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martedì 21 settembre 2021

LETTERA AI FRATELLI E ALLE SORELLE NEL CARMELO, AI FEDELI E AGLI AMICI NEL QUARANTENNIO DELLA FRATERNITÀ CARMELITANA DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)

LETTERA 
AI FRATELLI E ALLE SORELLE NEL CARMELO, a
AI FEDELI E AGLI AMICIa
NEL QUARANTENNIO DELLA a
FRATERNITÀ CARMELITANA a
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)


    Nel toccare la soglia dei quarant’anni di esistenza, la Fraternità Interprovinciale di Pozzo di Gotto, composta da fr Egidio, fr Gregorio, fr Aurelio e fr Alberto, intende rendere grazie al Signore per la grande misericordia con la quale Egli l’ha accompagnata nel corso di questi quattro decenni. Senza la sua mano, che ci ha guidati, corretti e sostenuti, la fraternità si sarebbe incagliata certamente in qualche secca. Oggi, rivolgendo lo sguardo indietro, possiamo confessare che la sua Presenza ha avuto ragione delle nostre deficienze e al tempo opportuno ci ha mandato le persone, che ci hanno aiutato nel compiere un vero discernimento sul cammino intrapreso.
    Il nostro primo pensiero vuole andare a tutti quei religiosi e religiose e a tutti quei laici, che non hanno avuto modo né di conoscere direttamente la fraternità e nemmeno la storia che ne ha permesso la nascita. 
    La fraternità interprovinciale di Pozzo di Gotto si è ritrovata al suo completo nei primi giorni dell’ottobre 1981 ed in quei giorni iniziava il suo cammino con un corso di esercizi predicati da quel padre gesuita, p. Pino Stancari, che durante il corso di tutti questi anni ha continuato a tenere una settimana estiva di lettura di un libro della Bibbia che ci ha fatto tanto crescere nella conoscenza della S. Scritture e nella fede. In quel corso di esercizi, p. Pino ci ha aiutati a rileggere le due grandi figure bibliche di Elia e di Eliseo, che l’Ordine Carmelitano ha sempre considerato come fonte di ispirazione per vivere il carisma ricevuto.
     Inizialmente la fraternità comprendeva sei membri: fr Emidio dell’allora Provincia Romana, fr Santino Scapin del Commissariato Veneto, fr Egidio della Provincia Napoletana e fr. Alberto, fr Aurelio, fr Gregorio della Provincia Siciliana. Nel giugno 1982 fr Emidio ritornava in provincia, mentre fr Santino Scapin lasciava la fraternità nel 1985 e da allora la fraternità è rimasta composta da quattro membri, tre della nuova Provincia Italiana e uno, fr Egidio, di quella Napoletana.


