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mercoledì 10 ottobre 2018

Premio cittadino europeo dell’anno a don Virginio Colmegna

Don Colmegna cittadino europeo 2018:
«Ma la Chiesa non è una ong»


«La Chiesa non è una ong, dice papa Francesco. Questo premio che io ricevo a nome di tutti gli operatori, i volontari e gli ospiti di Casa della Carità, non premia un’accoglienza e una bontà generiche, ma è il riconoscimento di un’esperienza di servizio ai poveri – tutti, non solo gli immigrati – che nasce dal Vangelo e per questo sa incontrare tutti, credenti d’ogni fede e non credenti, per aiutare questa Europa a riscoprire le sue radici di pace, fraternità, comunione. Se non ci fosse un’energia spirituale, se non ci fosse alla sorgente la forza e la bellezza del Vangelo, Casa della Carità non andrebbe avanti in questo modo dal 2002. Davvero qui non si premia una realtà di Chiesa "ridotta" a ong». Così don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità, nata a Milano su iniziativa del cardinale Martini, guarda al «Premio Cittadino europeo 2018» che riceve oggi a Bruxelles.

Non da solo. Lo stesso riconoscimento verrà conferito – per stare solo agli italiani – a Paola Scagnelli, primario di radiologia all’ospedale di Lodi che durante le ferie presta servizio in Africa, ad Antonio Silvio Calò, docente in un liceo di Treviso che dal 2015 ospita a casa sua sei immigrati africani, e a Fobap onlus di Brescia, fondazione che, in particolare, promuove il Centro abilitativo per minori «Francesco Faroni», rivolto a ragazzi e bambini autistici. Una cinquantina le persone, le associazioni e le organizzazioni dei 28 Stati membri dell’Unione che oggi ricevono il premio presso la sede del Parlamento europeo.

«Questo riconoscimento – insiste don Colmegna – non ce lo danno perché accogliamo gli immigrati: Casa della Carità è al servizio di tutti i poveri, di tutti gli "sprovveduti", come voleva il cardinal Martini. Non è nemmeno un premio ad una bontà generica: se Casa della Carità "funziona" dal 2002, è per la competenza e l’impegno culturale di chi vi presta servizio. Non è nemmeno un premio a chi predicasse un’accoglienza generica, senza regole o criteri. No: la nostra via – citando papa Francesco – è la sapienza della prudenza, la stessa chiesta a una politica che voglia davvero governare percorsi e processi, e non solo agitare slogan e alzare muri che rischiano – come il recente decreto Sicurezza – di moltiplicare gli irregolari e di produrre più insicurezza».

Il 27 ottobre, ricorda don Colmegna, sarà passato un anno dalla consegna delle 90mila firme raccolte con la campagna Ero straniero, a sostegno di una legge per nuove politiche dell’immigrazione. Un impegno, condiviso da Casa della Carità, che ora si allarga con l’iniziativa Welcoming Europe. «L’Italia – riprende il sacerdote – è fra i fondatori di quel percorso di pace che è l’Europa unita. Una missione e un messaggio che vogliamo rilanciare da Bruxelles. Ci sono esperienze, come la nostra, che generano spazi di socialità, ospitalità, gratuità – altro che business dell’accoglienza! – e che tuttavia non ignorano la sfida della sostenibilità. C’è un linguaggio della paura e del rancore da affrontare e sconfiggere. C’è una "globalizzazione dell’indifferenza", come disse papa Francesco a Lampedusa, che ci sfida e provoca. Una sfida culturale e, alla radice, spirituale. Sì, non siamo solo "persone che aiutano". E davvero la nostra Chiesa è ben più che una ong».
(fonte: Avvenire, articolo di Lorenzo Rosoli del 9/10/2018)


Premio cittadino europeo dell’anno a don Virginio Colmegna

Ringrazio il Parlamento europeo per questo riconoscimento, che non va a me, ma a tutti gli ospiti, gli operatori e i volontari della Casa della carità di Milano e vorrei cogliere l’occasione di essere oggi qui, in una delle sedi più autorevoli dell’Unione, per rilanciare un messaggio che ogni giorno guida le nostre attività: prima le persone”. Lo ha dichiarato don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità di Milano, premiato oggi a Bruxelles come “Cittadino europeo dell’anno” dal Parlamento europeo. “Un messaggio – prosegue – che mi piacerebbe venisse fatto proprio da tutti i Paesi europei, che devono tornare a mettere al centro dell’agenda politica la solidarietà verso le fasce più deboli, promuovendo provvedimenti che rispondano ai bisogni concreti di tutti i suoi cittadini, battendosi contro le povertà e affrontando al più presto il tema dell’accoglienza e dell’inclusione sociale dei migranti”.
Il sacerdote si è detto “preoccupato nel vedere che la questione dell’immigrazione, anziché essere affrontata nel rispetto della legalità, della cultura dell’accoglienza e della garanzia dei diritti umani, è invece gestita dai singoli Paesi con interventi che guardano solamente ai propri interessi nazionali, dimenticando quel principio di solidarietà che è proprio uno dei valori fondanti dell’Unione europea”.
Secondo Colmegna, “diventa sempre più urgente la necessità che si torni seriamente a discutere di come superare i limiti oggi imposti dal Trattato di Dublino, partendo dalla proposta approvata dal Parlamento europeo, e di come promuovere nuove norme sull’immigrazione rispettate da tutti gli stati membri, nella prospettiva di costruire ponti e non muri, come ci sollecita a fare Papa Francesco”.
Per questo, la Casa della carità ha aderito con convinzione all’Iniziativa dei cittadini europei “Welcoming Europe”, che “mira ad affrontare le paure della gente non soffiando sul fuoco del rancore, ma con una proposta che produce coesione sociale. È un piccolo passo nella prospettiva di superare egoismi e chiusure, ma indica la giusta strada da percorrere”.
(fonte: Sir, articolo di Gianni Borsa del 10/10/2018)