Pasqua è la speranza che diventa una presenza,
che non resta un auspicio,
una bella e consolante ipotesi, ma certezza.
Il Signore ha vinto la morte e vive.
don Matteo Zuppi, cardinale
Omelia S. Messa del giorno di Pasqua
Bologna, cattedrale
12.04.2020
Abbiamo vissuto una Quaresima davvero impegnativa e severa. Venerdì santo ci ha fatto piangere, ricordando i tanti venerdì che hanno messo in croce i nostri cari.
E’ una Pasqua così diversa, forse per questo più vera, interiore, spirituale, per aiutarci a scegliere le cose che contano, a “separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”, per uscire dall’isolamento che diventa come un sepolcro, e dal vivere per se stessi, che è la nostra vera morte.
Ne abbiamo bisogno, perché senza speranza si muore, ci lasciamo andare, vivacchiamo, consumiamo il presente ma senza futuro. La Pasqua non è la fine di tutti i problemi ma la fine del vero problema della vita, che è la morte. Il sole che è Gesù illumina finalmente l’ombra della morte e ci fa scoprire nel nostro cuore la luce che abbiamo nascosta, l’amore per cui siamo a sua immagine.
Maria di Magdala non diventa invulnerabile, non deve smettere di lottare, non ottiene uno stato di rilassamento definitivo, continua a sacrificarsi per qualcuno che ha bisogno, vedrà la sua morte portarla via: ma è risorta con il suo Cristo e sa che l’amore non finisce.
Questa è la differenza. Di fronte alla croce sentiamo il giudizio sul nostro peccato, ma sempre unito alla sua misericordia, perché Gesù muore per salvare, non per condannare o limitarci la vita. La croce ci rivela da che parte stiamo, il tempo sciupato, le opportunità perse per paura, i talenti messi sotto terra e quindi tolti agli altri, l’amore non dato e il cuore messo in quello che ci fa male.
Se Venerdì Santo ci fa contemplare Gesù che abbraccia la nostra stessa croce, Pasqua è l’amore che nessuno può portarci via dal cuore. La fede cristiana non è una teoria o una filosofia, è l’incontro con Gesù, ripeteva Papa Benedetto e quindi con il suo amore nel quale crediamo e che davvero ci fa dire “andrà tutto bene” e per il quale facciamo festa. Per questo addobbiamo la città e dovremmo addobbare sempre anche il nostro volto, che sia luminoso, benevolo, attento agli altri e non aggressivo, chiuso, respingente, assente.
Pasqua ci sveglia dallo stordimento che ci porta incredibilmente ad essere incoscienti, a rassegnarci, a diventare complici del contagio del male, a crederci furbi pensando sufficiente salvare se stessi e non combattendolo seguendo Gesù e amando come Lui ci insegna.
La morte non è più definitiva.
Risorge chi resta e non scappa, chi aiuta con i piccoli grandi gesti gratuiti, solo gratuiti, di amore per gli altri.
Risorge chi ama i nemici e sconfigge l’inimicizia; chi muore all’egocentrismo e scopre l’amore; chi perdona e si libera dal male e dalle sue catene di vendetta e di odio.
Risorge chi ama anche quando sembra inutile, perché adesso sappiamo che l’amore non è mai inutile e solo amando senza fine la vita non ha fine.
Risorge chi non si rassegna e resiste al male. “Se non amo, Dio muore sulla terra. Se io non amo Dio rimane senza epifania, perché siamo noi il segno visibile della sua presenza e lo rendiamo vivo in questo inferno di mondo dove pare che lui non ci sia, e lo rendiamo vivo ogni volta che ci fermiamo presso un uomo ferito”, diceva Annalena Tonelli, martire perché testimone dell’amore per Dio e per gli uomini feriti.
Maria di Magdala si reca al sepolcro, quand’era ancora buio! Non aspetta di avere chiaro tutto. Ama Gesù e cammina al buio perché spinta dall’amore. C’è un rapporto stretto tra amore e risurrezione: chi ama intuisce, vede, incontra la presenza del Signore e con lui di quanti hanno sperimentato la stessa sconfitta che è la morte.
L’amore vuole riempire l’assenza, sempre inaccettabile e dolorosa, vince le distanze, supera l’isolamento. Arriva, ed ecco, vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. La speranza le appare talmente impossibile che non ricorda le parole ascoltate tante volte da Gesù: il terzo giorno risusciterò.
E’ segnata dal male tanto che subito pensa al peggio, si convince che lo hanno portato via.
Il male vuole sempre far pensare male e dimostrare che la speranza è inutile. Maria però inizia a correre. L’amore ridona energia, vigore, motivazione, riaccende di interesse per gli altri, della passione di cercare Gesù, di cambiare noi ed il mondo.
Maria corre da Pietro e lei riesce a rimetterlo in cammino insieme all’altro discepolo che Gesù amava. Cercano la risposta, forse intuisce, vuole iniziare a credere in quello che appariva impossibile o troppo bello. Anche loro aspettavano, ma non sapevano sperare. L’amore si trasmette e dona sempre frutti.
La tristezza paralizza il cuore, svuota di energie, stempera ogni entusiasmo, rende la gioia come fosse eccessiva, la passione esagerata. Ma anche l’amore si contagia! Per questo non teniamolo nascosto! La loro corsa è l’ansia dell’umanità tutta che vuole essere liberata dal limite insopportabile del male. E’ l’ansia di luce nelle tenebre, di sicurezza nella paura.
Giunge per primo alla tomba il discepolo dell’amore. E’ proprio vero, fisico: l’amore arriva prima, corre di più, intuisce il futuro, previene, sa cercare quello che ancora non si vede, vede quello che ancora non c’è e allo stesso tempo non fa accontentare. L’amore rende più agile il nostro passo, scioglie tanti impacci, dona energie nuove e moltiplica quelle vecchie. Entra Pietro.
L’amore arriva prima ma poi ha bisogno della verità per non perdersi, per durare, per crescere, per diventare interiore. Ma l’amore è la verità e la verità è l’amore. Pietro e Giovanni sono insieme. “Vide e credette”, nota il Vangelo. Fino ad allora infatti “non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti”.
Così è spesso la nostra vita: sospesi. Pasqua è la speranza che diventa una presenza, che non resta un auspicio, una bella e consolante ipotesi, ma certezza. Il Signore ha vinto la morte e vive.
Oggi tutto riprende vita perché la resurrezione inizia oggi. E’ la forza di amore che come il fuoco accende di speranza e di vita il cero ed i nostri cuori! Possiamo essere uomini nuovi. Ricostruiamo quello che il male ha distrutto. “La superficialità mi è divenuta intollerabile, l’indifferenza mi fa diventare quasi violento.
Occorre sapere dove sta il Bene e dove il Male si annida. Le altre letture più equilibrate e moderate mi sembrano sempre più gravi ipocrisie. "Ringrazio Dio per la generosità nei miei confronti e mi sforzo di sdebitarmi lasciando che i miei talenti producano germogli e piante” diceva Carlo Urbani, medico, morto a 47 anni in Vietnam, dove aveva identificato la terribile malattia della SARS, della quale fu contagiato e rimase vittima. Grazie a lui la malattia venne sconfitta. Produrre germogli e piante. E’ il seme che cade a terra, dona vita e così trova la sua vita. In ogni seme il fiore c’è. Questa è la resurrezione del Figlio di Dio che cade a terra per dar frutto.
Oggi non abbiamo paura a farlo. Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza. Per Lui vale la pena vivere, perché ci fa risorgere dalla paura e dal peccato e per lui accendiamo di vita il mondo, gli uomini, ricostruendo quello che il male distrugge con i piccoli grandi gesti di amore per gli altri
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