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lunedì 26 agosto 2013

Coro unanime di protesta sulla scelta di mettere in vendita la tenuta di Suvignano a Monteroni d'Arbia (Siena), la più grande confiscata alla Mafia nel centro Italia.

La recente decisione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di mettere in vendita l'azienda Agricola Suvignano, in provincia di Siena, ha riproposto all'attenzione pubblica la necessità di salvaguardare il principio del riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.
Questa vicenda, infatti, ha suscitato la reazione (una eventualità che può essere ancora scongiurata evitando quella che sarebbe - al di là delle intenzioni - a tutti gli effetti una sconfitta dello Stato) degli enti locali e dei rappresentanti del mondo dell'associazionismo, del sindacato e della cooperazione, confermando la tesi che i beni confiscati devono essere sempre considerati un'opportunità di coesione territoriale, di sviluppo di reti relazionali e di lavoro vero per i giovani.
Grazie all'uso sociale dei beni confiscati, infatti, pur tra limiti e difficoltà ancora da superare, sono tante le associazioni e le cooperative sociali che in questi anni hanno operato per restituire, concretamente, alla collettività ville, appartamenti e terreni agricoli sottratti ai patrimoni dei boss.
Valorizzare queste esperienze, sostenerle nei loro sforzi, significa affermare, nell'impegno quotidiano, che la legalità conviene. Per queste ragioni l'uso sociale dei beni immobili confiscati deve restare una priorità assoluta, risolvendo i problemi che esistono ed evitando pericolose scorciatoie, come quelle della vendita, che può essere prevista solo in situazioni eccezionali.
Sono stati numerosi in questi giorni gli appelli a non procedere alla vendita della più grande azienda agricola confiscata in Italia e a riprendere il percorso avviato dal tavolo istituzionale...

La più grande tenuta del Centro Italia confiscata alla mafia 19 anni fa è stata messa all'asta, ignorando i progetti di riutilizzo sociale avanzati da enti locali e associazioni. Con il rischio che il bene, anziché essere restituito ai cittadini, torni alla criminalità organizzata.
Storia triste di un bene confiscato alla mafia e infine messo all'asta. Dicannove anni fa, la prima confisca.

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