Zakia, vedova di Attanasio:
“Prego per il Papa, dia sollievo alle sofferenze dei congolesi”
La moglie dell’ambasciatore ucciso nel febbraio 2021 a Goma commenta l’imminente viaggio di Francesco nella Repubblica Democratica del Congo: “È un messaggio concreto di speranza per un popolo che soffre”. Racconta poi i progetti con l’associazione Mama Sofia in aiuto di donne e bambini e la vita accanto alle tre figlie, dopo la morte del marito: “Non è facile, prima o poi arriverà il momento della verità”
“La visita del Papa nella Repubblica Democratica del Congo è un grande messaggio. Un messaggio concreto di speranza per un popolo che soffre e che ha bisogno di un simbolo di pace e di aiuto spirituale. Di tutto cuore, prego accanto al Papa e spero che porti serenità nel cuore della gente per dimenticare armi e violenza”. La voce di Zakia Seddiki è gentile. Fanciullesca, per certi versi. Quasi sembra non riuscire a contenere la potenza delle sue parole e soprattutto della sua anima, ferita per la morte di Luca. Il suo Luca, l’ambasciatore italiano Attanasio assassinato a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo il 22 febbraio 2021: “È qui... È presente diversamente”, dice al telefono con Vatican News.
"Luca è tra noi"
Parole simili la donna, marocchina, di fede musulmana, le aveva messe nero su bianco nella toccante prefazione al libro del giornalista Fabio Marchese Ragona Luca Attanasio. Storia di un ambasciatore di pace (Piemme). Una lettera d’amore al suo “dolce Tintin”, “modello di giovane” che ha ben rappresentato l’Italia all’estero. Le ha ripetute poi l’anno scorso, il 22 giugno, in un’Aula Paolo VI gremita da circa 5mila persone per l’Incontro mondiale delle famiglie, dove ha offerto la sua testimonianza di moglie e madre. “Ancora oggi, nonostante Luca non sia più tra noi, quell’amore, proprio perché sano e vero, continua. È un amore che non si spegne, che non muore mai”, ha detto davanti al Papa, che ha avuto modo anche di incontrare personalmente.
L'ambasciatore Luca Attanasio
Accanto alle figlie
Era emozionata quella sera, Zakia, e oggi lo è ancora di più pensando che proprio il Papa tra pochi giorni andrà a visitare la terra in cui lei e Luca avevano costruito tante cose, sognato progetti e allacciato rapporti umani. “Abbiamo vissuto questo Paese intensamente”, spiega Zakia. Fa una pausa durante la telefonata, prende fiato, la voce talvolta si incrina, ma non cede alle lacrime. Non vuole soffermarsi sul passato, nonostante il dolore ancora bruciante, ma preferisce parlare dell’eredità del marito che lei ha da portare avanti. L’eredità principale, sottolinea, sono soprattutto le loro tre figlie: Sofia, Lilia e Miral. Le sta crescendo grazie anche al sostegno di mamma Malika, al suo fianco quotidianamente. A loro ha detto che il papà ha avuto un incidente: “È molto complicato, io ho dato loro la versione che è stato un incidente insieme a Vittorio (Iacovacci, membro della scorta ndr) e che purtroppo il medico non è riuscito a salvarli perché non sempre i medici riescono a salvare le persone”.
Zakia Seddiki in un intervento pubblico
La speranza della verità
In realtà “le domande sono tante. Spero che Luca ci darà la forza per gestire questa cosa. Prima o poi, però, arriverà il momento della verità”, afferma Zakia, assicurando piena fiducia nelle istituzioni come pure nella presenza del Pontefice in terra congolese perché possa essere strumento di consolazione per la popolazione che soffre e di conversione per chi continua a fare affari sul sangue della gente. “È un gesto coraggioso di Papa Francesco, anche per la sua salute. Ha voluto questo viaggio, lui sa veramente l’importanza, quello che porterà al popolo congolese”.
