8-9 giugno 5 referendum perché votare

“Il voto rafforza la democrazia attraverso la partecipazione dei cittadini” l’ha ricordato il Presidente Mattarella in occasione della Festa della Repubblica. Domenica e lunedì prossimi, gli elettori e le elettrici andando a votare avranno modo di sostenere tale affermazione indipendentemente se voteranno si o no.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro - art uno della Costituzione - che salvaguarda e valorizza la libertà, la dignità umana, il diritto al lavoro degli uomini e delle donne - v.titolo3 Costituzione.
Votare Si ai quesiti referendari significa abrogare norme che hanno consentito licenziamenti illegittimi, non hanno tutelato i lavoratori e le lavoratrici delle piccole imprese, non hanno ridotto il lavoro precario né quello insicuro. Inoltre il referendum sulla cittadinanza italiana ridurrebbe da dieci a cinque anni di residenza legale per riconoscere la cittadinanza ai lavoratori extra comunitari. A tal proposito bisogna ricordare agli smemorati sovranisti che l’Italia da sempre è stata terra di accoglienza dei migranti fuggiti dalla fame e dalle guerre come testimonia quella accordata ai Troiani guidati da Enea dopo la distruzione di Troia. A sua volta l’Italia moderna, nel corso della sua storia più recente, ha vissuto le migrazioni della parte più disagiata del suo popolo com’è documentato dalle vicende dei Fasci siciliani, delle due guerre mondiali, della Repubblica fino a oggi con la fuga delle migliaia di giovani laureati e diplomati.
Il voto, dunque è un diritto al quale non possiamo né dobbiamo rinunciare. È inconcepibile che esponenti dell’attuale classe politica di governo invitino gli elettori a non votare sperando cosi di non superare il quorum referendario. Non si vota per un partito, ma per un diritto costituzionale che si difende anche votando No.
I quesiti referendari mirano a ribadire che il lavoro non può essere considerato una merce, essere sottoposto a sfruttamento e sottratto alle regole costituzionali di valorizzazione della persona. Nell’attuale fase di crisi della globalizzazione neoliberista dell’economia che ha arricchito i più ricchi del mondo, accresciuto la povertà della maggioranza degli abitanti del globo e conflitti armati in cinquanta parti del mondo, urge una governance democratica globale che riesca a imporre una pace giusta e duratura. Anche il voto di domenica e lunedì prossimi può dare un segnale in tal senso.
(fonte: Articolo 21 - autore: Vito Lo Monaco 03/06/2025)
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Sulla questione dei referendum ecco la posizione della Chiesa italiana.
Il servizio del TG2000 05/06/2025
Leggi anche il Comunicato finale del Consiglio Permanente della CEI del 27 maggio 2025
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Monsignor Savino:
«Votare al referendum? Un atto di resistenza civile»
Per il vescovo di Cassano e vicepresidente della Cei, i quesiti referendari, che attengono alla sicurezza e alla dignità del lavoro e alla cittadinanza sono una irrinunciabile occasione per i cittadini di riappropriazione del proprio ruolo
«I referendum sono la nostra possibilità per dire come la pensiamo e attivare processi di cambiamento». All’indomani del Consiglio permanente della Cei monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana riparte dal comunicato finale in cui, a proposito dei quesiti sui quali siamo chiamati a votare l’8 e il 9 giugno, richiama a un «attento discernimento». E aggiunge che, «a questo va affiancato a una riflessione seri e documentata perché quattro dei quesiti toccano i lavoro e la quinta un tema, la cittadinanza, sul quale ci giochiamo un po’ la nostra civiltà e la possibilità di una democrazia matura».
Quindi, secondo lei, occorre andare a votare?
«Ho sentito lo slogan “il voto è la nostra rivolta”. Questo termine è siuramente eccessivo, però direi che il voto dice il nostro impegno a non lasciare che gli altri decidano per noi. E vorrei richiamare l'attenzione su cinque parole che sono le chiavi di lettura, a mio avviso, di questi quesiti: lavoro, sicurezza, dignità, cittadinanza e democrazia. Si tratta di temi importanti. E mi piace guardare al referendum come a una scuola di partecipazione e di cittadinanza. Per questo parlare di astensione mi sembra un paradosso».