Un po’ di storia

   Il contesto storico, che ha fatto da “humus” per la nascita della fraternità, era quello del “post-concilio” con tutte le sue spinte di rinnovamento e di recupero del carisma fondazionale. Nei primi anni ’70, soprattutto all’interno del Collegio S. Alberto si fece strada in un gruppo di chierici delle Provincie italiane un desiderio di impegno missionario, ma che non trovò uno sbocco concreto se non nella generosità di fr Lauro, che si unì al gruppo di Bogotà. A passare dal desiderio ai fatti fu, invece, la Provincia Romana, che accogliendo una sollecitazione dei Padri Bianchi diede vita alla grande avventura del Congo. 
    Accanto all’anelito missionario restava sotto traccia l’urgenza di rinnovare la vita religiosa così come veniva condotta nei vari conventi. Nacquero in quegli anni alcune esperienze di un certo interesse: una a “Via Stradata” nel Commissariato Veneto, un’altra a Castel Gandolfo nella Provincia Romana e un’altra a Licata nella Provincia Siciliana. 
  Sull’onda di queste esperienze si avvertì l’opportunità di convocare un’assemblea aperta a tutti i religiosi delle Provincie italiane per provare ad immaginare delle comunità interprovinciali, che meglio rispondessero al bisogno di rinnovamento. Il primo incontro fu tenuto a Pozzo di Gotto, dove parteciparono in tutto sedici frati carmelitani italiani e maltesi. Dal confronto emersero due tendenze: un gruppo voleva orientarsi verso una comunità che mettesse a fuoco l’aspetto culturale, l’altro, invece, preferiva che venisse privilegiato il recupero dell’ispirazione monastica, presente nella Regola del Carmelo e nella tradizione dei Frati Mendicanti, sempre rilanciata nella tradizione dell’Ordine.
   Ci si diede appuntamento a Vico Equense (NA) per cercare di meglio definire i lineamenti di queste due possibili comunità. Il progetto di una comunità culturale non trovò l’adesione di frati provenienti da altre provincie italiane, se non solo dalla provincia Romana, e per questo non si realizzò. Invece il progetto di una comunità che coltivasse un “animo monastico” in uno stile di vita da frati Mendicanti, andò avanti nella sua realizzazione. Secondo la maggioranza dei frati che vi avevano aderito, essa doveva orientarsi per un convento del Sud, data la scarsità di esperienze ecclesiali in questo territorio, non doveva avere impegni parrocchiali, non doveva diventare “casa di noviziato” (per offrire la proposta di uno stile di vita carmelitano normale e non adatto solo per il noviziato), ma doveva privilegiare la vita fraterna centrata sulla preghiera, sulla ‘lectio divina’, sulla celebrazione comunitaria dell’Eucarestia quotidiana, sul “capitolo” (riunione comunitaria) settimanale. Per quanto riguarda l’ambito delle diaconie apostoliche andava privilegiato il ministero della Parola, lo studio della Spiritualità con particolare attenzione ai Santi mistici del Carmelo e l’ospitalità per ritiri ed esercizi spirituali, giornate bibliche e di spiritualità. L’incontro di Vico Equense si chiuse con la conta di chi era subito pronto a far partire questa comunità così immaginata. Del gruppo dei partecipanti fummo in sei a dare la nostra adesione e da quel momento, con il consenso dei vari priori provinciali, si iniziarono a programmare le varie convivenze per conoscerci meglio e meglio affinare il progetto di vita. 
     Arrivò così, nei primi di ottobre del 1981, il tempo fissato per l’inizio effettivo della comunità. Come sede della comunità fu scelto il convento di Pozzo di Gotto, perché rispondeva ad alcuni requisiti, che erano emersi nell’incontro di Vico Equense: esso non era sede di parrocchia, disponeva di camere sufficienti per l’ospitalità, si trovava al Sud ed allo stesso tempo veniva incontro alle preoccupazioni del Provinciale della Sicilia, perché oltre a privarsi di tre frati si ritrovava un convento totalmente sguarnito di una presenza carmelitana. 
       Dopo qualche mese ci siamo presentati all’arcivescovo di Messina, mons. Ignazio Cannavò. A lui, in quanto pastore di questa Chiesa locale, facemmo presente che il nostro primo servizio che potevamo offrire alla diocesi sarebbe stato quello di vivere seriamente il progetto di fraternità evangelica in conformità al carisma del Carmelo, facendo del convento un luogo aperto all’ospitalità e ad una esperienza di ascolto orante della Parola e di preghiera personale e comunitaria. Escludemmo qualsiasi impegno di assunzione di una parrocchia, mentre ci dichiarammo disponibili a tutte le diaconie inerenti all’approfondimento della Parola, alla riflessione sul vissuto spirituale della vita cristiana ed all’offerta di ritiri ed esercizi spirituali.
       Per grandi linee questa è stata la genesi della fraternità interprovinciale di Pozzo di Gotto, che nella lunga storia di questi quarant’anni non ha mai inteso estraniarsi dalla vita della “Regio Italia-Malta” e delle Provincie italiane e, a maggior ragione, dal cammino dell’Ordine.


