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giovedì 5 giugno 2025

Pensare la fede . Le parole del giubileo – 20 – CONTEMPLAZIONE - di Gilberto Borghi

Pensare la fede.
Le parole del giubileo – 20
Contemplazione
di Gilberto Borghi

Contemplare è la verifica più vera di una fede 
meno religiosa e più spirituale e carnale al tempo stesso


CONTEMPLAZIONE

Anche questa è una parola non troppo diffusa nel linguaggio popolare cattolico, ma indica un’esperienza spirituale che sta al centro profondo della fede.

Quando siamo innamorati di qualcuno e questa persona non è con noi fisicamente, la nostra mente tende a perdersi nel ricordo dei momenti belli vissuti assieme e nella fantasia di quelli che ci potranno essere. In questo modo, ascoltando le nostre emozioni e i nostri sentimenti, verifichiamo se davvero quella persona ci prende tanto da poterlo scegliere come nostro amore, consolidiamo la nostra scelta di essere e vivere per lui/lei e possiamo presentire la nostra vita futura assieme.

La contemplazione è la stessa cosa. La parola indicava, prima del cristianesimo, la delimitazione mentale di uno spazio del cielo, in cui si poteva osservare e descrivere il volo degli uccelli e il movimento delle stelle. Mettersi, cioè, davanti ad una finestra che ci apre sull’infinito e lasciare che ciò entri in risonanza interiore con l’infinito che sta dentro di noi.

Quando siamo innamorati di Cristo questa esperienza prende i toni dello stupore, della meraviglia, del ringraziamento, per l’amore infinito che Lui ha per noi e del valore che noi abbiamo per Lui. La contemplazione cristiana, quindi, ci permette di verificare se davvero Gesù ci prende tanto da poterlo scegliere come nostro amore, di consolidare la nostra scelta di essere e vivere per Lui e di presentire l’infinita bellezza della nostra vita futura assieme, nel suo Regno.

Un’esperienza che ha le sue radici già nell’AT, con Mosè al roveto ardente (Es 3,3); o con il profeta Elia sul monte Oreb (1 Re 19). Ma soprattutto un’esperienza che è messa al centro della vita spirituale di Gesù stesso che, secondo il NT, soprattutto Lc, per ben 10 volte si dice che contempla il padre. E di cui abbiamo testimonianza, nei credenti, lungo tutti i duemila anni di cristianesimo, dal primo secolo fino ad oggi.

Un’esperienza che non si improvvisa, va cercata soprattutto rifugiandosi nel silenzio, delimitando spazi e tempi appositi, e attivando il desiderio di stare alla sua presenza: “Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (Sl 26, 8). Un’esperienza che mobilita tutto il nostro essere, dalla testa, al cuore, al corpo e rende possibile una fede spirituale e carnale al tempo stesso.

Fino a 30-40 anni fa era un’esperienza che veniva pensata possibile solo per alcuni che avevano una vocazione al rapporto mistico con Cristo, ipotizzando che il fedele comune potesse vivere la propria fede dentro alle forme di relazione con Dio definite dei riti religiosi classici. Oggi, si tende a pensare, invece che questo tipo di esperienza spirituale sia alla base di una fede autentica che non si può appoggiare più sul contesto culturale in cui si vive, ma sulla qualità del vissuto individuale nella relazione personale con Cristo.

Certo non tutti possono pensare di raggiungere le vette della contemplazione mistica che grandi santi ci hanno raccontato: Teresa d’Avila o Giovanni della croce, solo per citare i due più famosi. Ma tutti possiamo provare ad incamminarci verso questa esperienza, perché contemplare è la verifica più vera di una fede meno religiosa e più spirituale e carnale al tempo stesso.

Esistono già movimenti e associazioni che la stanno rivalorizzando, come la “Comunità mondiale per la Meditazione Cristiana” – WCCM Italia, o “L’associazione italiana per la Meditazione Cristiana” – AIMC; o anche l’associazioni “La Via del Silenzio”, “La rete della Preghiera del Cuore” o il movimento del “Rinnovamento Contemplativo” (Centering Prayer). Perché non mettere il naso, durante il giubileo, dentro ad una di queste?

(Fonte: VinoNuovo)