III Domenica di Pasqua (A) 2020 -
"Gesù risorto si manifesta ai discepoli di Emmaus"
a cura della Fraternità Carmelitana
di Barcellona P.G.
1. Ascolto orante
del vangelo di Luca (24,13-35)
1.
Continuiamo a vivere il Tempo Pasquale
di cinquanta giorni, che la Chiesa e ogni cristiano dedicano alla mistagogia, cioè a lasciarsi
accompagnare verso un’autentica esperienza
del Dio di Gesù Cristo e della sua Pasqua di Risurrezione nella vita
quotidiana, e quindi a discernere i segni
coinvolgenti della presenza relazionale del Risorto nel mondo e nella storia,
affinché la Pasqua del Signore diventi la Pasqua della Chiesa e del cristiano,
la sua Risurrezione diventi la Risurrezione della Chiesa e del cristiano.
Con questa consapevolezza apriamo oggi con
fiducia il vangelo di Luca al cap. 24.
Facciamo una breve pausa di silenzio, chiedendo allo Spirito che ci apri alla
comprensione di questo scritto che contiene la Parola di Dio per noi oggi.
Adesso leggiamo
attentamente e con calma la pagina del cap. 24 dal verso 13 fino al verso
35.
2.
La pagina evangelica di Luca narra la manifestazione
di Gesù, nella sua condizione di risorto, a due discepoli, dei quali di uno
solo si dice il nome, Cleopa, l’altro evidentemente assume il nome di ognuno di
noi.
Costoro sono in cammino da Gerusalemme verso il villaggio di Emmaus. È
importante evidenziare questo particolare, perché si tratta di un cammino da
una località ad un’altra che però contiene dentro di sé un cammino interiore. I due discepoli si allontanano da Gerusalemme
perché sono rimasti delusi da come sono andati i fatti riguardo a Gesù, il
Nazareno. Lungo la strada la loro conversazione
tratta di questi fatti e nello stesso tempo ne ricercano il senso, che
però non riescono a trovare, poiché molta è in loro la delusione e spenta ormai
la loro speranza nei riguardi di Gesù.
Il Risorto, come uno straniero residente (cf. Lc 24,18) e un pellegrino, si fa vicino a
loro e li accompagna nella loro
conversazione e nella loro ricerca del senso. I discepoli sono incapaci di
riconoscerlo. E Gesù cammina con coloro, si fa loro compagno di viaggio, e
instaura con loro un dialogo sui
fatti accaduti a Gerusalemme, riguardanti la sua persona, stimata come «profeta
potente in opere e parole, davanti a Dio e a tutto il popolo», la sua consegna
alla condanna a morte da parte delle autorità religiose e la sua crocifissione
che è stata però un fallimento totale, perché “dopo tre giorni” nessuna liberazione
politica di Israele (dall’occupante romano) è avvenuta (cf. Lc 24,19-21). Come
a dire: la nostra speranza è ormai “sotto i piedi” e la nostra delusione è
grande, perché l’esecuzione capitale della croce, riservata ai criminali e ai
terroristi, non è per nulla la manifestazione di un «profeta potente in opere e
parole, davanti a Dio».
Alla tristezza, delusione e disperazione dei
due si aggiunge anche lo sconforto, a motivo della testimonianza delle donne (a
quel tempo la testimonianza di una donna non aveva valore), le quali attestano
che la tomba è vuota ed egli è vivo, ma poi altri discepoli, andando alla tomba
per verificare la testimonianza delle donne, non l’hanno visto (cf. Lc
24,22-23).
3.
A questo punto, lo straniero residente e pellegrino sconosciuto, diventa il
loro mistagogo, ovvero li fa
comprendere alla luce delle S. Scritture il senso
degli eventi accaduti a Gerusalemme. Egli, «cominciando da Mosè e da tutti i
profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc
24,27): l’evento della passione e della morte di Gesù è evento pasquale, perché
manifesta l’amore appassionato di Dio per
l’umanità e in particolare per quella umanità che sperimenta il fallimento
della vita.
La Risurrezione di Gesù è la risposta di Dio Padre all’amore del
Figlio per i perduti e gli scartati della storia. Questo è attestato in tutte
le S. Scritture. Ecco perché Pietro, dopo la Pentecoste, può testimoniare che Dio ha risuscitato Gesù, non
abbandonandolo, lui il Giusto, nei
legami della morte (si legga la prima lettura di questa domenica: At 2,22-33).
