SANTA MESSA IN COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI
Cimitero Laurentino
Venerdì, 2 novembre 2018
Venerdì, 2 novembre 2018
Francesco è il primo Papa a varcare la soglia del cimitero Laurentino, nell’estrema periferia sud di Roma, per celebrare la Messa in suffragio dei defunti. Al suo arrivo poco prima delle 16, il Pontefice viene accolto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, dal vescovo ausiliare per il settore Sud, Paolo Lojudice, dal cappellano della cappella cimiteriale “Gesù Risorto”, mons. Claudio Palma e dal sindaco di Roma, Virginia Raggi.
Toccante la sosta davanti alle tombe dei bimbi, di quelli scomparsi prematuramente per malattie o incidenti e di quelli mai nati, sepolti nel cosiddetto “Giardino degli angeli”: il Papa legge i loro nomi, tocca le lapidi piene di fiori, peluches e giochi, depone mazzi di rose bianche, prega, in un silenzio denso di commozione. Poi con affetto saluta alcuni familiari dei piccoli: anche qui, tante lacrime ma anche il respiro del conforto e dell'abbraccio misericordioso. Infine risale in auto per raggiungere il piazzale antistante la cappella del cimitero dove ad attenderlo ci sono centinaia di persone, sedute persino sull’erba, e qualche applauso interrompe la quiete di questo luogo.
Il giorno della memoria
Dopo la lettura del brano delle Beatitudini, tratto dal Vangelo di Matteo, Francesco pronuncia la sua breve omelia, interamente a braccio e parla di quelle tre dimensioni della vita, presente, passato e futuro, tracciate dalla Liturgia odierna.
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
La liturgia di oggi è realistica, è concreta. Ci inquadra nelle tre dimensioni della vita, dimensioni che anche i bambini capiscono: il passato, il futuro, il presente.
Oggi è un giorno di memoria del passato, un giorno per ricordare coloro che hanno camminato prima di noi, che ci hanno anche accompagnato, ci hanno dato la vita. Ricordare, fare memoria. La memoria è ciò che fa forte un popolo, perché si sente radicato in un cammino, radicato in una storia, radicato in un popolo. La memoria ci fa capire che non siamo soli, siamo un popolo: un popolo che ha storia, che ha passato, che ha vita. Memoria di tanti che hanno condiviso con noi un cammino, e sono qui [indica le tombe intorno]. Non è facile fare memoria. Noi, tante volte, facciamo fatica a tornare indietro col pensiero a quello che è successo nella mia vita, nella mia famiglia, nel mio popolo… Ma oggi è un giorno di memoria, la memoria che ci porta alle radici: alle mie radici, alle radici del mio popolo.
E oggi è anche un giorno di speranza: la seconda Lettura ci ha fatto vedere cosa ci aspetta. Un cielo nuovo, una terra nuova e la santa città di Gerusalemme, nuova. Bella l’immagine che usa per farci capire quello che ci aspetta: “L’ho vista scendere dal cielo, scendere da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (cfr Ap 21,2). Ci aspetta la bellezza… Memoria e speranza, speranza di incontrarci, speranza di arrivare dove c’è l’Amore che ci ha creati, dove c’è l’Amore che ci aspetta: l’amore di Padre.
E fra memoria e speranza c’è la terza dimensione, quella della strada che noi dobbiamo fare e che noi facciamo. E come fare la strada senza sbagliare? Quali sono le luci che mi aiuteranno a non sbagliare la strada? Qual è il “navigatore” che lo stesso Dio ci ha dato, per non sbagliare la strada? Sono le Beatitudini che nel Vangelo Gesù ci ha insegnato. Queste Beatitudini – la mitezza, la povertà di spirito, la giustizia, la misericordia, la purezza di cuore – sono le luci che ci accompagnano per non sbagliare strada: questo è il nostro presente.
In questo cimitero ci sono le tre dimensioni della vita: la memoria, possiamo vederla lì [indica le tombe]; la speranza, la celebreremo adesso nella fede, non nella visione; e le luci per guidarci nel cammino per non sbagliare strada, le abbiamo sentite nel Vangelo: sono le Beatitudini.
Chiediamo oggi al Signore che ci dia la grazia di mai perdere la memoria, mai nascondere la memoria – memoria di persona, memoria di famiglia, memoria di popolo –; e che ci dia la grazia della speranza, perché la speranza è un dono suo: saper sperare, guardare l’orizzonte, non rimanere chiusi davanti a un muro. Guardare sempre l’orizzonte e la speranza. E ci dia la grazia di capire quali sono le luci che ci accompagneranno sulla strada per non sbagliare, e così arrivare dove ci aspettano con tanto amore.
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