i cattolici non fecero abbastanza
di Iacopo Scaramuzzi
Il presidente della Cei interviene ad un convegno
organizzato dalla Società Dante Alighieri
organizzato dalla Società Dante Alighieri
e riprende l’insegnamento del Concilio vaticano II
e le denunce di Giovani Paolo II
e le denunce di Giovani Paolo II
«Sento il dolore per il fatto che i cattolici italiani avrebbero potuto fare di più, quando gli ebrei venivano discriminati con leggi razziste, ma purtroppo non c’era ancora stato il Concilio Vaticano II». Lo ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti intervenendo al convegno su “Chiesa, fascismo ed ebrei: la svolta del 1938” organizzato a Roma dalla Società Dante Alighieri. Il presidente della Cei ha fatto proprio il «mea culpa» di Giovanni Paolo II a Gerusalemme e la sua denuncia relativa al fatto che di fronte alla persecuzione degli ebrei la resistenza dei cristiani «non è stata quel che l’umanità era in diritto di aspettarsi».
«Sono molto lieto di portare il mio saluto e quello della Chiesa italiana a questo convegno su un passaggio molto delicato della storia italiana, quel 1938 in cui il regime fascista consolidò il suo volto totalitario» ha detto l’arcivescovo di Perugia, introdotto dal presidente della comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. A parlare dopo il presidente della Cei è stato Andrea Riccardi, storico, fondatore della comunità di Sant’Egidio e presidente della Dante Alighieri.
«In quell’anno vennero prese misure discriminatorie contro la comunità ebraica italiana con un complesso di leggi francamente razziste e antisemite», ha ricordato Bassetti. «È un convegno che indaga sull’atteggiamento della Chiesa e dei cattolici in quel doloroso frangente. Nella mia prolusione al consiglio permanente della Cei, inizio 2018, ho voluto ricordare quei tristi eventi che, purtroppo, si svolsero – dicevo – in “un clima di pavida indifferenza collettiva”, anche di una parte dei cattolici, su cui è giusto riflettere. Non ho voluto dimenticare che allora risuonò alta la voce di Papa Pio XI che dichiarava l’antisemitismo come inammissibile per i cristiani».
«Partecipo oggi a questo convegno - ha proseguito il cardinale -, dopo che nel corso del 2018 si sono sviluppate parecchie iniziative per chiarire quanto è avvenuto in quel triste 1938. Fu l’inizio della vicenda che avrebbe portato, con il 1943 e l’occupazione tedesca, alla Shoah in Italia. Si cominciò con l’isolamento della comunità ebraica nel 1938, i cui bambini furono scacciati dalle scuole, i cui adulti allontanati dai posti di lavoro, le cui famiglie furono isolate, i cui membri furono discriminati. In quel 1938 – si è domandato Bassetti – quale fu l’atteggiamento degli italiani di fronte a quei provvedimenti? Quale fu il comportamento di una parte dei cattolici del nostro Paese ? Non sono uno storico e non ho ricerche o interpretazioni particolari da proporre. Ci sono ricordi di episodi di dolorosa indifferenza. Altri evidenziano come taluni italiani non condividessero quella politica. Ma – lo ripeto – non sono uno storico, ma un vescovo. Sono però un vescovo di origine fiorentina, cresciuto alla scuola del cardinale Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenz e che, nel momento più drammatico per gli ebrei si prodigò per la loro salvaguardia e insegnò ai cattolici una particolare attenzione al mondo ebraico».
Proprio a Firenze «sorse la prima Amicizia Ebraico-Cristiana con Giorgio La Pira», ha rammentato il presidente della Cei. «Fu Dalla Costa che, nel 1938, durante la visita di Hitler a Firenze, chiuse le imposte del Palazzo arcivescovile e rifiutò che vi fosse affisso ogni segno di festa e benvenuto. E posso anche raccontare che il suo segretario di allora era curioso, e mentre passava il corteo sbirciava da dietro la persiana, quando il cardinale, che non so se stava pregando o studiando, alzò lo sguardo su di lui e gli disse: “Giacomo, cosa fa?”. E il segretario: “Sta passando Hitler”, e il cardinale replicò: “E non hai niente di meglio da fare?”. Ringrazio Dio di esser stato educato sin da fanciullo a questa scuola».
