JESUS, agosto 2013
Caro Diogneto - 56
Rubrica di ENZO BIANCHI
Lo stile
De Buffon si pose la domanda: “Che cos’è lo stile?”, e cercò di rispondervi nel 1753 con il Discorso sullo stile, sintetizzabile nella locuzione: “Lo stile è l’uomo stesso”. In seguito sono venute altre definizioni dello stile: “Lo stile è la fisionomia dello spirito” (Arthur Schopenhauer); “Non c’è arte dove non c’è stile” (Oscar Wilde); “Lo stile è superiore alla verità, porta in sé la dimostrazione dell’esistenza” (Gottfried Benn).
Sì, lo stile è l’uomo stesso, l’uomo reale, concreto, in carne e ossa, corpo e spirito, razionalità e sentimento. Se non c’è stile, non c’è persona, c’è tohu wa-bohu (Gen 1,2), o il vuoto o il caos; se non c’è stile, uno non sa chi è, che cosa fa, che cosa ha. Ecco perché lo stile lascia un’aura indefinibile nella persona: un’aura che dipende dalla sua intimità, dalla sua vita interiore, ma anche dal suo parlare che sceglie tonalità di voce diverse, adeguate alla situazione e all’interlocutore, dal suo modo di camminare capace di narrare la persona, dal suo modo di mangiare facendo di quell’atto un evento sempre conviviale, contro ogni barbarie, consumismo e depredazione. Lo stile così esercitato si rifrange sul tacere, sul toccare, sul sentire il mondo, sul riposarsi e sul divertirsi.
Assumere uno stile abbisogna di tanta vigilanza e di molto tempo: occorre vigilare su di sé, avere cura del corpo così come dell’interiorità; e occorre dedicarvi tanto tempo, perché ciò che si tenta di fare, con fatica, solo nel tempo e a volte dopo molti tentativi falliti diventa abituale, unhabitus che conferisce e manifesta lo stile. Lo stile – oso dire – è l’epifania della passione di un uomo; è l’epifania della sua cella più segreta, il cuore; è il chiarore emanato dal fuoco che ognuno fa ardere in sé. Per questo lo stile o è sincero, o non è stile!