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lunedì 8 ottobre 2018

«Laici e pastori non abbiano paura di sporcarsi le mani» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
8 ottobre 2018
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:



Laici e pastori non abbiano paura

di sporcarsi le mani



Non dobbiamo essere funzionari che sanno tanto di Dio ma non incontrano Dio. Quelli che mai entrano in stupore davanti a una testimonianza. Anzi, sono incapaci di dare testimonianza».
Ma dobbiamo essere «cristiani sul serio. Cristiani che non hanno paura di sporcarsi le mani, le vesti, quando si fanno vicini. Cristiani aperti alle sorprese. Cristiani che, come Gesù, pagano per gli altri»


Con l’invito a non essere «funzionari» — coloro che passano sempre oltre dicendo «non tocca a me» — ma «cristiani sul serio, pronti a sporcarsi le mani e aperti alle sorprese», Papa Francesco ha riproposto l’essenza della parabola del buon samaritano. Perché «lì è racchiuso tutto il Vangelo», ha spiegato celebrando la messa a Santa Marta, lunedì 8 ottobre, e ricordando che «ognuno di noi è l’uomo ferito», mentre «il samaritano è Gesù» che «si è preso cura di noi, ha pagato per noi e ha detto alla sua Chiesa: “Se c’è bisogno di più, paga tu, che io tornerò e pagherò”».

Proprio riferendosi al brano evangelico di Luca (10, 25-37), Francesco ha fatto subito notare che «il dottore della legge voleva mettere alla prova Gesù e gli ha teso un tranello». Ma «Gesù ha ribadito la legge: “Amerai il tuo Dio e il tuo prossimo come te stesso”». A quel punto il dottore della legge, «un po’ per giustificarsi, per uscire dalla difficoltà, ha replicato: “E chi è mio prossimo?”». Ed è così che «Gesù racconta questa parabola» in cui «ci sono sei personaggi: i briganti, il ferito, il sacerdote, il levita, il samaritano e il locandiere». Sono «sei e tutti entrano in gioco lì, tutti entrano in gioco». In realtà, ha affermato il Papa, «i briganti continuano la loro vita sulle strade, aspettando un’altra vittima. Poi il povero ferito rimane lì, per terra, perché “i briganti lo percossero a sangue, lasciandolo mezzo morto”». La vittima «non era cosciente. Giaceva lì».

«“Per caso”, dice Gesù, un sacerdote scendeva per quella medesima strada» ha raccontato Francesco. «Ah, grazie a Dio un sacerdote» si potrebbe dire; ma quando vide l’uomo ferito, il sacerdote «“passò oltre”, non gli venne in mente di dire: “ma io sono sacerdote, devo pregare per questo, almeno devo dare l’unzione, devo fermarmi un po’”». Invece pensò che era «l’ora della messa: devo andarmene”». E dunque «“passò oltre”: questa parola deve entrare oggi nel nostro cuore: “passò oltre”».

Nella parabola, come riferisce Luca nel suo Vangelo, si affaccia «anche un levita, uno scelto per la funzione sacra, un uomo di cultura della legge», che «giunto in quel luogo, vide e passò oltre». Dunque «questi due erano funzionari — ha affermato il Pontefice — e avevano fatto il ruolo del funzionario: “Non tocca a me. Per strada pregherò per questo, ma non tocca a me. Anzi, se io andassi lì e toccassi quel sangue, rimarrei impuro e non potrei celebrare, No no, non tocca a me, non tocca a me. Sono funzionario». In pratica «loro sono coerenti con l’essere funzionari».

Invece, ha rilanciato il Papa, a non passare oltre quell’uomo ferito è «un samaritano, che era in viaggio: “passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione”». Magari, ha suggerito Francesco, «avrà pensato: “Povero disgraziato lì, forse morirà di un’emorragia”». Ma un samaritano, ha fatto presente il Pontefice, «era un peccatore, uno scomunicato dal popolo di Israele». Eppure proprio «il più peccatore “ebbe compassione”».

