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lunedì 12 novembre 2018

I primi cinquant'anni di Bose - Messaggio di papa Francesco - Memoria e ringraziamento


La Comunità di Bose compie 50 anni.
Il servizio di TG2000


LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
FONDATORE DEL MONASTERO DI BOSE IN OCCASIONE DEL
50.mo ANNIVERSARIO DELLA COMUNITÀ MONASTICA

Al Caro 
Fr. Enzo Bianchi
Fondatore del Monastero di Bose

In occasione del 50° anniversario di fondazione di codesta Comunità monastica, mi associo spiritualmente al vostro rendimento di grazie al Signore per questi anni di feconda presenza nella Chiesa e nella società, mediante una peculiare forma di vita comunitaria sorta nel solco degli orientamenti del Concilio Vaticano II.

Il semplice inizio è divenuto una significativa missione che ha favorito il rinnovamento della vita religiosa, interpretata come Vangelo vissuto nella grande tradizione monastica. All’interno di questa corrente di grazia, la vostra Comunità si è distinta nell’impegno per preparare la via dell’unità delle Chiese cristiane, diventando luogo di preghiera, di incontro e di dialogo tra cristiani, in vista della comunione di fede e di amore per la quale Gesù ha pregato.

Desidero esprimere il mio apprezzamento specialmente per il ministero dell’ospitalità che vi contraddistingue: l’accoglienza verso tutti senza distinzione, credenti e non credenti; l’ascolto attento di quanti sono alla ricerca di confronto e consolazione; il servizio del discernimento per i giovani in cerca del loro ruolo nella società. I frutti prodotti dalla vostra opera di fede e di amore sono tanti, e i più conosciuti solo al Signore.

Di fronte alle sfide contemporanee, vi incoraggio ad essere sempre più testimoni di amore evangelico anzitutto fra di voi, vivendo l’autentica comunione fraterna che rappresenta il segno, dinanzi alla Chiesa e alla società, della vita alla quale siete chiamati. Gli anziani della comunità incoraggino i giovani e i giovani si facciano carico degli anziani, tesoro prezioso di sapienza e di perseveranza. Potrete così vivere con grandezza di cuore anche con gli altri, specialmente con i più poveri di speranza. Continuate ad essere attenti ai piccoli, agli ultimi, ai pellegrini e stranieri: essi sono le membra più fragili del corpo di Gesù.

Questa data anniversaria sia un momento di grazia per ognuno di voi, un tempo per meditare più intensamente sulla vostra chiamata e sulla vostra missione, affidandovi allo Spirito Santo per avere saldezza e coraggio nel proseguire con fiducia il cammino. Vi accompagno con la preghiera perché possiate perseverare nell’intuizione iniziale: la sobrietà della vostra vita sia testimonianza luminosa della radicalità evangelica; la vita fraterna nella carità sia un segno che siete una casa di comunione dove tutti possono essere accolti come Cristo in persona.

Con questi sentimenti, mentre vi chiedo di pregare per me, di cuore invio la Benedizione Apostolica, a Lei, al Priore e all’intera Comunità monastica, come pure agli ospiti, agli amici e a quanti condividono il vostro carisma.

Fraternamente

Dal Vaticano, 11 novembre 2018
Francesco







Domenica 11 novembre si è tenuto a Bose un incontro a cinquant'anni dall'inizio della vita comunitaria di fratelli e sorelle a Bose, cui hanno partecipato con grande affetto numerosissimi amici e ospiti che accompagnano la comunità, lungo questi anni fino ad oggi.