«Anche a partire da questa sensibilità – ha scandito il porporato – sento il dolore per il fatto che i cattolici italiani avrebbero potuto fare di più, quando gli ebrei venivano discriminati con leggi razziste, ma purtroppo non c’era ancora stato il Concilio Vaticano II». Lo dimostrano, ha proseguito Bassetti, «le parole di Pio XI il 6 settembre 1938, quando disse: “Ma l’antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti”. C’è in germe quel pensiero che il Concilio e Giovanni Paolo II avrebbero sviluppato successivamente. Pio XI così confidava a padre Tacchi Venturi nel 1938: “Io non come Papa ma come italiano mi vergogno! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza”».
«Per questo – ha proseguito l’arcivescovo di Perugia – colgo l’occasione, come presidente della Conferenza episcopale italiana, guardando a quel triste 1938, di fare mio il pensiero di San Giovanni Paolo II che disse a proposito della persecuzione degli ebrei: la resistenza dei cristiani “non è stata quel che l’umanità era in diritto di aspettarsi”. Ma, soprattutto, faccio mia l’invocazione di perdono e di speranza che Paolo Wojtyla depose a Gerusalemme nelle fessure del Muro del Pianto nel 2000, durante il suo viaggio in Terra Santa: “Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza”».
«Basterebbe concludere con questo. Aggiungo solo, per confermare la svolta avvenuta – ha detto Bassetti – che oggi c’è un clima diverso da ieri, da quello degli anni Trenta. La coscienza del legame tra la Chiesa e gli ebrei è divenuta per noi cattolici un fatto di popolo, diffuso e radicato in profondità. Si fonda sulle grandi arcate della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che ricorda il profondo vincolo tra cristiani ed ebrei. Giovanni Paolo II espresse questo con grande efficacia durante la sua visita al Tempio maggiore degli ebrei di Roma nel 1986, riconoscendo negli ebrei i “fratelli maggiori” con un’espressione dell’epica polacca, e considerandoli sempre “chiamati con una vocazione irrevocabile”. Questo legame è qualcosa di intrinseco, di cui negli ani Trenta solo pochi ebbero coscienza, mentre sopravvivevano vecchi pregiudizi. Ma, al di là dle legame, c’è l’impegno contro ogni forma di antisemitismo. La Nostra Aetate afferma: “La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque”».
«È con questi sentimenti che viviamo la nostra amicizia con gli ebrei e la nostra responsabilità civile. Con questo atteggiamento siamo interessati a conoscere meglio la storia di quegli anni difficili, consapevoli del valore della memoria», ha concluso il presidente della Cei.
Il convegno della Società Dante Alighieri si svolge oggi e domani con la partecipazione di storici, esperti, esponenti del mondo cattolico e della comunità ebraica. Interpellato dai giornalisti a margine della conferenza sulle questioni di attualità politica, al momento di lasciare anticipatamente il convegno per tornare a Perugia in serata e poter visitare un sacerdote della sua diocesi ricoverato nel capoluogo umbro in rianimazione, il cardinale Bassetti ha peraltro detto che sulla questione dei rifiuti e degli inceneritori «lo status quo non risolve il problema esiste e una soluzione chiara e concreta va data». «Io non sono un ingegnere, devono essere i tecnici che ci dicono quanto uno strumento rispetto a un altro inquina e non inquina», ha detto Bassetti, ricordando che già 25 anni fa per l’inceneritore di Follonica il governo dell’epoca si divise.
(Fonte: Vatican Insider)
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