Il delegato della comunità e gli Statuti

      Essendo impossibile confrontarsi con tutti e sei i provinciali del tempo, la comunità chiese ed ottenne che i priori provinciali nominassero un loro Delegato, che da una parte vigilasse sul cammino intrapreso dalla comunità, presenziando alla verifica ed alla programmazione annuale di essa ed allo stesso tempo fungesse da interfaccia con il “collegio” dei provinciali, riuniti nella “Regio Italia-Malta”. Il primo ad assumere questo incarico fu p. Carlo Cicconetti, che ci guidò con molta sapienza e con grande discernimento. Dopo di lui si sono succeduti i provinciali, che per un triennio nominavano uno di loro a svolgere il ruolo di Delegato per la nostra comunità; e così si è andati avanti fino ad oggi.                Dopo un breve tempo di assestamento fu lo stesso p. Carlo Cicconetti a suggerire alla comunità l’opportunità di dotarsi di uno Statuto, che esplicitasse per grandi linee lo stile di vita che si intendeva vivere. Una volta stilato, lo Statuto venne approvato dal “collegio” dei provinciali. 
        Lo Statuto contiene la motivazione soggiacente alla nascita della Fraternità di Pozzo di Gotto, le finalità, lo stile di vita e la configurazione giuridica. Nel paragrafo riguardante le finalità è scritto che la comunità si propone di: 
- riscoprire l’“animo monastico” presente nelle radici del Carmelo; 
- vivere una concreta esperienza di vita tra fratelli, frutto dell’accoglienza dell’amore trinitario; 
- perseverare nell’assiduo ascolto e preghiera della Parola del Signore;
 - essere presente nel territorio, attenta alla voce ed ai bisogni del popolo. 

   Nel paragrafo riguardante lo stile di vita vengono esplicitati i punti essenziali della vita comunitaria. Essa deve essere contrassegnata da relazioni veramente fraterne, fondate nel Signore e, di conseguenza, sulla fiducia, sull’accoglienza reciproca, sul dialogo e sul rispetto dell’altro. Questo porta a valorizzare il “capitolo” (riunione comunitaria) settimanale di comunità, dove si decidono comunitariamente gli impegni dei singoli frati, le iniziative da prendere, le opere da realizzare, ma è anche il luogo dello studio comunitario – a mo’ di formazione permanente – dei documenti della Chiesa e dell’Ordine e dei nostri mistici carmelitani. 
   Oltre al valore umano ed evangelico della fraternità, l’altro punto qualificante è la preghiera personale e comunitaria con particolare attenzione alla “lectio divina”, che quotidianamente si svolge in modo personale, di solito sul vangelo offerto dalla liturgia del giorno, mentre il venerdì la “lectio” è in forma comunitaria e riguarda le letture bibliche della liturgia domenicale. 
    Gli altri due aspetti che vorrebbero caratterizzare lo stile della comunità comprendono la povertà evangelica e la diaconia apostolica. La prima è da vivere non solo personalmente, ma anche comunitariamente, per cui la fraternità ha scelto di svolgere i vari ministeri in modo gratuito, sull’esempio dell’apostolo Paolo. 
     Per quanto riguarda la diaconia apostolica è scritto che la fraternità privilegia: 
- il ministero della Parola e dell’iniziazione alla “Lectio” e alla preghiera 
- il ministero dell’accoglienza a quanti desiderano vivere in fraternità momenti di silenzio e di riflessione.
   Nel corso degli anni, la diaconia apostolica si è allargata alla cappellania dell’ospedale civico di Barcellona Pozzo di Gotto, all’insegnamento della teologia spirituale presso lo Studio Teologico S. Paolo di Catania e della teologia della vita consacrata presso l’Istituto Teologico S. Tommaso di Messina, la collaborazione agli itinerari di formazione biblica, teologica e spirituale del vicariato di Barcellona Pozzo di Gotto, l’accompagnamento spirituale al movimento “Incontro Matrimoniale”, gli esercizi spirituali all’istituto secolare della Regalità, come pure ritiri ed esercizi spirituali a seminaristi, diaconi e presbiteri della diocesi di Messina e delle altre diocesi della Sicilia, il volontariato presso il carcere di Barcellona Pozzo di Gotto.