Un incontro di anamnesi e ringraziamento, non di celebrazione o autocelebrazione, confessione della misericordia di Dio e sguardo verso il futuro, memoria di una storia che ci supera, di una responsabilità, della grazia di incontri vissuti,“una storia fatta di volti, di nomi, di incontri, di relazioni che si sono venute creando e intrecciando” come ha ricordato il priore fr. Luciano nel saluto iniziale: “Non solo non siamo i protagonisti, ma noi siamo i primi testimoni, stupiti, di quel che il Signore ha compiuto… . Ogni storia è storia di grazia e di peccato, di fedeltà e di infedeltà. Anche la nostra lo è. E dunque oggi è anche l’occasione di chiedere perdono o di esprimere il desiderio di chiedere perdono a coloro che possiamo aver ferito, non capito, escluso, a cui possiamo aver fatto del male. L’anamnesi che il Magnificat fa del passato si apre, a un certo punto, al futuro: “d’ora in poi”. Per noi, ricordare i 50 anni di storia della comunità è anche prendere coscienza di un’eredità, di un lascito e dunque di una responsabilità. Responsabilità, certo, a tanti livelli ma, anzitutto, responsabilità verso la vita, la vita della comunità, la vita delle persone che ne fanno parte, la vita dei giovani, di coloro che, entrando ora in comunità, entrano in una realtà che ha mezzo secolo di storia.”

Fr. Enzo ha quindi letto un messaggio di papa Francesco pervenuto per l’occasione, che ci ha molto commosso e rallegrato, e ha percorso le ragioni del ringraziamento, confessando la sua “esitazione a proporre questa giornata perché mai abbiamo voluto celebrazioni della nostra realtà, né dare testimonianza a noi stessi, è nel nostro stile impedire che gli sguardi si dirigano alle nostre persone o alle nostre “opere”. Siamo solo dei peccatori chiamati a convertirci perché attirati dalla grazia, dallo spirito del Signore. Siamo una comunità piccola, una comunità che sovente ci appare come una baracca; una comunità che non è esente dalle fatiche e dalle sofferenze che oggi la chiesa vive nel mondo e che gli uomini e le donne conoscono nel duro mestiere di vivere. Proprio per questa convinzione, la nostra giornata vissuta con ospiti e amici fedeli, ha come centro l’eucaristia: il rendimento di grazie al Signore. Se non fosse così, questo nostro esserci incontrati non solo sarebbe vano ma rischierebbe di essere mondano”

Fr. Enzo ha quindi proseguito: “Il primo ringraziamento va a tante persone, doni che Dio ci ha fatto. L’incontro con queste persone ha segnato una strada, prima mia e poi della comunità. E così non posso dimenticare quel crogiolo in cui sono germinate e maturate intuizioni, quella stagione, quando si viveva il concilio Vaticano II, quando la grazia del Signore ci permise quella straordinaria avventura di giovani universitari, cattolici, valdesi e un ortodosso, che leggevano insieme le sante Scritture e seguivano puntualmente lo svolgersi del concilio.

In questa gestazione di una futura ma incerta realtà comunitaria, ricordo la guida affettuosa del cardinale Michele Pellegrino, il pastore Paolo Ricca, p. Eugenio Costa sr s.j., a Torino, don Elia Eliseo; ma anche la grazia dell’amicizia di Roger Schutz, il priore di Taizé, e del patriarca di Costantinopoli Athenagoras. Per tutto il gruppo, per un giovane come me poco più che ventenne, tutto questo mi pareva e mi pare ancora un eccesso di doni da parte del Signore.

...

E infine il ringraziamento al Signore per due doni che contraddistinguono la nostra comunità, doni gratuiti che il Signore ci ha fatto e per i quali noi abbiamo dovuto solo apprestare le nostre vite, per accoglierli.

Innanzitutto il grande dono di aver fatto di Bose un luogo ecumenico. Ecumenico per la composizione della comunità, ma ecumenico per ciò che viviamo in dialogo, in confronto, in ascolto, in solidarietà con le chiese cristiane d’oriente e d’occidente. Le chiese ortodosse hanno trovato qui a Bose un luogo d’incontro e di scambio dei doni, e la presenza in mezzo a noi di vescovi e monaci ortodossi lo attesta. L’amicizia lunga e fedele con il patriarca Bartholomeos, segnata dalle sue frequenti visite; l’amicizia con il patriarca di Antiochia Ignazio IV Hazim e con l’attuale patriarca Juhanna X; l’amicizia con il patriarca copto Tawadros e con anba Epiphanios di san Macario; l’amicizia con il metropolita Ilarione del patriarcato di Mosca. Tutti questi legami sono per noi una grande responsabilità verso le chiese ortodosse. Dobbiamo inoltre riconoscere che anche dalle chiese della Riforma riceviamo un’attestazione di attenzione e stima grande e sovente i loro pastori sostano tra di noi per percorrere insieme vie di comunione. Impossibile nominarli tutti, ma non dimentico il primate di Canterbury, Rowan Williams, che tante volte ha sostato per un tempo di ritiro tra di noi.

