SENTINELLA NELLA NOTTE DELLA STORIA
Beato Tito Brandsma (1881- 1942)
Frate carmelitano olandese Martire del Nazismo
A CURA DELLA
FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BACELLONA POZZO DI GOTTO
Il presente fascicolo raccoglie le riflessioni che i fratelli della Fraternità Carmelitana di Barcellona P.G. (ME) tennero nei Mercoledì della Spiritualità 2018 (17 ottobre-21 novembre), in preparazione alla benedizione dell’icona del Beato Tito Brandsma elaborata, o meglio, “scritta” dall’amica iconografa Pia Giannetto. L’icona venne benedetta dal P. Generale Fernando Millán Romeral, Priore Generale dei Carmelitani, il 25 novembre, Domenica di Cristo Re, durante la celebrazione eucaristica. L’icona è stato poi collocata in una cappella del nostro Santuario della Madonna del Carmine.
Le riflessioni, che ripercorrono l’itinerario umano e spirituale del Beato P. Tito, sono offerte come proposta di cammino di formazione permanente alla Famiglia Carmelitana (frati, monache, suore, terz’ordine, amici…), in preparazione alla canonizzazione nel nostro confratello olandese, la cui celebrazione – si dice – è prevista per quest’anno.
Ricordiamo le parole di papa Giovanni Paolo II nell’omelia del giorno della Beatificazione di P. Tito, celebrata a Roma il 3 novembre 1985:
«Quando ascoltiamo la biografia di Tito Brandsma, quando fissiamo gli occhi dell’anima sullo zelo apostolico di questo servo di Dio e poi sulla sua morte di martire, una particolare eloquenza acquistano le parole dell’odierna liturgia: “Dio l’ha provato… l’ha saggiato come oro nel crogiuolo e l’ha gradito come un olocausto” (Sap 3,5-6)».
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9. Uomo espropriato e libero
Nel ripercorrere l’itinerario umano e spirituale di questo carmelitano dei nostri giorni, ci siamo trovati davanti la figura di un uomo che, profondamente motivato da una fede matura, in un tempo storico drammatico, proclama e difende con estrema lucidità e incisività la libertà della Chiesa e la dignità dell’uomo. Tratto in arresto per la sua opera, porta il peso delle sue scelte fino alle conseguenze estreme: il dono della vita.
Più volte, d’altronde, egli ricorda: «In ogni epoca c’è stata gente che ha dato la vita come martire per la Chiesa». In questa scelta di campo, Tito diviene progressivamente uomo espropriato, cioè puro dono, gratuito fino in fondo e quindi totalmente libero.
Libero di professare integralmente la fede, non permettendo che altri scalfisca le sue convinzioni più profonde.
Libero davanti all’oppressore e di fronte alla paura, alla minaccia, al ricatto.
Libero, perfino di fare dell’umorismo sulla sua carcerazione: «La mia cella n.577 non era poi un inferno, e quando vi entrai non vidi scritto Lasciate ogni speranza voi che entrate!».
Libero, infine, di offrire la sua vita, per riaverla in dono (cf. Mc 8,35).
Abbiamo la testimonianza di un ex-internato che rende in modo plastico la libertà di Tito Brandsma e ne sintetizza l’intera esistenza: «Tutti al Campo camminavamo curvi, mentre p. Tito camminava dritto, a testa alta… !»
Leggi il testo integrale del fascicolo:
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