Tempo di bilanci 

   Una sincera valutazione di questi lunghi anni della fraternità interprovinciale di Pozzo di Gotto è quanto mai opportuno offrirla prima che giungano malattie o altre inabilità, che renderebbero difficile un discernimento comunitario.
    La prima cosa che ci sentiamo di dire è proprio questa: siamo ben felici di aver potuto vivere questa esperienza da frati carmelitani. Il nostro Ordine, pur se piccolo, ci ha permesso e ci ha sostenuto nel portare avanti questo progetto di vita carmelitana. Allo stesso tempo il Carmelo e la sua ricca tradizione spirituale 4 ci hanno permesso di attingere quelle ispirazioni e quelle motivazioni, che ci hanno dato modo di restare nell’alveo del Carmelo. 
   Strettamente legata a questo rapporto con l’Ordine e con le provincie italiane è la domanda sul come sia stato vissuto tutto questo e su quale piano sia stato possibile realizzare una vera collaborazione.           Cercando di fare una sintesi brevissima di questo lungo arco di anni, si può ben dire che la fraternità è sempre rimasta disponibile ad ogni richiesta della Curia Generalizia, soprattutto nella persona di fr Alberto, che ha sempre partecipato alle varie Commissioni Internazionali, che nel tempo sono state formate.
   La stessa disponibilità è stata offerta per quanto riguarda la vita della “Regio Italia-Malta”, all’interno della quale fr Egidio ricevette l’incarico di Delegato per la cultura. Frutto di questo impegno fu allora l’organizzazione del convegno a Sassone (fine agosto-inizio settembre 1989) sulla marianità del Carmelo.
   Sempre in ordine a questa disponibilità non si può non ricordare la collaborazione di fr. Egidio con la provincia Napoletana riguardo alla formazione permanente della stessa, che portarono alla pubblicazione di alcuni testi di formazione carmelitana, dei quali vanno citati: “Ravviva la bellezza del Carmelo”, “Figli dei Profeti” (su Elia ed Eliseo) e “Paolo Apostolo e Maestro”
   La collaborazione con le Provincie italiane si affievolì fino a ridursi alla semplice cura della pubblicazione della rivista Horeb e all’accoglienza di novizi e chierici per un’esperienza di alcuni giorni per la formazione o per esercizi spirituali. Il motivo di questo affievolimento fu strettamente legato alla fine della “Regio Italia-Malta”, alla unificazione di ben quattro provincie e alla relativa nascita della Provincia Italiana. Venne meno la disponibilità a lavorare per progetti condivisi, per cui sia la nuova provincia Italiana, sia le altre preferirono chiudersi nei propri recinti.
    In questa nuova situazione la fraternità di Pozzo di Gotto non riuscì a rilanciare un impegno comune, che portasse ad approfondire insieme alcune grandi figure del Carmelo, tenendo conto dei vari centenari, che in questi anni sono stati celebrati. Non riuscì nemmeno ad aprire un dialogo con le comunità presenti in Sicilia per un più fruttuoso lavoro con il laicato carmelitano e con la pastorale vocazionale. Le uniche esperienze, che ricordiamo, furono le giornate per il TOC di Messina, quando era priore e parroco fr Andrea Buccheri e un paio di convivenze vocazionali, proposte da fr. Franco Collodoro. Paradossalmente gli interlocutori più assidui della fraternità sono state realtà che non facevano alcun riferimento al Carmelo. 
    L’altro aspetto dolente della fraternità di Pozzo di Gotto è quello di non aver fatto nascere alcuna nuova vocazione e nel non aver avuto la forza di attrarre nessun confratello, che volesse condividere la nostra stessa vita, anche per un tempo limitato. Quale giudizio dare in proposito? Nel discernimento, che varie volte abbiamo cercato di portare avanti, ci siamo resi conto che forse tutto questo era la normale conseguenza della scelta di non dar vita ad un proprio gruppo giovanile per non entrare in concorrenza con la parrocchia, cui apparteniamo e con quelle del vicariato di Barcellona P.G. Resta, comunque, l’evidenza di una fraternità senza futuro. 
     Noi siamo convinti, oggi, che questa dolorosa constatazione ci spinge a leggere tutto sul piano della pura gratuità. Con i servi della parabola di Luca anche noi possiamo dire: «Abbiamo fatto quanto dovevamo fare. Siamo servi inutili» (Lc 17,10). L’“inutilità” di cui parla la parabola fa riferimento al “non utile” proprio, al non-guadagno personale che non va ricercato come fine primario e utilitaristico. È quanto, d’altronde, ci insegna Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Vita consecrata: «Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio nel suo essere sovrabbondanza di gratuità e d’amore» (n. 105). E anche l’insegnamento di papa Francesco per ciò che ha sottolineato nel discorso ai rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese nel recente viaggio apostolico a Budapest: «Spesso cerchiamo i frutti, i risultati, l’affermazione. Ma Colui che fa fruttare la sua Parola in terra con la stessa dolcezza della pioggia che fa germogliare il campo (cfr Is 55,10), ci ricorda che i nostri cammini di fede sono semi: semi che si trasformano in radici sotterranee, radici che alimentano la memoria e fanno germogliare l’avvenire. È questo che il Dio dei nostri padri ci chiede».
    Oggi ci sentiamo in pace con Dio e con il nostro cuore, perché siamo sicuri di non aver inseguito una nostra illusione e di non aver cercato una nicchia felice dove annidarci. Crediamo di aver cercato di rispondere con tutto il peso delle nostre fragilità a quella chiamata, che comunitariamente abbiamo avvertito.
   In questa lunga esperienza di vita fraterna, centrata sull’ascolto della Parola e sull’Eucaristia, e nondimeno sulla condivisione delle fatiche e delle sofferenze di tanta umanità, ci ha confortato e confermato nel nostro proposito la visita di tante persone, come il vescovo carmelitano Vitalis Wilderink, il Priore generale John Malley, fr. Carlos Mesters, fr. Pedro Arenas, fr. Lauro Negri, fr. Albert Brincat, i frati Servi di Maria fr. Davide Montagna, fr. Luigi De Candido, fr. Giancarlo Bruni e fr. Lucio Pinkus, il gesuita p. Mario Danieli, il frate cappuccino fr. Giovanni Salonia, i teologi don Giovanni Mazzillo, mons. Salvatore Consoli, don Maurizio Aliotta, don Vittorio Rocca, don Giuseppe Schillaci (oggi vescovo), l’amico Maurilio Assenza ed altri. 
    Vogliamo continuare a vivere con freschezza e con impegno l’ultimo tratto della vita personale, ma anche della stessa fraternità, finché – dice il Qohelet – «si spezzi il filo di argento e la lucerna d’oro si infranga e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo» (Qo 12,6).
    Ci avviamo sereni a vivere quest’ultimo tratto, dove i limiti diventeranno sempre più invalidanti fino all’ultimo gesto di “cadere nel pozzo della misericordia di Dio”, che guarderà alle nostre mani vuote per riempirle della sua vita, che non ha mai fine.

Fraterni saluti nel Signore
fr. Alberto, fr. Aurelio, fr. Gregorio, fr. Egidio


17 Settembre 2021 S. Alberto, patriarca di Gerusalemme