UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 15 maggio 2019
Mercoledì, 15 maggio 2019
Quando il Papa ha fatto il suo ingresso in piazza San Pietro, alle 9.10 circa, la jeep bianca scoperta era più affollata del solito: a bordo sono saliti infatti otto bambini, maschi e femmine, tutti riconoscibili da un cappellino bianco con la scritta “Auxilium” e da magliette blu o bianche con i quattro imperativi di Francesco per i migranti: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. (vedi anche il post: I ragazzi del Centro “Mondo Migliore” al Papa: "Grazie, ti sentiamo vicino! Ti aspettiamo per un gelato")
A fare da coreografia alla piazza moltissime bandiere colorate, tra cui quella bianco e azzurra dell’Argentina. Ventimila oggi i fedeli in piazza, stando ai dati forniti dalla Prefettura della Casa Pontificia, provenienti anche dalla Repubblica di Corea e da Taiwan. Moltissimi gli studenti, con i loro cappellini multicolori che hanno sventolato a più riprese al passaggio del Papa. Terminato il giro tra i vari settori della piazza, Francesco si è congedato dai suoi piccoli ospiti, salutandoli uno per uno, prima di farli scendere dalla papamobile per poi compiere, come di consueto, a piedi il tragitto che lo separa dalla sua postazione al centro del sagrato. Oggi il tempo a Roma è variabile e minaccia pioggia, i fedeli sono stati costretti ad aprire a tratti gli ombrelli o a ripararsi tramite gli impermeabili.
Catechesi sul “Padre nostro”: 15. Ma liberaci dal male
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Eccoci infine arrivati alla settima domanda del “Padre nostro”: «Ma liberaci dal male» (Mt 6,13b).
Con questa espressione, chi prega non solo chiede di non essere abbandonato nel tempo della tentazione, ma supplica anche di essere liberato dal male. Il verbo greco originale è molto forte: evoca la presenza del maligno che tende ad afferrarci e a morderci (cfr 1 Pt 5,8) e dal quale si chiede a Dio la liberazione. L’apostolo Pietro dice anche che il maligno, il diavolo, è intorno a noi come un leone furioso, per divorarci, e noi chiediamo a Dio di liberarci.
Con questa duplice supplica: “non abbandonarci” e “liberaci”, emerge una caratteristica essenziale della preghiera cristiana. Gesù insegna ai suoi amici a mettere l’invocazione del Padre davanti a tutto, anche e specialmente nei momenti in cui il maligno fa sentire la sua presenza minacciosa. Infatti, la preghiera cristiana non chiude gli occhi sulla vita. È una preghiera filiale e non una preghiera infantile. Non è così infatuata della paternità di Dio, da dimenticare che il cammino dell’uomo è irto di difficoltà. Se non ci fossero gli ultimi versetti del “Padre nostro” come potrebbero pregare i peccatori, i perseguitati, i disperati, i morenti? L’ultima petizione è proprio la petizione di noi quando saremo nel limite, sempre.
C’è un male nella nostra vita, che è una presenza inoppugnabile. I libri di storia sono il desolante catalogo di quanto la nostra esistenza in questo mondo sia stata un’avventura spesso fallimentare. C’è un male misterioso, che sicuramente non è opera di Dio ma che penetra silenzioso tra le pieghe della storia. Silenzioso come il serpente che porta il veleno silenziosamente. In qualche momento pare prendere il sopravvento: in certi giorni la sua presenza sembra perfino più nitida di quella della misericordia di Dio.
L’orante non è cieco, e vede limpido davanti agli occhi questo male così ingombrante, e così in contraddizione con il mistero stesso di Dio. Lo scorge nella natura, nella storia, perfino nel suo stesso cuore. Perché non c’è nessuno in mezzo a noi che possa dire di essere esente dal male, o di non esserne almeno tentato. Tutti noi sappiamo cosa è il male; tutti noi sappiamo cosa è la tentazione; tutti noi abbiamo sperimentato sulla nostra carne la tentazione, di qualsiasi peccato. Ma è il tentatore che ci muove e ci spinge al male, dicendoci: “fa questo, pensa questo, va per quella strada”.
L’ultimo grido del “Padre nostro” è scagliato contro questo male “dalle larghe falde”, che tiene sotto il suo ombrello le esperienze più diverse: i lutti dell’uomo, il dolore innocente, la schiavitù, la strumentalizzazione dell’altro, il pianto dei bambini innocenti. Tutti questi eventi protestano nel cuore dell’uomo e diventano voce nell’ultima parola della preghiera di Gesù.
È proprio nei racconti della Passione che alcune espressioni del “Padre nostro” trovano la loro eco più impressionante. Dice Gesù: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36). Gesù sperimenta per intero la trafittura del male. Non solo la morte, ma la morte di croce. Non solo la solitudine, ma anche il disprezzo, l’umiliazione. Non solo il malanimo, ma anche la crudeltà, l’accanimento contro di Lui. Ecco che cos’è l’uomo: un essere votato alla vita, che sogna l’amore e il bene, ma che poi espone continuamente al male se stesso e i suoi simili, al punto che possiamo essere tentati di disperare dell’uomo.
Cari fratelli e sorelle, così il “Padre nostro” assomiglia a una sinfonia che chiede di compiersi in ciascuno di noi. Il cristiano sa quanto soggiogante sia il potere del male, e nello stesso tempo fa esperienza di quanto Gesù, che mai ha ceduto alle sue lusinghe, sia dalla nostra parte e venga in nostro aiuto.
Così la preghiera di Gesù ci lascia la più preziosa delle eredità: la presenza del Figlio di Dio che ci ha liberato dal male, lottando per convertirlo. Nell’ora del combattimento finale, a Pietro intima di riporre la spada nel fodero, al ladrone pentito assicura il paradiso, a tutti gli uomini che erano intorno, inconsapevoli della tragedia che si stava consumando, offre una parola di pace: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Dal perdono di Gesù sulla croce scaturisce la pace, la vera pace viene dalla croce: è dono del Risorto, un dono che ci dà Gesù. Pensate che il primo saluto di Gesù risorto è “pace a voi”, pace alle vostre anime, ai vostri cuori, alle vostre vite. Il Signore ci dà la pace, ci dà il perdono ma noi dobbiamo chiedere: “liberaci dal male”, per non cadere nel male. Questa è la nostra speranza, la forza che ci dà Gesù risorto, che è qui, in mezzo a noi: è qui. E’ qui con quella forza che ci dà per andare avanti, e ci promette di liberarci dal male.
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Saluti:
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana.
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Un pensiero particolare rivolgo ai giovani, agli anziani, agli ammalati e agli sposi novelli.
In questo mese di maggio dedicato alla Madonna, vi invito ad imitarla. Siate coraggiosi e capaci di aprire il cuore a Dio e ai fratelli, per poter essere strumenti della misericordia e della tenerezza di Dio.
[Al termine dell'Udienza il Santo Padre ha consegnato un saluto scritto ai partecipanti al 24.mo Convegno dell’“International Catholic Jewish Liaison Committee”]
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