Ma anche non andare a votare è legittimo.
«Certo. È legittimo da parte del cittadino esprimere la sua contrarietà non andando a votare. Probabilmente, però, andrebbero cambiate le regole. Penso che sarebbe meglio alzare il numero di firme necessario per proporre un quesito - magari da 500mila a un milione - ma poi abbassare il quorum in modo da dare la possibilità reale ai cittadini di esprimere le proprie idee. Ritengo che il referendum abbia un valore civico enorme, non solo per il contenuto specifico dei quesiti, ma per il fatto stesso che chiama i cittadini a esercitare un potere sovrano. Non votare, a mio avviso, significa rinunciare a un'occasione di riappropriazione del proprio ruolo».
E dunque cosa fare?
«Innanzitutto approfondire. Non votare per tifoserie, ma perché si è pensato, si è discusso, si è valutato. In questo modo il referendum diventa un laboratorio di intelligenza collettiva. Se pensiamo che il modo migliore per fare una legge sia evitare che venga discussa abbiamo smarrito il senso della democrazia deliberativa. Il politologo Giovanni Sartori diceva che la Democrazia vive se c'è partecipazione informata, altrimenti si svuota di senso».
Ma anche la Cei in passato ha invitato a non andare a votare.
«Si trattava dei quesiti sulla fecondazione assistita ed era in gioco una grande questione bioetica che qui non c’è. E comunque anche allora nella Cei c’erano diverse sensibilità».
Sullo specifico dei quesiti cosa dice?
«Per quanto riguarda la cittadinanza, che significa passare dai dieci ai cinque anni per ottenerla mi sembra che occorre una riforma complessiva. Al momento la questione viene affrontata con un approccio securitario, di pregiudizio nei confronti delle nostre sorelle e dei nostri fratelli migranti, che sono, invece, una risorsa, un capitale umano. Vengo dalla scuola di don Tonino Bello che mi ha educato alla convivialità delle differenze, laddove la differenza evidentemente è una risorsa e non un problema. Parlo di diversità di ogni tipo e di ogni genere. Il mio presupposto, dunque, prima di votare, è di riflettere e documentarsi. Qui non si toccano questioni dogmatiche, che investono la nostra professione di fede, ma sono quesiti importanti per il nostro essere cittadini. Si tratta della dignità del lavoro, della sicurezza sul lavoro, dei nostri fratelli migranti. E allora non entro nel merito di quello che ciascuno vuole votare, ma, ripeto, penso che il referendum è non solo un diritto, ma è un atto di resistenza civile alla logica della rassegnazione, un gesto di cura per la democrazia. Un affare che riguarda tutti».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Annachiara Valle 30/05/2025)
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Referendum: don Ciotti,
“andate a votare, è un atto di democrazia. Per evitare l’avanzata del disinteresse, della delega, dell’autorità e anche un po’ della rassegnazione”
“Mancano 48 ore e come voi sapete l’esercizio del voto è un dovere civico, non un obbligo ma un impegno che come cittadini siamo invitati tutti a rispettare, nello spirito di contribuire alla costruzione di quell’Italia che proprio la nostra Costituzione immagina come un progetto sempre in divenire”.
Con queste parole don Luigi Ciotti, presidente di Libera, in un video sui profili social dell’associazione, lancia un appello ad andare a votare l’8 e il 9 giugno per i referendum.
“L’avvenire è dove scegliamo di andare, non è un destino ineluttabile che stiamo lì ad aspettare – osserva don Ciotti -. Il futuro è la forma che scegliamo noi, di essere e di fare. Dobbiamo mettere la nostra faccia per il cambiamento che tutti quanti sogniamo. È un invito, votare, a non restare passivi di fronte alle sfide dell’oggi e per evitare l’avanzata del disinteresse, della delega, dell’autorità e anche un po’ della rassegnazione. È un atto di democrazia”.
Il presidente di Libera conclude: “L’avvenire non è solo l’impegno di un singolo e possiamo plasmarlo soltanto insieme. Referendum, quindi, importanti, sui temi del lavoro tra cui quello sulla sicurezza sul lavoro e sulla cittadinanza. Mancano 48 ore, è importante esserci”.
(fonte: Sir 06/06/2025)
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Vedi anche il post precedente: