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mercoledì 9 luglio 2014

Israele - Palestina: Non si ferma l’escalation militare israeliana. C'è davvero voglia di pace?



Un gesto di violenza, orribile, palestinese. Israele fa volare i caccia, che colpiscono Gaza. Le brigate terroristiche che fiancheggiano Hamas cominciano a lanciare razzi sulle città israeliane e minacciano ulteriori attentati. Il premier di Israele allora richiama i riservisti e prepara la spedizione via terra. Nel frattempo, muoiono donne e bambini palestinesi: vittime perché scudi umani sacrificati dai loro, come dicono i portavoce del governo e dell’esercito di Israele, o vittime perché quando bombardi una casa bombardi anche chi ci vive? Poco importa, perché alla fine nessuno andrà a controllare e la verità diventa quella di chi grida più forte. 
Questo è quanto succede in queste ore ma è anche quanto è successo, con maggiore o minore intensità, in media due volte l’anno dal 2000 a oggi. Secondo B’tselem, l’organizzazione umanitaria e pacifista israeliana attiva in Israele dal 1989, tra il 2000 e il 2010 gli israeliani hanno ucciso 6.404 palestinesi e i palestinesi 1.080 israeliani, senza che questo cumulo di morti abbia cambiato di un millimetro la sostanza del problema o avvicinato una delle parti a una qualunque forma di vittoria. 
Questi precedenti, tale insopprimibile coazione a perpetuare l’uso delle armi qualunque sia il problema e qualunque siano le circostanze, dimostra che ciò che ora stanno facendo il premier Benjamin Netanyahu e i dirigenti di Hamas non ha nulla a che fare con la morte di Eyal, Gilad e Naftali, i tre studenti israeliani assassinati nei pressi di Hebron, né con quella di Mohammed, il ragazzo palestinese bruciato vivo a Gerusalemme. Anche perché dalla tragedia collettiva erano comunque emersi segnali del fatto che un altro modo, anzi, un altro mondo, era ed è possibile. Rachele Frenkel, mamma di Naftali, che aveva commosso tutti raccontando dalla tribuna dell’Onu il dramma suo e delle altre madri israeliane, aveva avuto un colloquio con i parenti di Mohammed, mostrando con la carne, il sangue e i sentimenti delle famiglie come la violenza distrugga il futuro e, alla fine, lasci solo essere umani sconfitti. 
Era un’occasione preziosa, da non perdere. Soprattutto per due popoli che la storia ha condannato a convivere...

Israele non vuole la pace. Non c’è niente di quello che ho scritto finora di cui sarei più contento di essere smentito. Ma le prove si sono accumulate a dismisura. In effetti, si può dire che Israele non ha mai voluto la pace – una pace giusta, cioè basata su un compromesso equo per entrambe le parti.
È vero che l’abituale saluto in ebraico è “Shalom” (“Pace”) – quando uno se ne va e quando arriva.
E, di primo acchitto, praticamente ogni israeliano direbbe di volere la pace, è ovvio. Ma non farebbe riferimento al tipo di pace che porterebbe anche alla giustizia, senza la quale non c’è pace, e non ci potrà essere. Gli israeliani vogliono la pace, non la giustizia, certamente non basata su principi universali. Quindi, “Pace, pace, quando pace non c‘è.” Non soltanto non c’è pace: negli anni recenti, Israele si è allontanato persino dall’aspirare a fare la pace. Ha perso totalmente lil desiderio di farla. La pace è scomparsa dalla prospettiva di Israele, e il suo posto è stato preso da un’ansietà collettiva che si è sistematicamente impiantata, e da questioni personali, private che ora hanno la prevalenza su tutto il resto...

La barbarie del nemico per trovare giustificazione alla tua barbarie. Chi deciderà di fermare la macchina delle ritorsioni tra Israele e palestinesi? Come fermarla? Oltre l'odio primitivo dello scannare ragazzi ebrei o arabi soltanto perché ebrei o palestinesi, cos'altro può accadere? C'è un limite all'inferno, un confine di 'quello è mio e quello è tuo'?

08/07/2014 ad Ashdod (Israele): allarme razzo, fuga dalle nozze


... Un appello a israeliani e palestinesi per un cambio “coraggioso e radicale” in modo da spezzare così “il circolo della violenza” è arrivato ieri dagli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) in una nota nella quale li esortano a “scrollarsi di dosso qualsiasi leadership che nutre la violenza per sostenere quei leader determinati a lavorare per la giustizia e la pace”. Servono “leader lucidi e coraggiosi per affrontare l’urgenza della situazione attuale, capaci di prendere decisioni difficili necessarie, pronti anche a sacrificare la loro carriera politica per il bene di una pace giusta e duratura”. “La violenza genera solo violenza - scrivono gli Ordinari cattolici - rompere questo circolo è dovere di tutti, oppressori e oppressi, vittime e carnefici”. 
Voci da Gaza. ... “Cerchiamo di fronteggiare anche questa emergenza con quei pochi aiuti che abbiamo avendo tra le priorità i più piccoli. Speriamo che questa situazione trovi presto una soluzione anche se non siamo molto ottimisti. Basta guardare ciò che sta accadendo per capire che è molto difficile. Bisogna incoraggiare le parti al dialogo ma la comunità internazionale sembra non essere in grado di farlo. Abbiamo molta paura di una escalation militare e qui a Gaza si teme un’offensiva di terra. Abbiamo paura per noi, per le nostre famiglie, i nostri figli, le nostre abitazioni”...
Voci da Israele. ...“Le immagini di festa di Papa Francesco in Terra Santa, a fine maggio, - commenta con un po’ di amarezza - sono ormai un ricordo sbiadito. Tuttavia la speranza non deve abbandonarci. La popolazione israeliana e palestinese soffre per questa guerra che deve finire al più presto. Abbiamo voglia di pace”.