Strada insanguinata
“Restare indifferenti alla violenza, alla guerra, equivale a essere complici di chi ha provocato tali sofferenze e ingiustizie. Personalmente voglio dire grazie al Papa per questo gesto di amore e per la sua capacità di farti sentire vicino a chi ha bisogno e i congolesi hanno davvero tanto bisogno”, afferma ancora la moglie dell'ambasciatore. “Il problema del Congo – aggiunge - è molto più grosso, perché da anni c’è una strada insanguinata sulla quale ogni giorno ci sono vedove, orfani, regna la paura. Come Mustafa Milambo (l’autista rimasto ucciso anche lui nel 2021)… Lui rappresenta ogni congolese che lavora per organizzazioni internazionali, che ha sì la garanzia di mantenere la famiglia, ma anche la paura di uscire e non tornare. Speriamo veramente che per quella terra ci sarà la possibilità di sognare, di vedere le cose positive, perché quella terra un giorno conoscerà la pace. Vivremo insieme senza armi”.
Con la mamma e le figlie all'Incontro delle famgile 2022
Gli ideali di Luca
Lei nel Paese è tornata già altre 2-3 volte dopo la morte di Luca, oltre che per chiudere la residenza e recuperare gli effetti personali, anche per “salutare donne e bambini con cui si è creato un rapporto umano”. È tornata pure per gestire l’associazione Mama Sofia, partita dal Congo e ora presente anche in Italia. Attraverso di essa assiste e sostiene donne e bambini dei Paesi sottosviluppati. È una delle “cose concrete” con cui, secondo la donna, va ricordato il marito: “I suoi ideali di pace, giustizia, solidarietà tra i popoli. Anche le nostre bimbe hanno bisogno di continuare la strada che era prevista dal papà”. “Luca – dice - ha lasciato a tutti noi, soprattutto ai giovani, la prospettiva di sognare, di fare una scelta e far parte le istituzioni, di servire lo Stato che è un compito che si può fare con umanità”.
Il lavoro di Mama Sofia
Tutti i progetti di Mama Sofia nel settore sanitario, educativo e dell’accesso all’acqua potabile sono attualmente attivi. A cominciare dal gruppo di lavoro autonomo "I bambini dell'Ambasciatore" e l'iniziativa grazie alla quale in dodici Paesi africani saranno offerti 32 corsi certificati in lingua italiana ed altrettante borse di studio per la partecipazione a corsi universitari in modalità telematica.
“Tutto questo è un modo di trasmettere un messaggio di pace concreto. Ogni cosa va avanti per e con Luca diversamente presente, è stato il primo sostenitore come marito e come diplomatico”. Certo, oltre ai progetti a lungo termine, ci sono le richieste di emergenza. E in un Paese “complesso” e “talmente povero” come la Repubblica Democratica del Congo sono continue. “Andiamo avanti… Cerchiamo di promuovere la pace, la giustizia, la solidarietà, attraverso attività culturali e di interesse sociale. Quello che è accaduto alla mia famiglia mi dà ancora più forza per aiutare i deboli, vivere questa tragedia mi sento più vicina alle persone che soffrono. Per questo non mi posso fermare”.
"Mai sola"
In questo lavoro, Zakia assicura di non sentirsi sola: “Quello che riusciamo a fare è grazie alle tante persone che con sensibilità sentono e capiscono la sofferenza di donne e bambini, quando si tratta di diritti fondamentali. Sono tante le persone che cercano di aiutare e si mettono a ridisegnare il mondo, così come l’ho sognato con Luca. Questo è una forza in più per non mollare. Non mi sento sola”.
Zakia Seddiki
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 28/01/2023)
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Intervista a Zakia Seddiki, vedova di Luca Attanasio il diplomatico ucciso lo scorso anno in un attentato
Storia di un ambasciatore di pace
Era il 22 febbraio 2021 quando l’ambasciatore italiano Luca Attanasio perdeva la vita in un tragico agguato sulla strada tra Goma e Rutshuru, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Aveva 42 anni ed era uno dei più giovani ambasciatori italiani nel mondo. Attanasio non è stato solo un uomo di pace, ma anche un uomo di fede, la cui testimonianza è iniziata nell’oratorio di Limbiate ed è proseguita negli incontri di Taizé. Una persona perbene, un sognatore che guardava il mondo come se fosse un bel giardino, umile e sensibile: così lo descrive la moglie Zakia Seddiki, fondatrice e presidente di “Mama Sofia”, istituzione che mira a migliorare la vita di donne e bambini in difficoltà nella Repubblica Democratica del Congo con progetti nel campo della salute, dell’istruzione e dell’accesso all’acqua. È diventata anche una Fondazione in Italia — racconta in questa intervista a «L’Osservatore Romano» — il giorno dell’anniversario del barbaro attentato, come messaggio di rinascita per difendere il valore della pace in memoria di Luca uomo e diplomatico. La scomparsa di Attanasio, come quella del carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese Mustapha Milambo, ci ricorda che c’è un’Italia che lavora in Africa e per l’Africa, lontano dai riflettori della cronaca e spesso dimenticata dalla politica e dall’informazione.