Chissà, ha proseguito, «forse era un commerciante che era in viaggio per fare i suoi affari, e non guardò l’orologio, non pensò al sangue». Ma, come si legge nel Vangelo, «gli si fece vicino — scese dall’asino — gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino». In buona sostanza «si sporcò le mani, si sporcò le vesti» e, continua il brano evangelico, «poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo». Era «tutto sporco di sangue», ma proprio in quelle condizioni il samaritano si prese cura del ferito: «Non ha detto “ma io lo lascio qui, chiamate i medici che vengano. Io me ne vado, ho fatto il mio”. No, “si prese cura”, come dicendo: “adesso tu sei mio, non per possessione, ma per servirti”».

Il samaritano, ha affermato il Pontefice, «non era un funzionario, era un uomo con cuore, un uomo con il cuore aperto». E «sicuramente, l’albergatore pensò: “Mah, sarà un parente” — “È tuo cugino questo?” — “No, no no” — “Ma tu lo conoscevi?” — “No, no no, io l’ho trovato sulla strada, poveretto, e te l’ho portato”».

Non c’è dubbio, ha proseguito Francesco, «che quel locandiere rimase sbalordito: non capiva nulla di questo straniero, questo pagano — così diciamo — perché non era del popolo di Israele». Rimase sorpreso sicuramente non solo «che si fermasse» ma che poi «facesse questo, che lo portasse». Avrà persino pensato: “Questo è pazzo!” quando il samaritano «affittò una stanza» per assisterlo. Si legge infatti nel vangelo di Luca: «Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”».

Probabilmente anche in questa occasione «il locandiere rimase con il dubbio: “Quando quei due denari saranno finiti, cosa farò io? Normalmente io non mi fido di nessuno. O paghi o niente”». Ma il samaritano «ha pagato due denari» e il locandiere avrà anche pensato che, finiti i due denari, avrebbe pagato di tasca propria aspettando che tornasse. È «il dubbio di uno — ha spiegato il Papa — che vive una testimonianza, di uno aperto alle sorprese di Dio, come quel samaritano che mai aveva immaginato che sulla strada avrebbe trovato una persona del genere. Ma era aperto alle sorprese».

«Ambedue non erano funzionari» ha insistito il Papa, aggiungendo:
«“Tu sei cristiano? Tu sei cristiana?” — “Sì sì sì, vado le domeniche a messa e cerco di fare il giusto, meno chiacchierare perché sempre mi piace chiacchierare, ma il resto lo faccio bene”». La domanda vera, ha suggerito, è: «“Ma tu sei aperto, tu sei aperta alle sorprese di Dio o sei un cristiano funzionario, chiuso?” — “Io faccio questo, faccio la messa la domenica, la comunione, la confessione una volta l’anno, questo, questo: io sono in regola”».

Proprio quelli che ragionano così, ha rilanciato Francesco, «sono i cristiani funzionari, quelli che non sono aperti alle sorprese di Dio, quelli che sanno tanto di Dio ma non incontrano Dio. Quelli che mai entrano in stupore davanti a una testimonianza. Anzi, sono incapaci di dare testimonianza».

A questo proposito il Pontefice ha invitato a chiedersi se «io sono un cristiano aperto a quello che il Signore mi dà ogni giorno, alle sorprese di Dio che tante volte, come questo samaritano, ci mette in difficoltà». Oppure «sono un cristiano funzionario: io faccio quello che debbo e poi sono in regola».

Dunque, ha rimarcato il Papa, «questa è la domanda: sono aperto o sono funzionario chiuso nelle mie regole?». Ed è «una bella domanda da farci oggi, tutti noi. Tutti noi, laici e pastori. Tutti».

«Ma c’è un’altra cosa — ha proseguito il Pontefice — che forse si può spiegare più avanti, in altre occasioni: alcuni teologi antichi dicevano che in questo passo è racchiuso tutto il Vangelo. Ognuno di noi è l’uomo lì, ferito, e il samaritano è Gesù. E ci ha guarito le ferite. Si è fatto vicino. Si è preso cura di noi. Ha pagato per noi. E ha detto alla sua Chiesa: “Ma se c’è bisogno di più, paga tu, che io tornerò e pagherò”». È importante dunque pensarci bene, ha ripetuto il Papa, perché «in questo brano c’è tutto il Vangelo».

«Cari fratelli e sorelle, niente funzionari» ha concluso Francesco. Bisogna essere «cristiani sul serio. Cristiani che non hanno paura di sporcarsi le mani, le vesti, quando si fanno vicini. Cristiani aperti alle sorprese. Cristiani che, come Gesù, pagano per gli altri»


(fonte: L'Osservatore Romano)

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