Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 26 ottobre 2018

Una bella storia di accoglienza a Bologna - DON MARIO ZACCHINI: «LA MIA CANONICA HA LA PORTA SEMPRE APERTA»


DON MARIO ZACCHINI:
«LA MIA CANONICA HA LA PORTA SEMPRE APERTA»

Il parroco bolognese da 22 anni accoglie nella sua casa chi ha bisogno ma anche giovani che vogliono vivere un’esperienza di condivisione


«Siamo noi la famiglia di don Mario». Ci troviamo nella canonica della parrocchia di Sant’Antonio di Savena, una parrocchia storica della prima periferia di Bologna. Qui, nella casa del parroco, don Mario Zacchini, attualmente vivono 26 ragazzi dai 18 ai 35 anni, provenienti da 12 paesi diversi del mondo. Italia, Albania, Iran, Eritrea, Camerun, Gambia, Gabon, Senegal, Egitto, Afghanistan, Bangladesh… c’è anche una giovane coppia di pakistani. Aroogh è arrivata in Italia per ricongiungersi al marito che in Libia aveva trovato lavoro come ragioniere. In seguito alla guerra è stato caricato su una barca che doveva contenere 600 persone e invece ne ha portate il doppio. Parecchi sono morti durante la traversata, lui è approdato a Lampedusa e dopo varie peripezie è stato accolto da don Mario. Oggi fa il muratore e spera di costruirsi una nuova vita.

«Ognuno di questi ragazzi ha una storia diversa alle spalle», spiega don Mario, 72 anni. Nessuno di loro però si considera semplicemente un ospite, tantomeno un “assistito”, anche se hanno bussato alla porta della canonica di via Massarenti spinti dal bisogno. Studenti, rifugiati, ragazzi scampati alla fame e alla guerra.

ACCOGLIENZA E CONDIVISIONE

Dieci anni fa don Mario, che è stato anche missionario in Tanzania, è entrato a far parte della Papa Giovanni XXIII, la comunità fondata a Rimini da don Oreste Benzi. La sua esperienza in effetti è in sintonia con la lezione del «prete dalla tonica lisa», anche se va detto che don Zacchini le porte della sua canonica ha cominciato ad aprirle 22 anni fa e da allora non ha mai smesso. In questi anni quello che è cambiato forse è il tipo di bisogno, che comunque rimane tanto perché «molti di questi ragazzi hanno dormito in strada per mesi, alcuni anche per anni». C’è chi ha patito la fame prima di incontrarlo, ma l’accoglienza della canonica di Sant’Antonio non vuole essere scambiata per una forma di generico assistenzialismo. «Chi viene qui lo fa anche per condividere con noi la vita quotidiana, in uno scambio reciproco che ci aiuta e ci arricchisce».

VITA IN COMUNE 

Negli spazi della canonica sono state ricavate dieci stanze arredate con letti a castello. Nel gruppo ci sono anche ragazzi venuti appositamente per vivere un’esperienza di condivisione, come per esempio Mattia e come Simone, entrambi studenti di Giurisprudenza. Chi lavora, anche se spesso si tratta di lavori saltuari, contribuisce alle spese, «ma la cosa importante è la presenza, l’aiuto reciproco nella vita in comune, perché siamo tutti poveri, tutti abbiamo bisogno l’uno dell’altro, è questa la cosa importante da capire, il messaggio che tante volte del resto ribadisce papa Francesco».

La vita comunitaria della canonica di don Mario si basa su tre pilastri, o meglio su tre piedi, i piedi robusti dello sgabello africano che il sacerdote si è portato dalla Tanzania per il suo significato, «perché Dio è comunione e la Trinità è la pienezza della vita». La kigoda, la sedia che viene usata nelle capanne dei villaggi africani, ha solo tre piedi, «perché tre piedi sono sufficienti per tenerci, due non bastano e il quarto non serve», spiega.

Il primo piede è l’accoglienza, una parola che qui nessuno mette in discussione. «L’accoglienza è alla base di tutto», chiarisce Egest, albanese di Scutari, al quarto anno di Medicina, «tutti noi veniamo da culture diverse ma è proprio questo piede che ci tiene uniti e che ci fa relazionare anche con le altre attività della parrocchia».

Il secondo piede è la tavola. Una grande mensa che attraversa la sala da pranzo grazie all’unione di tre tavoli che al bisogno diventano quattro. «I momenti del pranzo e della cena sono quelli che ci permettono di ritrovarci e di stare insieme, per questo cerchiamo tutti di essere presenti il più possibile», continua Egest, «mettiamo sempre in tavola tutti i coperti e facciamo in modo che ne resti almeno uno vuoto, per un eventuale ospite dell’ultimo minuto. Nessuno bussa invano alla nostra porta». Lo sanno bene anche i senzatetto della zona, che spesso si accampano sotto il porticato della canonica. «Quello che mangiamo noi lo mangiano anche loro, senza distinzioni». Sono i ragazzi stessi a cucinare, a turno, lo stesso vale per il bucato e le pulizie della casa.

Il terzo piede è la preghiera. «La preghiera comunitaria per noi è essenziale. Preghiamo insieme dopo il pranzo, alla sera leggiamo il Vangelo del giorno dopo con il commento di don Oreste Benzi». Tutti i ragazzi vivono questi momenti, anche le persone che appartengono ad altre confessioni, musulmani compresi.

RISPETTO DELLE DIFFERENZE

«In tanti anni non abbiamo avuto problemi in questo senso, la partecipazione non è mai stata messa in discussione. Anche adesso abbiamo due ragazzi musulmani che si dimostrano molto seri e rispettosi, rispetto che da noi è ricambiato nei confronti delle loro usanze. Nel periodo del ramadan, per esempio, loro cenano dopo il tramonto e trovano sempre qualcosa di pronto in tavola».

La condivisione in questo caso è la dimostrazione che anche le differenze culturali possono trasformarsi da muro invalicabile in ricchezza. «L’accoglienza fa parte della nostra vita, anche se naturalmente non possiamo accogliere tutti, ci deve essere il desiderio di mettersi in gioco, di stare insieme», conclude don Mario, «ma la mia esperienza mi dice che in ognuno di noi c’è questa apertura al bene che poi nello scambio reciproco matura».

IL SUSSIDIO. IL GRIDO DEI POVERI 

Il prossimo 18 novembre si celebra la seconda Giornata mondiale dei poveri voluta da papa Francesco come eredità del Giubileo della misericordia. La Chiesa con questa Giornata intende ribadire la sollecitudine della comunità cristiana verso quanti vivono ai margini della società a causa della loro condizione di povertà. Per vivere la Giornata, è disponibile un sussidio intitolato Questo povero grida e il Signore lo ascolta (2 euro) predisposto dal Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione e pubblicato dalle edizioni San Paolo. Il testo comprende il Messaggio del Papa, catechesi, proposte di preghiera e di lectio divina e uno schema di veglia di preghiera celebrare la vigilia della Giornata.