Sono trascorsi quasi due anni da quando Luca è stato ucciso. Che ricordo le rimane della Repubblica Democratica del Congo?
Malgrado tutto, è stata per noi una bella esperienza, sia personale che professionale. Vivendo il Paese, abbiamo avuto l’occasione di creare un rapporto con tante persone e di condividere con loro momenti felici, oltre che dolorosi. Ovviamente quello che è successo ha cambiato le nostre vite, ma il popolo congolese, che non ha alcuna colpa, rimarrà sempre nel mio cuore e mi impegnerò ancora di più per stare vicina ai più deboli. Come avrebbe voluto Luca.
Che cosa ha significato per Luca essere ambasciatore in un Paese con una storia così travagliata? Come ha vissuto questo servizio?
Questo servizio lo stava vivendo come un’occasione di crescita umana e professionale, anche perché per lui era la prima volta da ambasciatore e sentiva quindi una grande responsabilità. Era pieno di entusiasmo e di motivazione. E devo dire che ad aiutarlo tanto è stato anche l’aver vissuto quella realtà stando in famiglia. Era una sfida, perché nel Paese l’ambasciatore mancava da un paio d’anni e quindi Luca doveva lavorare tanto soprattutto per ridare certezze agli italiani che vivevano lì. È arrivato con uno spirito positivo, pur conoscendo le complessità del Paese dove dilaga la sofferenza.
Nella biografia ufficiale Luca Attanasio, storia di un ambasciatore di pace del giornalista Fabio Marchese Ragona, con cui lei ha collaborato, afferma che suo marito «era l’ambasciatore di cui tutti avevano il numero di telefono». Qual era la sua migliore qualità?
Sapeva ascoltare bene le persone e aveva la forza anche di unirle. Luca riusciva sempre a trovare il modo per mettere d’accordo le persone, faceva una sintesi e raggiungeva sempre buoni traguardi. E poi era allegro e, pur trovandosi in situazioni difficili, riusciva ad affrontarle con positività, svolgendo il suo delicato compito rimanendo sempre se stesso. Usava bene il suo lavoro di diplomatico per essere utile agli altri.
Quanto ha influito nella formazione di Luca la frequentazione dell’oratorio, della parrocchia e il suo vivere la fede?
Secondo me hanno influito tanto, perché quegli insegnamenti lo hanno accompagnato anche da grande e li ha messi in pratica. Luca è sempre rimasto in contatto col suo parroco e con le persone che frequentavano con lui l’oratorio e la chiesa di Limbiate. Nella Repubblica Democratica del Congo, poi, si è ritrovato per lavoro a parlare e ascoltare spesso i missionari italiani sparsi per il Paese e che, con pochi mezzi, fanno grandi cose. Anche in questo caso li ascoltava con grande attenzione e cercava di capire quali fossero i loro bisogni.
Che Paese troverà Papa Francesco?
Troverà un popolo a cui serve tanto il suo messaggio di speranza e di pace. Troverà tanto entusiasmo e grande attesa da parte di tutti. Troverà sicuramente occhi di persone che soffrono, occhi che non hanno più lacrime per quello che stanno vivendo. Troverà un popolo che non andrà lasciato da solo, che ha bisogno di questa mano sicura che lo accompagni verso il futuro, perché vive una guerra tra le guerre dimenticate. E sono sicura che pregando insieme a questa gente, il Papa darà loro speranza e magari cambierà anche i cuori di tanti per tornare a vivere nella pace. Buona missione!
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di SILVINA PÉREZ 28/01/2023)
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Per approfondire vedi anche i post precedenti(all'interno dei post anche altri link):
- L'addio a Luca, Vittorio e Mustapha testimoni di pace e d’amore stroncati da una violenza stupida e feroce
- Un anno senza Luca Attanasio - La moglie: «È ancora con me»; il papà: «Lo sentiamo ancora qui»
- Chi era Luca Attanasio? Testimonianze di chi l'ha conosciuto.
- X INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE Festival delle famiglie (22/26 giugno 2022): donate al Papa cinque storie di vero amore