Un anno fa nell'agosto assolato delle nostre estati, Carlo Maria Martini stava vivendo gli ultimi giorni della sua vita fra noi. Fino all'ultimo aveva combattuto col male che gli aveva tolto progressivamente le forze fisiche e persino la parola. Solo lo spirito restava indomito, sostenuto dalla sua fede profonda, abbandonata al volere di Dio, e dalla volontà tenace di non arrendersi all'avanzare dell'infermità. Uno splendido librotestimonianza, che uscirà a fine mese, solleverà il velo sugli ultimi, intensissimi anni del grande Arcivescovo di Milano, biblista di fama mondiale e testimone innamorato di Gesù in continuo dialogo con le donne e gli uomini del nostro tempo.
Lo ha scritto, con discrezione e affetto filiale, don Damiano Modena, il giovane sacerdote di cui anni fa avevo diretto la tesi proprio sul pensiero del Cardinale ("Carlo Maria Martini, custode del Mistero nel cuore della storia", Paoline, 2005) e che aveva poi accettato di "accompagnarlo fino alla morte", vivendo questo impegno con dedizione totale. Altre voci autorevoli si faranno certamente sentire per il prossimo 31 agosto, primo anniversario della sua morte. Da parte mia, avendo potuto godere del dono dell'amicizia del Cardinale per oltre trent'anni, il ricordo risponde a un'esigenza dell'anima, a quel bisogno profondo di far memoria, che accende pensieri di luce e dona semi di speranza. Se mi decido a far parte ad altri di qualcuno di questi pensieri, è perché sono certo che da Martini tutti possano ancora imparare, uomini e donne di Chiesa, come laici dalle posizioni più o meno distanti da essa. Raccolgo qualche spunto di riflessione partendo dal ricordo del mio ultimo incontro con lui, quel 30 agosto 2012, vigilia della sua morte...
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