verso il 7 ottobre 2018
Rimettiamoci in cammino
sulla via della pace
Una proposta per vincere la rassegnazione e…
Così non va. Disponiamo di più ricchezze, conoscenze, istituzioni e mezzi di ogni altro tempo ma permettiamo che di giorno in giorno aumentino le disuguaglianze, le sofferenze, i conflitti, la disoccupazione e l’insicurezza di miliardi di persone. Non troviamo i soldi per assicurare un lavoro a tutti ma continuiamo a spenderne una valanga per comprare armi, ingigantire eserciti e condurre guerre infinite.
I numerosi progressi che abbiamo ottenuto in tanti campi ci aprono orizzonti impensati per migliorare le condizioni di vita di tutti e portare la pace laddove ancora non c’è. Eppure rischiamo di essere travolti da numerosi problemi che abbiamo causato e che non abbiamo ancora risolto: dalla povertà di miliardi di persone al cambiamento climatico, dalle guerre alle migrazioni.
Alcune delle più importanti conquiste dell’umanità rischiano di essere progressivamente cancellate o annullate: l’universalità dei diritti umani, il diritto alla dignità, il principio di uguaglianza e di giustizia, la democrazia,…
Tutti i giorni, la negazione di questi diritti e principi avviene nella più totale impunità. Crimini orribili, visibili e invisibili agli occhi della comunità internazionale, vengono compiuti nell’inerzia generale. L’Onu e le istituzioni internazionali create per impedire nuove guerre e intervenire in difesa della dignità e dei diritti umani sono state indebolite e spesso vengono tenute ai margini. La stessa Unione Europea, che tanto ha contribuito all’affermazione della civiltà del diritto, è entrata in una fase molto pericolosa che rischia di far fallire uno dei più importanti esperimenti di pace della storia. In molti dei paesi dove più grandi erano state le conquiste democratiche, sono in atto gravi processi di corrosione e arretramento politico, sociale e morale.
Nel frattempo, tante persone stanno cedendo alla paura e all’insicurezza, alla sfiducia e alla rassegnazione, assumendo gravi atteggiamenti di chiusura, indifferenza e rabbia. Decenni di individualismo sfrenato e di rincorsa dell’arricchimento, con il loro seguito di delusioni e fallimenti hanno cancellato in molti il senso della pietà e del bene comune, il valore della solidarietà e della condivisione, l’importanza dell’impegno democratico. E oggi finiscono per alimentare una politica priva di lungimiranza, etica, efficacia, credibilità e per dettare decisioni sbagliate che aggravano i problemi anziché risolverli.
Grandi pericoli incombono. Dobbiamo reagire!
Diversamente dagli imprenditori dell’odio e dai rassegnati, noi sappiamo che sono le persone a fare la storia e che il cambiamento che sogniamo, la pace che desideriamo per noi, per i nostri cari e per l’umanità intera non dipende solo dalle grandi decisioni ma anche da tutte le piccole, piccolissime, azioni fatte ogni giorno, da ciascuno, dappertutto.
Questi miliardi di “azioni di pace”, individuali e collettivi, spesso realizzate da donne, agiscono positivamente nella storia dell’umanità anche se non vengono raccontati dal mondo dell’informazione e della comunicazione e quindi non vengono valorizzate.
Per fronteggiare i problemi e le minacce che abbiamo davanti dobbiamo rafforzare questa corrente positiva, farla emergere in tutti campi e a tutti i livelli ed estenderla mettendo il nostro personale impegno al servizio degli altri e dell’umanità. Ciascuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità.
Questo è il tempo in cui dobbiamo osare la fraternità. Non possiamo più permetterci di vivere in perenne competizione con gli altri perché stiamo distruggendo le cose più belle che abbiamo. La competizione è la sorella della guerra. Disertiamola!
Smettiamo di fare le guerre! Quelle armate che stanno devastando interi paesi e popolazioni, ma anche quelle più subdole che ci vedono continuamente gli uni contro gli altri, nell’economia come nei rapporti interpersonali.
Cerchiamo assieme le soluzioni dei problemi che non sono state trovate e intraprendiamo, sin da ora, nuove iniziative per attuarle.
Investiamo sui giovani, rispettiamoli, prendiamoci cura del loro presente e futuro, attrezziamoli a fare la propria parte, diamogli adeguate opportunità.
Facciamo crescere l’economia della fraternità! Cominciamo dai luoghi in cui viviamo, cercando nuove strade per combattere la povertà e la disoccupazione, costruendo nuovi rapporti sociali, economici e personali centrati sulla cura reciproca.
Scopriamo insieme l’importanza e la bellezza della cura. La cura di noi e non solo dell’io. La cura reciproca. La cura della vita. La cura dei più indifesi. La cura del bene comune. La cura del mondo che condividiamo con gli altri.
Affermiamo il dovere di proteggere ovunque tutte le persone minacciate da violenze, guerre, persecuzioni e sistematiche violazioni dei diritti umani!
Difendiamo la società aperta. Anzi, costruiamo una “vera” società aperta, inclusiva, solidale, accogliente.
Costruiamo una politica nuova e una nuova cultura politica nonviolenta basata sul rispetto della “dignità di tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti eguali e inalienabili”.
Impegniamoci per far rispettare gli impegni presi dai governi per costruire un futuro migliore per tutti, a partire dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e dagli Accordi di Parigi sul clima.