È Gesù il Giusto per eccellenza, il quale è morto per aprire un cammino di
speranza agli ingiusti (non ai più bravi o ai più meritevoli… ) e così farli
diventare giusti, se liberamente accolgono la sua consegna. Sì, è nella
debolezza della Croce che si manifesta la “potenza in opere e parole” di Gesù,
l’uomo Giusto.
Attraverso la mistagogia di quello
straniero residente e pellegrino, ai due discepoli di Emmaus vien dato, allora,
il primo segno della presenza relazionale (non onoraria…) del
Risorto nel mondo: è il segno efficace e
sacramentale delle S. Scritture, quando vengono ascoltate, meditate, pregate
e vissute alla luce dell’evento pasquale di Gesù e del suo stile di vita. È a
motivo di questa presenza sacramentale del Risorto nelle Scritture, che nei due
discepoli «ardeva il cuore» (Lc
24,32) quando quello straniero sconosciuto conversava con loro e spiegava loro
le Scritture. In quel momento i discepoli hanno fatto l’esperienza della Parola
di Dio che fa “ardere il cuore” perché dona
lo Spirito (cf. Gv 6,63). Ascoltare e accogliere la Parola di Dio è come
stare, come Mosè, di fronte al “roveto ardente”, che brucia senza consumarsi
(cf. Es 3,2-3); è come stare ai piedi del monte Sinai che arde: non si vede Dio
ma lo si ascolta che parla dal fuoco (cf. Dt 4,11-15). Prima di offrirci una
“istruzione”, la Parola di Dio ci dona lo Spirito, ci dona la grazia della
presenza reale del Risorto che parla a noi oggi.
4.
Ma c’è ancora un altro segno della
presenza relazionale del Risorto che
viene dato ai discepoli di Emmaus: il segno efficace della “frazione del pane” (cf. Lc 24,30). È uno
dei nomi più antichi che designa l’Eucaristia. Questo segno, lo sappiamo,
riassume tutta l’esistenza di Gesù come esistenza spezzata, donata, condivisa.
È il gesto – assieme a quello della lavanda dei piedi – che Gesù ha comandato
di fare come memoriale-attualizzazione
della sua Presenza («fate questo in memoria di me»: Lc 22,19).
Quel gesto richiama direttamente e in modo
esplicito e chiaro quanto Dio disse al suo popolo, e dice a noi oggi,
attraverso il profeta Isaia, riguardo al digiuno a lui più gradito: «dividere
il pane con l’affamato… introdurre in casa i miseri, i senza tetto… vestire uno
che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti» (Is 58.7). Là dove un credente,
che partecipando all’Eucaristia, ha imparato a “spezzare il pane” nella vita
quotidiana, là – dice ancora Dio in Is 58,8 – è presente Dio con la sua luce,
con la sua giustizia e con la sua gloria; là è presente il Signore Risorto.
5.
Non ci deve sfuggire il contesto nel
quale il Risorto pone il gesto dello “spezzare il pane”: l’ospitalità. I due discepoli “costringono” (proprio questo è il
verbo che qui si usa: Lc 24,29) lo sconosciuto straniero residente e pellegrino
a rimanere con loro, ad essere loro ospite per quella sera. Egli accetta. Ma
quando sono a tavola, le parti si invertono: è Gesù che adesso ospita i
discepoli alla sua cena, prendendo il pane, benedicendolo, spezzandolo e donandolo
a loro. Alla tavola del Signore Risorto i discepoli da ospitanti diventano gli
ospitati e Gesù Risorto da ospitato diventa l’ospitante che serve a tavola. Ecco
l’altro segno della presenza del
Risorto in mezzo a noi: l’ospitalità.
D’altronde, nella cena pasquale prima
della passione e morte di Gesù è avvenuto proprio questo: Gesù è il Signore che
ospita e che serve a tavola. Non è così che troviamo nel Salmo 23,5 («Davanti a
me prepari una mensa…»)? E non l’ha detto lo stesso Gesù in Lc 12,37 riguardo
al suo ritorno, quando sarà lui che, nei confronti dei servi fedeli che lo
attendono, «si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e
passerà a servirli»?
6.
