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sabato 25 aprile 2020

III Domenica di Pasqua (A) 2020 - "Gesù risorto si manifesta ai discepoli di Emmaus" a cura della Fraternità Carmelitana di Barcellona P.G.

III Domenica di Pasqua (A) 2020 - 
"Gesù risorto si manifesta ai discepoli di Emmaus" 
a cura della Fraternità Carmelitana 
di Barcellona P.G.


1. Ascolto orante del vangelo di Luca (24,13-35)
1. Continuiamo a vivere il Tempo Pasquale di cinquanta giorni, che la Chiesa e ogni cristiano dedicano alla mistagogia, cioè a lasciarsi accompagnare verso un’autentica esperienza del Dio di Gesù Cristo e della sua Pasqua di Risurrezione nella vita quotidiana, e quindi a discernere i segni coinvolgenti della presenza relazionale del Risorto nel mondo e nella storia, affinché la Pasqua del Signore diventi la Pasqua della Chiesa e del cristiano, la sua Risurrezione diventi la Risurrezione della Chiesa e del cristiano.
Con questa consapevolezza apriamo oggi con fiducia il vangelo di Luca al cap. 24.
Facciamo una breve pausa di silenzio, chiedendo allo Spirito che ci apri alla comprensione di questo scritto che contiene la Parola di Dio per noi oggi.
Adesso leggiamo attentamente e con calma la pagina del cap. 24 dal verso 13 fino al verso 35.

2. La pagina evangelica di Luca narra la manifestazione di Gesù, nella sua condizione di risorto, a due discepoli, dei quali di uno solo si dice il nome, Cleopa, l’altro evidentemente assume il nome di ognuno di noi.
Costoro sono in cammino da Gerusalemme verso il villaggio di Emmaus. È importante evidenziare questo particolare, perché si tratta di un cammino da una località ad un’altra che però contiene dentro di sé un cammino interiore. I due discepoli si allontanano da Gerusalemme perché sono rimasti delusi da come sono andati i fatti riguardo a Gesù, il Nazareno. Lungo la strada la loro conversazione tratta di questi fatti e nello stesso tempo ne ricercano il senso, che però non riescono a trovare, poiché molta è in loro la delusione e spenta ormai la loro speranza nei riguardi di Gesù.
Il Risorto, come uno straniero residente (cf. Lc 24,18) e un pellegrino, si fa vicino a loro e li accompagna nella loro conversazione e nella loro ricerca del senso. I discepoli sono incapaci di riconoscerlo. E Gesù cammina con coloro, si fa loro compagno di viaggio, e instaura con loro un dialogo sui fatti accaduti a Gerusalemme, riguardanti la sua persona, stimata come «profeta potente in opere e parole, davanti a Dio e a tutto il popolo», la sua consegna alla condanna a morte da parte delle autorità religiose e la sua crocifissione che è stata però un fallimento totale, perché “dopo tre giorni” nessuna liberazione politica di Israele (dall’occupante romano) è avvenuta (cf. Lc 24,19-21). Come a dire: la nostra speranza è ormai “sotto i piedi” e la nostra delusione è grande, perché l’esecuzione capitale della croce, riservata ai criminali e ai terroristi, non è per nulla la manifestazione di un «profeta potente in opere e parole, davanti a Dio».
Alla tristezza, delusione e disperazione dei due si aggiunge anche lo sconforto, a motivo della testimonianza delle donne (a quel tempo la testimonianza di una donna non aveva valore), le quali attestano che la tomba è vuota ed egli è vivo, ma poi altri discepoli, andando alla tomba per verificare la testimonianza delle donne, non l’hanno visto (cf. Lc 24,22-23).

3. A questo punto, lo straniero residente e pellegrino sconosciuto, diventa il loro mistagogo, ovvero li fa comprendere alla luce delle S. Scritture il senso degli eventi accaduti a Gerusalemme. Egli, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27): l’evento della passione e della morte di Gesù è evento pasquale, perché manifesta l’amore appassionato di Dio per l’umanità e in particolare per quella umanità che sperimenta il fallimento della vita.  


