Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



martedì 17 gennaio 2023

FRATEL BIAGIO - Don Luigi Ciotti “Biagio viveva il Vangelo, ci invita a essere umani” - "La Chiesa ha bisogno di segni…" Don Antonio Mancuso

FRATEL BIAGIO  
Don Luigi Ciotti:
“Biagio viveva il Vangelo,
 ci invita a essere umani”

Intervista di Salvo Palazzolo
(Pubblicata su la Repubblica il 14.01.2023)




«Conoscendolo, Biagio, credo che avrebbe detto che non è della sua santità, ma della povertà diffusa che la Chiesa e lo Stato devono preoccuparsi e occuparsi». Non ha dubbi don Luigi Ciotti, l’instancabile animatore di Libera, ricordando il missionario laico morto due giorni fa.

Qual è il messaggio che Biagio Conte lascia alla Chiesa e alla società?
«Non parlerei di messaggio, ma di responsabilità, cioè di etica. Biagio non ha predicato il Vangelo: lo ha vissuto, lo ha incarnato. Con i fatti e non solo con i discorsi, ci ha insegnato che la parola evangelica è scomoda, a volte urticante, perché ci parla di un Dio da accogliere, prima che da cercare. Un Dio che si manifesta nelle persone fragili, povere, ferite nell’anima e anche nel corpo. Persone che, prima che “aiuti”, cercano fratelli capaci di mettersi nei loro panni. Questa è la responsabilità che ci lascia Biagio: di diventare più umani, più accoglienti».

Oggi tutti, soprattutto i politici, corrono al suo capezzale, ma quanto ha sofferto fratello Biagio per le indifferenze e i silenzi della politica?
«La biografia di Biagio testimonia di un costante impegno per richiamare la politica alle sue responsabilità.
Che non sono solo di aiutare e sostenere il singolo progetto, ma di realizzare politiche sociali che riducano e se possibile eliminino le ingiustizie, le disuguaglianze, le povertà. Per Biagio il regno dei cieli comporta la responsabilità di costruire giustizia su questa terra e in tal senso chiedeva alla politica di tornare alla sua funzione originaria di costruttrice e promotrice del bene comune».

Fratello Biagio faceva spesso scioperi della fame per chiedere più attenzione ai poveri. 
Quale attenzione manca verso gli ultimi?
«Una delle inaccettabili contraddizioni di questo tempo, e di questo Paese in particolare, è la sproporzione tra solidarietà e giustizia. La solidarietà troppo a lungo ha coperto e solo in parte colmato il vuoto dei diritti, la deriva individualista di un modello economico di cui la politica è stata in gran parte continua a essere zelante maggiordomo, modello che ha degradato i diritti a privilegi, a beni di mercato. Ha detto Papa Francesco: “È urgente trovare nuove strade che vadano oltre l’impostazione di quelle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri e dei poveri”. E ha aggiunto: “Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, non delegabile a nessuno”. Sono parole che si sposano benissimo all’opera e alla vita di Biagio. Lui non diceva di avere dei prossimi da aiutare, ma di sentirsi chiamato a diventare prossimo degli altri, come esorta sempre Papa Francesco nella “Fratelli tutti”».

L’ultima volta che l’ha incontrato cosa le disse?
«Fu qualche mese fa davanti alla cattedrale di Palermo, Biagio stava facendo uno dei suoi scioperi della fame. Fu come sempre gentile, visibilmente felice di vedermi per poi rivolgermi parole amare e anche indignate sull’indifferenza diffusa e la necessità anche di azioni eclatanti per risvegliare le troppe coscienze addormentate o addomesticate».

Un ricordo di qualcosa che avete vissuto insieme?
«Ricordo un incontro molto intenso a Marsala, nei primissimi giorni di gennaio del 2012, durante un convegno diocesano che aveva come tema gli “Ultimi”, e poi la messa che il 15 settembre 2014 – ventunesimo anniversario dell’uccisione di don Pino Puglisi – ho celebrato in un cortile all’interno della “Missione Speranza e Carità”, nel periodo in cui Biagio denunciava le difficoltà anche economiche nel portare avanti la sua opera».

Era un laico, quanto sono importanti i laici nella Chiesa?
«Innanzitutto occorre chiarire un equivoco: perlopiù con la parola laico le persone intendono non credente, invece laico significa non facente parte dell’organizzazione ecclesiale ma non per questo privo di fede nel vangelo, nella parola di Cristo. Da sempre i laici hanno avuto un ruolo importante nella storia della Chiesa, vuoi perché hanno sostenuto col loro impegno l’organizzazione, vuoi perché la possibilità di agire fuori dai ranghi e dalle gerarchie ha permesso loro in certi casi di cogliere limiti e rigidità dell’organizzazione stessa. È stato anche il caso di Biagio, ed è molto bello che l’arcivescovo Lorefice, che l’ha sostenuto, abbia riconosciuto il debito nei suoi riguardi di Palermo, città che Biagio amava e perciò sognava cristiana nel segno dell’essenzialità, della giustizia, dell’attenzione agli ultimi».

