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domenica 26 gennaio 2025

CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI LVIII SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI - Papa Francesco: “Ci crediamo nella comunione tra di noi? Crediamo che la speranza non delude?” omelia 25/01/2025 (commento, testo integrale, foto e video)

SOLENNITÀ DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI
LVIII SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI

Basilica di San Paolo fuori le Mura
Sabato, 25 gennaio 2025

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Il Papa: la Chiesa cattolica disposta ad accettare ogni data comune della Pasqua

Francesco celebra i Secondi Vespri della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nella Basilica di San Paolo e, ricordando la coincidenza, quest'anno, della celebrazione pasquale nello stesso giorno nei calendari giuliano e gregoriano e il 1.700 anniversario del primo Concilio ecumenico di Nicea, torna a ribadire l'appello per un "passo decisivo" per l'unità: la stessa data per la Pasqua

Il Papa durante i Secondi Vespri per la conclusione della Settimana di preghiera dell'Unità dei Cristiani

Il Giubileo della Speranza e i 1.700 anni del primo grande Concilio ecumenico, il Concilio di Nicea, quello in cui i Padri approvarono il Credo recitato ogni domenica da molti cristiani. Poi la Pasqua che cade lo stesso giorno nel calendario gregoriano e giuliano. È un anno speciale, il 2025, per le confessioni cristiane che oggi, 25 gennaio, celebrano la Settimana di preghiera dedicata all’unità. Un’unità che Francesco, durante i tradizionali secondi Vespri nella Basilica di San Paolo, auspica che non vada perduta, ma che anzi si rafforzi e giunga a un “passo decisivo”: la scelta di una data comune per la Pasqua.

La Chiesa cattolica è disposta ad accettare la data che tutti vogliono fare: una data dell’unità

In Basilica rappresentanti di diverse Chiese cristiane

Il Papa giunge nella Basilica intitolata all’Apostolo, di cui la Chiesa oggi fa memoria della conversione, poco prima delle 17.30. Tra le prime file ci sono cardinali e i rappresentanti delle altre Chiese cristiane: il metropolita Policarpo, in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico, e l’arcivescovo Ian Ernest, in rappresentanza della Comunione Anglicana, che conclude proprio oggi il suo servizio. Poi gli studenti sostenuti dal Comitato Cattolico per la Collaborazione Culturale con Chiese Ortodosse e Chiese Ortodosse Orientali, i partecipanti alla visita di studio dell’Istituto Ecumenico Bossey, e molti altri gruppi ecumenici e pellegrini giunti appositamente a Roma per la celebrazione. In totale sono circa duemila.

È importante pregare insieme, e la vostra presenza qui questa sera è fonte di gioia”

I rappresentanti delle Chiese cristiane ai Vespri a San Paolo fuori le Mura

La speranza anche nei momenti di desolazione

La liturgia è come ogni anno solenne, animata dai canti del Coro della Cappella Sistina, da letture e preghiere in italiano, in inglese, rumeno, armeno e in lingua malayalam. Il tema di quest’anno è “Credi tu questo?”, tratto dal Vangelo di Giovanni (Gv 11, 26) e scelto dalla Comunità di Bose. L’omelia del Papa trae le mosse dal Vangelo della resurrezione di Lazzaro; un messaggio di speranza, un invito a credere che “anche nei momenti di profonda desolazione, non siamo soli e possiamo continuare a sperare”.

Gesù dona vita, anche quando sembra che ogni speranza sia svanita. Dopo una perdita dolorosa, una malattia, una delusione amara, un tradimento subito o altre esperienze difficili, la speranza può vacillare; ma se ciascuno di noi può vivere momenti di disperazione o incontrare persone che hanno perso la speranza, il Vangelo ci dice che con Gesù la speranza rinasce sempre…

Il cammino del dialogo

“Dalle ceneri della morte” Cristo sempre ci rialza, sempre “ci dona la forza di riprendere il cammino, di ricominciare”, afferma il Papa, anche se “a volte siamo sopraffatti dalla fatica, siamo scoraggiati per i risultati del nostro impegno” e sembra che anche dialogo e collaborazione “siano senza speranza, quasi destinati alla morte”. L’immagine del cammino è quella che il Pontefice indica per il dialogo ecumenico. Un cammino rafforzato quest’anno da circostanze e coincidenze. La prima è l’anniversario, “di grande significato per tutti i cristiani”, del 1700° anniversario del Concilio di Nicea, evento che Papa Francesco ha sempre dichiarato pubblicamente di voler celebrare nei prossimi mesi con un viaggio in Turchia a fianco al “caro fratello” Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli.

Papa Francesco durante i secondi Vespri per la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani

L'anniversario di Nicea, opportunità per i cristiani

Il Concilio di Nicea “si impegnò a preservare l’unità della Chiesa in un momento molto difficile”, rammenta il Papa. Il frutto fu il Credo recitato ancora oggi ogni domenica durante l’Eucaristia. “Si tratta di una professione di fede comune, che va oltre a tutte le divisioni che nel corso dei secoli hanno ferito il Corpo di Cristo”, rimarca Jorge Mario Bergoglio.