C’è, infine, un altro segno ancora:
il forestiero sconosciuto, il pellegrino, il quale diventa il nostro mistagogo che ci aiuta a discernere la
presenza del Risorto in mezzo a noi, che ci offre una visione diversa della
vita e ci apre alla speranza. D’altronde, se Luca parla della presenza del
Risorto nel forestiero residente e pellegrino, l’evangelista Giovanni parlerà
del giardiniere del luogo del sepolcro
(cf. Gv 20,15) e del pescatore del
Lago di Tiberiade (cf. Gv 21,4.6.9).
Ecco il cammino interiore che hanno compiuto i discepoli di Emmaus: dalla
tristezza, dalla delusione e disperazione, al cuore che arde, alla speranza ritrovata per l’esperienza del
Signore Risorto presente come compagno di viaggio nel nostro cammino della
vita.
«O voi di Emmaus,
gente amica,
mentre tornate da
Gerusalemme
certo voi siete i
fratelli più veri
di noi, di quanti
non sperano più.
Quanti ritornano
al loro villaggio
con passo triste,
e non riescono a credere,
né si avvedono
mentre discorrono
di chi cammina con
loro per via!
Sandali porta e va
pellegrino
senza fermarsi
neppure la sera,
impolverato da
tutte le strade,
sempre a fianco
dei più disperati»
(Davide
M. Turoldo)
Apriamo adesso il Libro dei Salmi e
preghiamo con il Salmo 16, il Salmo
dove Davide profetizza la risurrezione di Gesù, del Giusto che Dio salva dalla
corruzione della morte. In questo tempo di coronavirus in cui la morte la fa da
padrona, il Salmo 16 ci invita alla fiducia e alla speranza in Dio.
2. Intercessioni
Nella memoria della Pasqua del
Signore ci è data la possibilità di prendere ancor più consapevolezza di quella
novità, che deve sempre più caratterizzare la nostra esistenza. Battezzati,
cioè, immersi in Cristo Gesù, possiamo con Lui rivolgerci a Dio chiamandolo
Padre. Con questa libertà e con questa fiducia innalziamo a Lui le nostre
preghiere ed insieme diciamo:
R/
Ascoltaci, o Signore
- Manda il tuo Spirito sulla tua Chiesa,
o Padre, perché essa venga confermata nell’appartenenza a Cristo Gesù, il
Crocifisso Risorto e, restando unita a Lui, sia pronta a testimoniare tra le
vicende umane la tua indefettibile volontà di amore e di salvezza verso ogni
creatura umana. Preghiamo.
- Fortifica e sostieni, o Padre,
il ministero di papa Francesco, quello del nostro vescovo Giovanni e di tutti i
responsabili della tua Chiesa. Dona speranza e gioia ad ogni comunità
cristiana, sia parrocchiale, che familiare, perché mostri con la concretezza
della vita che solo l’amore, che viene da Te, ci salva e non la forza del
denaro. Preghiamo.
- Ascolta, o Padre, il grido che
sale da ogni popolo e da ogni terra a causa della grave crisi economica.
Aiutaci a sentirci responsabili gli uni degli altri, ad uscire dalla folle
logica della forza e dell’interesse del proprio Paese o di quello personale.
Abbi pietà di questo mondo, perché sia in grado di ritrovare la via che conduce
alla vera umanità. Preghiamo.
- Ti affidiamo, o Padre, il
nostro Paese, le nostre paure. Ti affidiamo quanti lottano in terapia intensiva
per ritornare a vivere. Dona ai responsabili nazionali e regionali prudenza e
sapienza per aiutare ogni cittadino a vivere questo lungo tempo di incertezza
con senso di responsabilità. Preghiamo.
-
Davanti a te, o Padre, assieme ai nostri parenti e amici defunti, ci ricordiamo
delle numerose vittime del coronavirus (pausa di silenzio); ci ricordiamo anche di tutte le
vittime delle guerre e della violenza nelle famiglie. Doni a tutti di
partecipare alla gioia della Risurrezione del tuo Figlio Gesù. Preghiamo.
-
Pregare il Padre Nostro…
-
Concludere con la seguente preghiera:
O Padre, il tuo Figlio
Risorto si è fatto nostro fratello e compagno di viaggio nel cammino della
nostra vita: apri i nostri occhi perché sappiamo riconoscere la sua presenza
nel mondo e diventare come lui pane spezzato per i nostri fratelli. Te lo
chiediamo per Cristo nostro Signore. AMEN
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