Molti, nella Chiesa e fuori, parlano già di santità per fratello Biagio. Lui cosa direbbe?
«Conoscendolo, credo che avrebbe detto che non è della sua santità, ma della povertà diffusa che la Chiesa e lo Stato devono preoccuparsi e occuparsi. Anche perché solo una Chiesa povera per i poveri è degna dell’appellativo di santa. Biagio è stato un lottatore per la vita, una persona che non ha vissuto per sé, ma per gli altri. Consapevole che il bene non è mai passivo o neutrale, che ogni vero bene è figlio del costruire giustizia»


La Chiesa ha bisogno di segni…
Don Antonio Mancuso

Grazie Biagio per la tua santa follia 
In molti casi, la linea di demarcazione tra la normalità e la pazzia è davvero sottile… 
In alcuni casi, la linea di demarcazione tra la pazzia e la santità è molto sfumata… è questo il caso di Biagio. 
Proprio così, non solo molto sottile ma proprio sfumata. Dipende, alla fine, dagli occhi di chi guarda. 
E Biagio non sempre è stato guardato con gli stessi occhi. Anzi, Biagio non sempre è stato visto, punto!
E così è sembrato pazzo, quando a 27 anni decise di vivere in maniera “strana” (altro modo per dire pazzo) quasi da eremita per poi fare il viaggio a piedi verso Assisi e tornare nella sua Palermo per dedicarsi ai più bisognosi… ai suoi fratelli.
Quante battaglie, quanti incatenamenti, quanti scioperi, quante preghiere, quante cose ottenute più per la sua insistenza che per convinzione di chi poi ha ceduto. Un po’ come la vedova del vangelo di Luca (Lc 18). Sì, Biagio ha rotto le scatole più volte, insistendo con i suoi pericolosi digiuni, con le sue richieste con quella inconfondibile voce cantilenante, per molti petulante e invadente. Ma è sempre così, quando le coscienze sono dure a convertirsi alle richieste dei santi, questi ultimi diventano pazzi inopportuni.
Quante volte non sei stato capito… quante volte hai dovuto dare segni forti alla tua Palermo, alla tua Chiesa, alla tua madre terra. E così, ci hai insegnato a perseverare per le giuste cause, con la certezza che si verrà comunque esauditi, se non per amicizia, almeno per l’insistenza (Lc 11); con la speranza che c’è sempre qualche briciola che cade dalle tavole dei potenti per cibare i cagnolini (Mt 15). 
Tu sei stato una carezza di Dio. 
Sì Biagio, è proprio così, siamo tutti bravi ad abbassare il finestrino per mollare qualche monetina a qualcuno che neanche guardiamo in faccia. Siamo tutti bravi a fare elemosine mettendo le mani nelle tasche dei nostri costosi pantaloni. Siamo tutti bravi a scendere in strada per fare progetti per i poveri e poi ritornare nelle nostre calde e comode case per dormire nei nostri caldi e comodi materassi. Tu no! alla maniera del vangelo, ti sei veramente fatto povero dei poveri, povero tra i poveri, senza slogan, senza qualunquismo, facendoti “servo di tutti per guadagnare il maggior numero” (1 Cor 9,19) di persone… di fratelli.
Missionario laico. Quanto odio queste due parole messe insieme. Perché specificare “laico”, che bisogno c’è? Come se fosse un’eccezione il fatto che non eri “clero”. Non basta dire missionario? Ci si può confondere? E perché? perché vestivi con i sandali e una sdrucita tunica verde… perché dormivi a terra, nelle tende o nelle grotte? Con chi potevi essere confuso? Con il clero? Non penso proprio. Non è vita da clero… è vita da pazzo, appunto, o da santo (la linea di demarcazione è sempre più sfumata, quasi inesistente). 
Biagio caro, hai amato Gesù, il Vangelo e la Chiesa. 

Del resto, tu sei stato proprio un segno vivente della presenza di Dio. Ancora una volta, alla maniera del vangelo… “perché vedano le vostre opere e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Del resto, guardando e contemplando quello che in questi 32 anni hai fatto, non si può che rendere grazie a Dio perché un uomo non potrebbe mai fare tutto quello che tu hai fatto. No, non è opera tua, non è opera di un pazzo… è solo opera di Dio! 
Grazie Biagio, ci mancherai. Ci mancheranno i tuoi grandi occhi da bambino, il tuo sorriso disarmante, la tua voce cantilenante, il tuo gigante cuore amante, il tuo corpo da vecchietto e la tua fede, convinta, salda, piena di speranza… come quella di un pazzo… o di un santo… sì... la linea di demarcazione è proprio sfumata… quasi svanita.

Leggi anche:

Leggi anche i post già pubblicati:
- E' morto Biagio Conte, l'angelo dei poveri: Palermo piange il missionario laico che aiutò gli ultimi - Grazie fratel Biagio, testimone di Dio nella città degli uomini

- Giuseppe Savagnone Fratel Biagio: la rivoluzione dei santi

- Cosimo Scordato: Biagio Conte, diacono di fatto