L’anniversario del Concilio di Nicea rappresenta dunque un anno di grazia, un’opportunità per tutti i cristiani che recitano lo stesso Credo e credono nello stesso Dio: riscopriamo le radici comuni della fede, custodiamo l’unità!

Le parole del metropolita Zizioulas

Il Papa, come già tante altre volte in passato, cita il teologo ortodosso Ioannis Zizioulas, metropolita maggiore di Pergamo scomparso nel 2023, "pioniere dell’ecumenismo" che diceva: “Io so la data dell’unione, io so. Il giorno dopo del giudizio finale! Nel frattempo dobbiamo camminare insieme, pregare insieme e lavorare insieme".

L'unità è un dono, ma anche una sfida, incalza il Papa. “L’anniversario, infatti, non deve essere celebrato solo come memoria storica”, ma anche come “impegno a testimoniare la crescente comunione tra di noi”. “Dobbiamo fare in modo di non lasciarcela sfuggire, di costruire legami solidi, di coltivare l’amicizia reciproca, di essere tessitori di comunione e di fraternità”, incoraggia.

I Secondi Vespri per la conclusione della Settimana di Preghiera per l'Unità dei cristiani
 
Data comune per la Pasqua

Suo augurio è che questo anniversario di Nicea sia “un richiamo a perseverare nel cammino verso l’unità”. “Provvidenzialmente”, poi, la domenica del 20 aprile 2025 sia cattolici che ortodossi celebreranno la Pasqua nello stesso giorno. Una data comune, dopo 11 anni, nel calendario gregoriano (Occidente) e in quello giuliano (Oriente), come se la Chiesa fosse ancora indivisa.

Un’occasione unica, in vista della quale Papa Francesco rinnova l’appello “affinché questa coincidenza serva da richiamo a tutti i cristiani a compiere un passo decisivo verso l’unità, intorno a una data comune per la Pasqua”. “Questo è il tempo di confermare la nostra professione di fede nell’unico Dio e di trovare in Cristo Gesù la via dell’unità”, conclude il Vescovo di Roma.

Nell'attesa che il Signore “torni nella gloria per giudicare i vivi e i morti, non stanchiamoci mai di testimoniare, davanti a tutti i popoli, l’unigenito Figlio di Dio, fonte di ogni nostra speranza

Il saluto del cardinale Koch

Prima della benedizione finale, prende la parola il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Anche lui richiama l’anniversario del Concilio di Nicea, segno che “possiamo ritrovare l’unità tra noi cristiani e tra noi Chiese solo nella fede comune”. “Possiamo dunque sperare – afferma Koch - che tutti i cristiani e tutte le Chiese cristiane celebrino l’anniversario del Concilio nella comunione ecumenica e rinnovino con profonda convinzione la confessione cristologica”.

Il saluto del cardinale Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani

(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 25/01/2025)

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OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO



Gesù arriva nella casa delle sue amiche, Marta e Maria, quando il loro fratello Lazzaro è già morto da quattro giorni. Ogni speranza sembra ormai perduta, al punto che le prime parole di Marta esprimono il suo dolore insieme al rammarico perché Gesù è arrivato tardi: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21). E allo stesso tempo, però, l’arrivo di Gesù accende nel cuore di Marta la luce della speranza e la conduce a una professione di fede: «Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» (v. 22). È quell’atteggiamento di lasciare sempre la porta aperta, mai chiusa! E Gesù, infatti, le annuncia la risurrezione dalla morte non soltanto come un evento che si verificherà alla fine dei tempi, ma come qualcosa che accade già nel presente, perché Lui stesso è risurrezione e vita. E poi le rivolge una domanda: «Credi questo?» (v. 26). Quella domanda è anche per noi, per te, per me: “Credi questo?”.

Soffermiamoci anche su questo interrogativo: «Credi questo?» (v. 26). È una domanda breve ma impegnativa.

Questo tenero incontro tra Gesù e Marta, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ci insegna che, anche nei momenti di desolazione, non siamo soli e possiamo continuare a sperare. Gesù dona vita, anche quando sembra che ogni speranza sia svanita. Dopo una perdita dolorosa, una malattia, una delusione amara, un tradimento subito o altre esperienze difficili, la speranza può vacillare; ma se ciascuno di noi può vivere momenti di disperazione o incontrare persone che hanno perso la speranza, il Vangelo ci dice che con Gesù la speranza rinasce sempre, perché dalle ceneri della morte Egli sempre ci rialza. Gesù ci rialza sempre, ci dona la forza di riprendere il cammino, di ricominciare.

Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo mai: la speranza non delude! La speranza non delude mai! La speranza è quella corda alla quale noi siamo aggrappati con l’ancora sulla spiaggia. E questo non delude mai! Questo è importante anche per la vita delle Comunità cristiane, delle nostre Chiese e delle nostre relazioni ecumeniche. A volte siamo sopraffatti dalla fatica, siamo scoraggiati per i risultati del nostro impegno, ci sembra che anche il dialogo e la collaborazione tra di noi siano senza speranza, quasi destinati alla morte e, tutto ciò, ci fa sperimentare la stessa angoscia di Marta; ma il Signore viene. Crediamo noi questo? Crediamo che Lui è risurrezione e vita? Che raccoglie le nostre fatiche e sempre ci dona la grazia di riprendere insieme il cammino? Crediamo questo?

