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giovedì 30 settembre 2021

«Cibo per tutti, buono e pulito» Intervista a don Luigi Ciotti

«Cibo per tutti, buono e pulito»

Tre giorni a Fondi, nell’agro pontino, a discutere di diritti in agricoltura con Casacomune. Intervista a don Luigi Ciotti


Tre giorni serrati, organizzati dall’associazione Casa Comune, Laudato sì Laudato qui presieduta da Luigi Ciotti da venerdì a domenica 3 ottobre a Fondi, in provincia di Latina, in quell’agro pontino in cui 30 mila braccianti indiani sikh lavorano in condizioni spesso terribili. Luigi Ciotti, fondatore di Casacomune, ha voluto questa edizione del cibo che cambia il mondo. Titolo: «Diritti della terra e diritti delle persone. Per un Mediterraneo capace di futuro».

Luigi, perché quest’anno a Fondi a parlare di cibo e ancora di agricoltura e agricoltori?

Innanzitutto per sostenere e incoraggiare l’impegno comune di associazioni e realtà del sociale, magistratura e forze di polizia in una zona contaminata o quantomeno condizionata dalla presenza mafiosa. Non a caso la Relazione semestrale al Parlamento della Direzione Investigativa Antimafia parla del Mercato Ortofrutticolo di Fondi come di una «realtà economica significativa», parte di un settore che «non avendo subito danni a causa della pandemia, è da considerare particolarmente attrattivo per gli investimenti imprenditoriali mafiosi». Ma, a fare da contorno alla presenza criminale – e, più o meno indirettamente, alimentarla – c’è un sistema economico che, in nome del profitto, permette sfruttamento e umiliazioni su vasta scala. Secondo i dati più aggiornati sono infatti circa 450 mila le persone assoggettate da un verso alla violenza mafiosa, dall’altro all’ingiustizia economico-politica. Un affare – per non dire una vergogna – che frutta un giro d’affari che l’Eurispes ha stimato attorno ai 24,5 miliardi annui.

Sui grandi temi dello sfruttamento in agricoltura e del caporalato quest’anno chiamate in ballo l’Europa. Stefania Prandi, vostra relatrice, ha presentato un dossier shock sulle raccoglitrici di fragole marocchine in Spagna. Avete chiamato parlamentari europei e lo stesso presidente del parlamento. Perché?

Perché quello del cibo è un problema europeo, anzi globale. Un problema enorme. È inaccettabile che un bene primario legato a un bisogno essenziale come quello di nutrirsi sia ridotto a merce. È scandaloso che il dogma del profitto condizioni dei processi vitali e tenga sotto sequestro beni universali indispensabili. Un cibo pulito e di qualità – prodotto da una Terra rispettata e coltivata con amore – deve essere garantito a tutti e a un prezzo equo.

Parlate molto di Mediterraneo, con esempi di aziende che riescono a conciliare diritti e qualità, con relatori che guardano avanti verso un Mediterraneo del futuro: cosa significa per voi?

Il Mediterraneo è stato una culla della civiltà non solo europea ma occidentale. Un crogiuolo di culture e popoli che si sono incontrati e positivamente contaminati, arricchendo la loro umanità. Una civiltà nella sua essenza meticcia, civiltà non tanto interculturale ma transculturale. Ebbene, in questa fase di crisi e di smarrimento l’apertura al futuro e alla speranza richiede un recupero di quell’anima originaria, che il dogma del mercato e la dittatura del profitto hanno disperso o corrotto. Un Mediterraneo pacificato dai conflitti e al tempo stesso sanato da egoismi, chiusure e abusi. Mi riferisco alle violazioni dei diritti umani compiute in Libia e Egitto nel silenzio indecente – contropartita di affari miliardari – delle potenze occidentali. Un Mediterraneo di pace e giustizia può essere lo spazio di un inizio che sia davvero nuovo, di un cambiamento che non sia un semplice adattamento.

Avete organizzato un corso con tanti relatori: sindacati, associazioni, la Chiesa, movimenti, imprese ed anche esponenti di partiti: cosa chiedete?

Chiediamo più “noi” a partire da noi, da questa rete di realtà, associazioni, movimenti che, pur con riferimenti culturali, spirituali, politici diversi, condividono lo stesso obbiettivo e l’impegno per raggiungerlo: costruire un mondo dove le persone vivano in pace e giustizia rispettate nella loro dignità, e al contempo in armonia con la natura, la Terra che ci ospita e nutre. La Terra che è davvero la nostra “casa comune”, come insieme ad amici e collaboratori ho voluto chiamare una realtà che, tramite seminari, incontri e azioni, vuole contribuire a quella conversione ecologica di cui parla Papa Francesco nella Laudato sì. Conversione e non semplice transizione perché per salvare il pianeta, e dunque noi stessi, occorre un cambiamento delle coscienze, una profonda, radicale, trasformazione culturale.