La Risurrezione di Gesù è la risposta di Dio Padre all’amore del Figlio per i perduti e gli scartati della storia. Questo è attestato in tutte le S. Scritture. Ecco perché Pietro, dopo la Pentecoste, può testimoniare che Dio ha risuscitato Gesù, non abbandonandolo, lui il Giusto, nei legami della morte (si legga la prima lettura di questa domenica: At 2,22-33). È Gesù il Giusto per eccellenza, il quale è morto per aprire un cammino di speranza agli ingiusti (non ai più bravi o ai più meritevoli… ) e così farli diventare giusti, se liberamente accolgono la sua consegna. Sì, è nella debolezza della Croce che si manifesta la “potenza in opere e parole” di Gesù, l’uomo Giusto.
Attraverso la mistagogia di quello straniero residente e pellegrino, ai due discepoli di Emmaus vien dato, allora, il primo segno della presenza relazionale (non onoraria…) del Risorto nel mondo: è il segno efficace e sacramentale delle S. Scritture, quando vengono ascoltate, meditate, pregate e vissute alla luce dell’evento pasquale di Gesù e del suo stile di vita. È a motivo di questa presenza sacramentale del Risorto nelle Scritture, che nei due discepoli «ardeva il cuore» (Lc 24,32) quando quello straniero sconosciuto conversava con loro e spiegava loro le Scritture. In quel momento i discepoli hanno fatto l’esperienza della Parola di Dio che fa “ardere il cuore” perché dona lo Spirito (cf. Gv 6,63). Ascoltare e accogliere la Parola di Dio è come stare, come Mosè, di fronte al “roveto ardente”, che brucia senza consumarsi (cf. Es 3,2-3); è come stare ai piedi del monte Sinai che arde: non si vede Dio ma lo si ascolta che parla dal fuoco (cf. Dt 4,11-15). Prima di offrirci una “istruzione”, la Parola di Dio ci dona lo Spirito, ci dona la grazia della presenza reale del Risorto che parla a noi oggi.

4. Ma c’è ancora un altro segno della presenza relazionale del Risorto che viene dato ai discepoli di Emmaus: il segno efficace della “frazione del pane” (cf. Lc 24,30). È uno dei nomi più antichi che designa l’Eucaristia. Questo segno, lo sappiamo, riassume tutta l’esistenza di Gesù come esistenza spezzata, donata, condivisa. È il gesto – assieme a quello della lavanda dei piedi – che Gesù ha comandato di fare come memoriale-attualizzazione della sua Presenza («fate questo in memoria di me»: Lc 22,19).
Quel gesto richiama direttamente e in modo esplicito e chiaro quanto Dio disse al suo popolo, e dice a noi oggi, attraverso il profeta Isaia, riguardo al digiuno a lui più gradito: «dividere il pane con l’affamato… introdurre in casa i miseri, i senza tetto… vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti» (Is 58.7). Là dove un credente, che partecipando all’Eucaristia, ha imparato a “spezzare il pane” nella vita quotidiana, là – dice ancora Dio in Is 58,8 – è presente Dio con la sua luce, con la sua giustizia e con la sua gloria; là è presente il Signore Risorto.


5. Non ci deve sfuggire il contesto nel quale il Risorto pone il gesto dello “spezzare il pane”: l’ospitalità. I due discepoli “costringono” (proprio questo è il verbo che qui si usa: Lc 24,29) lo sconosciuto straniero residente e pellegrino a rimanere con loro, ad essere loro ospite per quella sera. Egli accetta. Ma quando sono a tavola, le parti si invertono: è Gesù che adesso ospita i discepoli alla sua cena, prendendo il pane, benedicendolo, spezzandolo e donandolo a loro. Alla tavola del Signore Risorto i discepoli da ospitanti diventano gli ospitati e Gesù Risorto da ospitato diventa l’ospitante che serve a tavola. Ecco l’altro segno della presenza del Risorto in mezzo a noi: l’ospitalità.
D’altronde, nella cena pasquale prima della passione e morte di Gesù è avvenuto proprio questo: Gesù è il Signore che ospita e che serve a tavola. Non è così che troviamo nel Salmo 23,5 («Davanti a me prepari una mensa…»)? E non l’ha detto lo stesso Gesù in Lc 12,37 riguardo al suo ritorno, quando sarà lui che, nei confronti dei servi fedeli che lo attendono, «si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli»?