Questo messaggio di speranza è al centro del Giubileo che abbiamo iniziato. L’Apostolo Paolo, di cui oggi ricordiamo la conversione a Cristo, dichiarava ai cristiani di Roma: «La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Tutti – tutti! – abbiamo ricevuto lo stesso Spirito, e questo è il fondamento del nostro cammino ecumenico. C’è lo Spirito che ci guida in questo cammino. Non sono cose pratiche per capirci meglio. No, c’è lo Spirito, e noi dobbiamo andare sotto la guida di questo Spirito.

E questo Anno giubilare della speranza, celebrato dalla Chiesa cattolica, coincide con un anniversario di grande significato per tutti i cristiani: il 1700° anniversario del primo grande Concilio ecumenico, il Concilio di Nicea. Questo Concilio si impegnò a preservare l’unità della Chiesa in un momento molto difficile, e i Padri conciliari approvarono all’unanimità il Credo che molti cristiani recitano ancora oggi ogni domenica durante l’Eucaristia. Questo Credo è una professione di fede comune, che va oltre a tutte le divisioni che nel corso dei secoli hanno ferito il Corpo di Cristo. L’anniversario del Concilio di Nicea rappresenta dunque un anno di grazia; rappresenta anche una opportunità per tutti i cristiani che recitano lo stesso Credo e credono nello stesso Dio: riscopriamo le radici comuni della fede, custodiamo l’unità! Sempre avanti! Quell’unità che tutti noi vogliamo trovare, che accada. Non vi viene in mente quello che diceva un grande teologo ortodosso, Ioannis Zizioulas: “Io so quando sarà la data dell’unità piena: il giorno dopo il giudizio finale”? Ma nel frattempo dobbiamo camminare insieme, lavorare insieme, pregare insieme, amarci insieme. E questo è molto bello!

Cari fratelli e sorelle, questa fede che condividiamo è un dono prezioso, ma è anche una sfida. L’anniversario, infatti, non deve essere celebrato solo come “memoria storica”, ma anche come impegno a testimoniare la crescente comunione tra di noi. Dobbiamo fare in modo di non lasciarcela sfuggire, di costruire legami solidi, di coltivare l’amicizia reciproca, di essere tessitori di comunione e di fraternità.

In questa Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani possiamo vivere l’anniversario del Concilio di Nicea anche come un richiamo a perseverare nel cammino verso l’unità. Provvidenzialmente, quest’anno, la Pasqua sarà celebrata nello stesso giorno nei calendari gregoriano e giuliano, proprio durante questo anniversario ecumenico. Rinnovo il mio appello affinché questa coincidenza serva da richiamo a tutti i cristiani a compiere un passo decisivo verso l’unità, intorno a una data comune, una data per la Pasqua (cfr Bolla Spes non confundit, 17); e la Chiesa Cattolica è disposta ad accettare la data che tutti vogliono fare: una data dell’unità.

Sono grato al Metropolita Policarpo, in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico, all’Arcivescovo Ian Ernest, in rappresentanza della Comunione Anglicana e che conclude il suo prezioso servizio per cui gli sono molto grato – gli auguro il meglio per quando torna alla sua terra – e ai rappresentanti di altre Chiese che partecipano a questo sacrificio di lode serale. È importante pregare insieme, e la vostra presenza qui questa sera è fonte di gioia per tutti. Saluto anche gli studenti sostenuti dal Comitato per la Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse e Ortodosse Orientali presso il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, i partecipanti alla visita di studio dell’Istituto Ecumenico Bossey del Consiglio Ecumenico delle Chiese, e i molti altri gruppi ecumenici e pellegrini che sono giunti a Roma per questa celebrazione. Ringrazio il coro, che ci dà un ambiente di preghiera tanto bello. Che ognuno di noi, come San Paolo, possa trovare la propria speranza nel Figlio di Dio incarnato e offrirla agli altri, ovunque la speranza sia svanita, le vite siano state spezzate o i cuori siano stati sopraffatti dalle avversità (cfr Omelia nella Messa della notte di Natale, 24 dicembre 2024).

In Gesù la speranza è sempre possibile. Egli sostiene anche la speranza del nostro cammino comune verso di Lui. E ritorna ancora la domanda fatta a Marta e stasera rivolta a noi: “Tu credi questo?”. Ci crediamo nella comunione tra di noi? Crediamo che la speranza non delude?

Care sorelle, cari fratelli, questo è il tempo di confermare la nostra professione di fede nell’unico Dio e trovare in Cristo Gesù la via dell’unità. Nell'attesa che il Signore “torni nella gloria per giudicare i vivi e i morti” (cfr Credo niceno), non stanchiamoci mai di testimoniare, davanti a tutti i popoli, l’unigenito Figlio di Dio, fonte di ogni nostra speranza.

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