Don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli
"Corpus Domini: pane che ha il sapore della pace,
e l’odore primaverile della resurrezione!
Tutti abbiamo bisogno di nutrirci di questo pane...
Corpus Domini, corpus hominis"
SOLENNITÀ DEL SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO
Piazza Mercato, 22 giugno 2025
Sorelle e fratelli, oggi, nella solennità del Corpus Domini, ci ritroviamo a fare memoria del Corpo del Signore, a camminare con Lui, proprio mentre anche il corpo dell’umanità è attraversato dal deserto della guerra e della violenza.
Le notizie di queste ore non ci lasciano indifferenti. Viviamo un tempo dilaniato dall’escalation in Medio Oriente, lacerato da quella “guerra mondiale a pezzi” di cui per anni ci ha parlato Papa Francesco. E in questo tempo, che sembra incapace di trovare vie di pace, ci raccogliamo attorno all’Eucaristia anche per implorare quel dono della pace disarmata e disarmante, che Papa Leone ci ha indicato come il primo vero dono del Risorto. Dono che in questo tempo la Chiesa, anche la nostra Chiesa di Napoli, deve custodire, invocare, donare, senza riserve, senza timore.
In questo tempo così difficile anche noi, come i discepoli, sperimentiamo la solitudine, lo smarrimento, la fame. E mentre siamo ancora nel deserto, arriva anche la sera. La sera della stanchezza. Come quella dei Dodici. Per loro, come per noi, stare dietro a Gesù è impegnativo. Vorrebbero probabilmente non solo riposarsi e mangiare, ma anche vivere finalmente un tempo di intimità con il Maestro. È comprensibile che pensino alla loro stanchezza, ma colpisce che non sentano la compassione per la stanchezza degli altri. Vedono la stanchezza della folla, ma non la sentono come un loro problema. Non ritengono che sia un loro compito. Comprendono che la gente ha bisogno di cercare da mangiare e per questo chiedono a Gesù di mettere le persone in condizione di andare a trovare “altrove” una risposta alla loro fame. Non vedono una relazione tra l’insegnamento di Gesù e il problema concreto della fame della gente. Che non è solo fame di pane, è fame di senso, è fame di amore. Le parole di Gesù sono forse per loro solo consolatorie, un incoraggiamento, un sostegno, ma poi effettivamente la vita va vissuta altrove con i suoi problemi. Ma Gesù non manda via nessuno. E condividendo la fame dell’uomo, condivide il volto del Padre. I Dodici sono ancora all’interno di una logica mondana, quella del comprare. Forse non si accorgono del verbo differente usato da Gesù, il quale li invita a dare. I Dodici hanno tutto quello che serve, ma non se ne accorgono: cinque pani e due pesci, cioè sette elementi! La pienezza, eppure pensano che la gente debba andare a cercare altrove quello di cui ha bisogno. Non hanno compreso, o non credono ancora, che Gesù è la risposta alla fame della gente.
«Fateli sedere a gruppi», create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell’altro, e faccia circolare il pane e il tempo che avrà fra le mani. Metteteli in relazione, che facciano casa. La condivisione dei pani e dei pesci inizia con una richiesta illogica di Gesù ai suoi: date loro voi stessi da mangiare. La sorpresa di quella sera è che la fine della fame non sta nel mangiare a sazietà, da solo, il tuo pane, ma nel dividere con gli altri il poco che hai, il bicchiere d’acqua fresca, un po’ di tempo e un po’ di cuore. Gesù avanza questa pretesa irragionevole e profetica per dire a noi, alla Chiesa, di seguire la voce della profezia e non quella della ragione. Tutti mangiarono a sazietà. Quel «tutti» è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno è escluso. È volontà di Dio che anche la sua Chiesa sia così: capace di guarire, dare, saziare, accogliere, capace come gli apostoli di mettere in comune quello che ha, fosse anche la sua povertà. Perché è solo nella condivisione che il pane diventa benedizione, sempre (alzò gli occhi al cielo, lo benedisse, e lo spezzò). I pani e i pesci non sono moltiplicati (come di solito si usa dire), ma vengono distribuiti. Condivisi. Il miracolo vero sta nella condivisione.
Da questa condivisione, da questa logica nuova, nasce il popolo nuovo di Dio: un popolo che si riconosce attorno a un pane spezzato, non solo da adorare, ma da accogliere, da condividere, da vivere. Oggi questo Vangelo risuona come un appello forte alla Chiesa, a ciascuna delle nostre comunità, a ciascuno di noi: come stiamo condividendo il pane che Gesù mette nelle nostre mani? E ancora: quali fame ci abitano davvero? Non solo quella del corpo, ma anche la fame esistenziale, quella che risuona come una perenne insoddisfazione, quella dello spirito assetato di senso, quella del cuore affamato di amore e di cura.
