sono persuaso, infatti, che la festa sia un elemento necessario nel cammino di fede, ma lo è nella misura in cui sia vera e fatta nel bene. Come credente e come vostro Pastore sono più preoccupato che si viva e si rispetti il Vangelo che accettare una tradizione che non osservi la Parola di Dio e l’uomo, creatura amata da Dio, che è nel bisogno. La tradizione religiosa non può diventare folklore.
Siamo tutti presi dalla figura di Papa Francesco, ma non sempre diamo la debita importanza a ciò che annuncia. Nella sua ultima visita a Campobasso ha detto: “La testimonianza della carità è la via maestra dell’evangelizzazione. In questo la Chiesa è sempre stata “in prima linea", presenza materna e fraterna che condivide le difficoltà e le fragilità della gente". Non vi pare che dovrebbe farci pensare il fatto che, dalla nostra terra, passino tanti poveri, quegli stessi che s. Calogero amava? È Dio che passa in mezzo a noi. Se fosse un vostro figlio a non avere pane, lo dareste a lui o lo gettereste per amore della tradizione al Santo?
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