Camminiamo insieme sulla strada che rigenera fiducia, speranza e volontà di cambiamento e… domenica 7 ottobre 2018, a settant’anni dalla firma della Dichiarazione Universale dei diritti umani, a cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, a cinquant’anni dalla scomparsa di Aldo Capitini ci diamo appuntamento lungo la strada che conduce da Perugia ad Assisi. Non per fare una nuova marcia per la pace. Ma per ritrovarci e fare insieme, con te e tanti altri, un altro piccolo tratto della lunga marcia dellapace e della fraternità che ci vede impegnati tutti i giorni.
Quel giorno uniremo le nostre voci e mostreremo a tutti quanto siamo numerosi. Ci riconosceremo portando ciascuno un segno di quello che facciamo nel corso dell’anno, delle idee e delle proposte che stiamo cercando di realizzare per mettere fine all’orrore e consentire a ciascuno di vivere in pace.
25 chilometri per «restare umani»
Perugia. Per la pace, contro gli imprenditori dell'odio
Tre anniversari, venticinque chilometri, decine di migliaia di persone attese. Partirà domani mattina alle 9 dai giardini del Frontone di Perugia la «Marcia della pace e della fraternità» che arriverà alle 15 e 30 alla Rocca Maggiore di Assisi. Gli organizzatori parlano di 530 associazioni, 160 scuole e 286 tra comuni, province e regioni che hanno deciso di aderire: è il popolo italiano che vuole «restare umano» nonostante tutto quello che lo circonda. Oppure, proprio a causa di quello che lo circonda. «La vera sfida – ha detto il coordinatore Flavio Lotti – è aprire una prospettiva nuova in un momento in cui la rassegnazione ha bloccato le persone nella sensazione che nulla possa cambiare e che quindi sia meglio farsi gli affari propri».
I tre anniversari che dettano le coordinate sulle quali si muove la Marcia per la pace di domani sono i cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, i settant’anni dalla proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani e i cinquant’anni dalla morte di Aldo Capitini, il padre italiano della nonviolenza. Inoltre quest’anno la marcia intende promuovere «un percorso unitario contro il razzismo e la cultura della violenza», a testimonianza del fatto che gli occhi dei partecipanti sono ben aperti e guardano con molta attenzione anche a un presente che di episodi di razzismo e di intolleranza ne sta facendo registrare parecchi. Anzi, più i governanti varano provvedimenti in odor di razzismo e più sembrano guadagnare consenso. La svolta, per questo, deve essere prima di tutto culturale: costruire ponti di pace contro i muri dell’intolleranza, soprattutto adesso che sembrano altissimi, quasi insormontabili. E la pace, come si legge nel manifesto della Marcia, «non è solo il contrario della guerra, ma il rispetto della dignità e dei diritti umani di tutti».
«La violenza nei confronti di immigrati, con una evidente connotazione razzista e spesso neofascista – questa l’analisi delle associazioni – impone una seria e immediata azione di contrasto che parte da una doverosa riflessione: il tessuto sociale impoverito divenuto, giorno dopo giorno, campo fertile per i fomentatori d’odio e di esclusione sociale». Per questo «la società civile, il mondo della cultura, dell’associazionismo, dell’informazione, l’insieme delle istituzioni democratiche sono chiamate a impegnarsi nel contrasto a questa deriva».
Una deriva violenta che alcune statistiche aiutano a circostanziare molto bene. Secondo un’indagine pubblicata recentemente dalla Noto Sondaggi, il 52% degli italiani è a favore della legittima difesa in tutti casi. Secondo il Censis, invece, il 39% è favorevole all’introduzione di criteri meno rigidi per il possesso di un’arma da fuoco per la difesa personale (nel 2015, stessa fonte, la percentuale era del 26%). In Italia, in realtà, armarsi è anche molto semplice: nello scorso febbraio, Luca Traini a Macerata sparò con una Glock la cui licenza «per uso sportivo» fu ottenuta in appena 18 giorni. Ancora il Censis avverte che, con un cambio delle regole e un allentamento delle prescrizioni, le vittime da arma da fuoco potrebbero salire fino a 2.700 ogni anno, contro le 150 attuali.
La lotta, dunque, è contro questo stato di cose e contro la rassegnazione. «Diversamente dagli imprenditori dell’odio e dai rassegnati – spiegano ancora gli organizzatori della Marcia -, noi sappiamo che sono le persone a fare la storia e che il cambiamento che sogniamo non dipende solo dalle grandi decisioni ma anche dalle piccole, piccolissime, azioni fatte ogni giorno da ciascuno, dappertutto». Si evocano così «miliardi di azione di pace» da parte di una comunità molto più diffusa di quanto si possa pensare. I valori della Marcia, infatti, si ritrovano nella varietà dei suoi partecipanti: ci sono i cattolici, ma anche i Giovani musulmani, le associazioni ormai storiche come la Tavola della pace e la Rete della Pace, insieme all’Arci, ai sindacati, alle sezioni dei partiti di sinistra e di centrosinistra. C’è anche tanto spontaneismo: persone che decidono di aderire solo e soltanto perché si sforzano ancora di credere nell’esistenza di un mondo migliore.
(fonte: Il Manifesto articolo di Mario Di Vito del 5/10/2018)