Sorelle e fratelli, la festa del Corpus Domini è anche un appello personale e profondo a interrogarci sui luoghi in cui andiamo a cercare risposta alla nostra fame, soprattutto quando attraversiamo i deserti della vita, quando il buio ci sorprende prima ancora di aver trovato una via. Ed è lì, proprio lì, che siamo chiamati ad avere fiducia nel nutrimento di Dio, a lasciarci raggiungere dal suo pane, che non solo sazia, ma salva. Un pane che consola senza anestetizzare, che sostiene senza illudere, che accompagna mentre insegna a camminare. Un pane che ha il sapore della pace, e l’odore primaverile della resurrezione!
Tutti abbiamo bisogno di nutrirci di questo pane, di questa mensa che ci accoglie anche quando ci sentiamo scomodi. E poi, nutriti, ciascuno può diventare sosta che ospita lacrime e sorrisi, che allarga e allenta il respiro, che rinfranca passi di speranza.
Il «pane vivo, disceso dal cielo» è il sacramento della memoria che ci ricorda, in modo reale e tangibile, la storia d’amore di Dio per noi. Non è una memoria astratta, ma la memoria vivente e consolante della Sua tenerezza. Nell’Eucaristia c’è tutto il gusto delle parole e dei gesti di Gesù, il sapore della sua Pasqua, la fragranza del suo Spirito. Ricevendola, si imprime nel nostro cuore la certezza di essere amati da Lui. Non possiamo fare a meno dell’Eucarestia, perché è “il memoriale di Dio” che guarisce la nostra vita. Penso alla vita di tanti segnata “da mancanze di affetto e da delusioni cocenti, ricevute da chi avrebbe dovuto dare amore e invece ha reso orfano il cuore”, e Gesù guarisce “immettendo nel nostro cuore un amore più grande: il suo”. E se davvero lo accogliamo, l’amore di Gesù “che ha trasformato un sepolcro da punto di arrivo a punto di partenza, allo stesso modo può ribaltare le nostre vite”.
Questo pane è forza, è coraggio, è vita. È amore. E solo l’amore guarisce alla radice la paura e libera dalle chiusure che imprigionano”. Nell’Eucaristia si afferra il “qui e ora” per farne già l’aldilà. L’Eucarestia è la forza che trasforma la notte in giorno, il tradimento in dono d’amore, Giuda in Giovanni. L’Eucarestia non è dolciastra, ma è vera quanto più è drammatica: non è quella celebrata con il pane degli angeli ed astrattamente incensata, ma l’Eucarestia più vera è quella che coinvolge le tue lacrime, le tue fatiche, i tuoi dolori, i tuoi drammi. Spezzare il pane e riceverne un pezzo, riempire il calice e berne un sorso, è spezzare la solitudine, è bere la solidarietà, è accrescere la fraternità, una fraternità universale. Che nasce dal cuore di Dio, nostra vita, nostro amore!
L’Eucaristia infatti ci ricorda anche che non siamo individui, ma un corpo. L’Eucaristia non è un sacramento “per me”, è il sacramento di molti che formano un solo corpo. L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Chi la accoglie non può che essere artefice di unità. Unità interiore, unità con gli altri. Uno con il Corpo del Signore, unito alle mie sorelle e ai miei fratelli con cui formo un solo corpo:
Corpus Domini, corpus hominis.
Corpo del Signore, corpo dell’uomo.
Non posso inginocchiarmi davanti all’uno
senza inchinarmi davanti all’altro.
Corpus Domini, corpus hominis.
Corpo spezzato sull’altare,
corpo spezzato nei campi di battaglia,
nelle case dove il silenzio urla,
nelle strade dove la povertà veste volti dimenticati.
Tu Signore ci hai dato il tuo Corpo
perché imparassimo a riconoscere e riparare il nostro corpo,
il nostro cuore e quello di chi ci cammina accanto.
Corpus Domini, corpus hominis.
Corpo offerto per amore,
che nutre la speranza e disseta la sete di senso.
Corpo di donne violate,
di bambini dimenticati,
di uomini abbandonati,
di anziani lasciati soli.
Ogni corpo che geme è un tabernacolo ferito.
Corpus Domini, corpus hominis.
Nel tuo Corpo c’è la mia salvezza.
Nel corpo dell’altro, la mia conversione.
Nel pane che spezzo, l’invito a servire.
Nel fratello e nella sorella che soffrono, l’invito ad amare.
Nel mistero dell’Eucaristia, la forza di tornare sulla strada.
Corpus Domini, corpus hominis.
Facci degni, Signore,
di adorare Te e di abbracciare l’altro.
Facci degni di inginocchiarci dinanzi al tuo amore,
e di alzarci per portarlo dove il dolore ha fatto casa
e dove la Pace chiede di essere seminata a piene mani
e costruita con coraggio, con pazienza.
Corpus Domini, corpus hominis.
Perché senza l’uomo, l’Eucaristia resta incompiuta.
Perché senza la tua Carne,
non so più chi sono
e non so più essere carne per il mondo.
Corpus Domini, corpus hominis.
Fino a quando sarai tutto in tutti.
E tutti saremo in te un Corpo solo.
Una sola Pace, un solo Amore.
Per sempre.
Amen.