L’altro grande dono che il Signore ci ha fatto è la vita di fratelli e sorelle insieme. Dopo cinquant’anni, confessiamo che è una vita non solo possibile ma feconda e ricca di doni, che condividiamo nel quotidiano della preghiera e del lavoro, del poter dire “quanto è bello vivere insieme come fratelli e sorelle” (cf. Sal 133,1).L’iniziativa intrapresa di una vita delle nostre sorelle con le sorelle benedettine a Civitella S. Paolo, vero segno profetico dell’unità del monachesimo e della solidarietà nella vocazione, si è rivelata una grazia. Oggi si fa più che mai urgente che le tradizioni monastiche si aiutino e si integrino, anche per non arrendersi alla precarietà di quest’ora per la vita monastica.

In questa fecondità fu possibile fondare le fraternità a Saint-Sulpice, in Svizzera, a Gerusalemme, a Ostuni, ad Assisi e a Cellole. Quando alla sera faccio memoria di queste realtà davanti al Signore, mi stupisco e ringrazio perché tutto questo eccede ogni nostro pensiero e progetto.

Quanto alla comunità, ridico e confermo le parole finali della nostra Regola:
Fratello, sorella,
tu hai costruito e costruisci ogni giorno la comunità. Ma non preoccuparti di dare continuità storica all’intuizione iniziale. Cerca piuttosto che la comunità sia un segno, veglia sull’autenticità di esso, e non permettere che sia reso opaco dall’istituzionalizzazione massiccia. Non pensare alla tua vecchiaia né al domani della comunità. Vivi l’oggi di Dio.
Una sola cosa sia la tua preoccupazione: cercare il regno di Dio vivendo l’Evangelo nella comunità cui sei stato chiamato. Il Signore ti benedica e ti protegga, faccia risplendere su di te la sua presenza e ti dia la pace: fino a quando scoprirà per te il suo volto. Amen (RBo 48).”

È seguita alle ore 12 la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi e concelebrata dal vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi (95 anni), ultimo padre conciliare vivente in Europa. 
Poi il pranzo di festa e alle 15.00 il saluto del vescovo di Biella + Roberto Farinella (“La comunità di Bose non è ospite, ma parte integrante della nostra chiesa locale”) e l’ascolto di voci diverse che appartengono alla comunità, fratelli e sorelle degli inizi, e altri che sono stati presenze significative per la nostra comunità: i primi fratelli Domenico e Daniel, la priora della comunità di Grandchamp sr. Anne-Emmanuelle – che ha letto un messaggio di sr. Christianne, inviata a Bose nel 1968 per sostenere l’avvio della vita comunitaria – sorella Lisa, Clara Gennaro, m. Maria Pia Matiz, badessa del monastero di Santa Scolastica, la responsabile della comunità di Cumiana m. Maria Luisa Brunetti. Ha concluso questa azione di grazie attraverso i ricordi + Luigi Bettazzi.

Il tutto in una grande semplicità e in un clima sobrio, caldo – nonostante il tempo uggioso! – e sincero, molto umano e partecipato.

Con profonda gratitudine verso tutti coloro che ci hanno dato in questi giorni segni di vicinanza e comunione, chiediamo di pregare il Signore affinché nella vita monastica cerchiamo di perseverare a vivere il Vangelo in spirito di ringraziamento, nella comunione con gli altri cristiani e nella compagnia degli uomini.