6. C’è, infine, un altro segno ancora: il forestiero sconosciuto, il pellegrino, il quale diventa il nostro mistagogo che ci aiuta a discernere la presenza del Risorto in mezzo a noi, che ci offre una visione diversa della vita e ci apre alla speranza. D’altronde, se Luca parla della presenza del Risorto nel forestiero residente e pellegrino, l’evangelista Giovanni parlerà del giardiniere del luogo del sepolcro (cf. Gv 20,15) e del pescatore del Lago di Tiberiade (cf. Gv 21,4.6.9).

Ecco il cammino interiore che hanno compiuto i discepoli di Emmaus: dalla tristezza, dalla delusione e disperazione, al cuore che arde, alla speranza ritrovata per l’esperienza del Signore Risorto presente come compagno di viaggio nel nostro cammino della vita.

«O voi di Emmaus, gente amica,
mentre tornate da Gerusalemme
certo voi siete i fratelli più veri
di noi, di quanti non sperano più.

Quanti ritornano al loro villaggio
con passo triste, e non riescono a credere,
né si avvedono mentre discorrono
di chi cammina con loro per via!

Sandali porta e va pellegrino
senza fermarsi neppure la sera,
impolverato da tutte le strade,
sempre a fianco dei più disperati»

(Davide M. Turoldo)

Apriamo adesso il Libro dei Salmi e preghiamo con il Salmo 16, il Salmo dove Davide profetizza la risurrezione di Gesù, del Giusto che Dio salva dalla corruzione della morte. In questo tempo di coronavirus in cui la morte la fa da padrona, il Salmo 16 ci invita alla fiducia e alla speranza in Dio.


2. Intercessioni
Nella memoria della Pasqua del Signore ci è data la possibilità di prendere ancor più consapevolezza di quella novità, che deve sempre più caratterizzare la nostra esistenza. Battezzati, cioè, immersi in Cristo Gesù, possiamo con Lui rivolgerci a Dio chiamandolo Padre. Con questa libertà e con questa fiducia innalziamo a Lui le nostre preghiere ed insieme diciamo: 

 R/ Ascoltaci, o Signore

- Manda il tuo Spirito sulla tua Chiesa, o Padre, perché essa venga confermata nell’appartenenza a Cristo Gesù, il Crocifisso Risorto e, restando unita a Lui, sia pronta a testimoniare tra le vicende umane la tua indefettibile volontà di amore e di salvezza verso ogni creatura umana. Preghiamo.

- Fortifica e sostieni, o Padre, il ministero di papa Francesco, quello del nostro vescovo Giovanni e di tutti i responsabili della tua Chiesa. Dona speranza e gioia ad ogni comunità cristiana, sia parrocchiale, che familiare, perché mostri con la concretezza della vita che solo l’amore, che viene da Te, ci salva e non la forza del denaro. Preghiamo.

- Ascolta, o Padre, il grido che sale da ogni popolo e da ogni terra a causa della grave crisi economica. Aiutaci a sentirci responsabili gli uni degli altri, ad uscire dalla folle logica della forza e dell’interesse del proprio Paese o di quello personale. Abbi pietà di questo mondo, perché sia in grado di ritrovare la via che conduce alla vera umanità. Preghiamo.

- Ti affidiamo, o Padre, il nostro Paese, le nostre paure. Ti affidiamo quanti lottano in terapia intensiva per ritornare a vivere. Dona ai responsabili nazionali e regionali prudenza e sapienza per aiutare ogni cittadino a vivere questo lungo tempo di incertezza con senso di responsabilità. Preghiamo.

- Davanti a te, o Padre, assieme ai nostri parenti e amici defunti, ci ricordiamo delle numerose vittime del coronavirus (pausa di silenzio); ci ricordiamo anche di tutte le vittime delle guerre e della violenza nelle famiglie. Doni a tutti di partecipare alla gioia della Risurrezione del tuo Figlio Gesù. Preghiamo.

- Pregare il Padre Nostro

- Concludere con la seguente preghiera:
O Padre, il tuo Figlio Risorto si è fatto nostro fratello e compagno di viaggio nel cammino della nostra vita: apri i nostri occhi perché sappiamo riconoscere la sua presenza nel mondo e diventare come lui pane spezzato per i nostri fratelli. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. AMEN


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