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mercoledì 29 maggio 2019

San Paolo VI un grande Santo dei nostri tempi da riscoprire


San Paolo VI un grande Santo dei nostri tempi da riscoprire


Il 29 maggio la Chiesa invita a guardare a san Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, la cui memoria si celebra oggi per la prima volta.
Nato a Concesio il 26 settembre 1897, prete a Brescia il 29 maggio 1920, ricoprì diversi incarichi nella Curia Romana e il 6 gennaio 1955 entrava a Milano da arcivescovo, divenendo cardinale nel 1958. Venne eletto Papa il 21 giugno 1963, decidendo subito di portare a compimento il Concilio Vaticano II, impegnandosi poi per la sua applicazione. Morì a Castel Gandolfo il 6 agosto 1978.

È stato beatificato da papa Francesco il 19 ottobre 2014. Lo stesso Pontefice lo ha canonizzato il 14 ottobre 2018. Col Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 25 gennaio 2019, la memoria liturgica di papa Montini è stata inserita nel calendario Romano Generale al 29 maggio, giorno della sua ordinazione sacerdotale. Nel calendario della diocesi di Milano, invece, cade il 30 maggio, anniversario della sua Prima Messa. I suoi resti mortali sono venerati nelle Grotte Vaticane sotto la Basilica di San Pietro a Roma.

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"Gesù oggi ci invita a ritornare alle sorgenti della gioia, che sono l’incontro con Lui, la scelta coraggiosa di rischiare per seguirlo, il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua via. I santi hanno percorso questo cammino.

L’ha fatto Paolo VI, sull’esempio dell’Apostolo del quale assunse il nome. Come lui ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri. Paolo VI, anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente. Oggi ci esorta ancora, insieme al Concilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla santità. Non alle mezze misure, ma alla santità. " 
(dall'Omelia di Papa Francesco nella Messa di Canonizzazione 14/10/2019)

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Strano destino quello di Paolo VI: è stato prima criticato, poi contestato e infine semplicemente dimenticato, messo da parte senza tanti complimenti, bollato con definizioni particolarmente graffianti: “il Papa del dubbio”, “Amleto”, “Paolo Mesto”. 
Riguardando oggi la sua figura con il rigore degli storici, Paolo VI risulta essere stato ben altro. 
Fu il primo Papa del Novecento a varcare i confini italiani. Dopo 2000 anni fece sì che Pietro tornasse in Terra Santa. Viaggiò in Africa, America, Oceania e Australia, Asia, fin quasi alle porte della Cina. Fu il primo Pontefice a tenere un discorso alle Nazioni Unite, a New York parlò lunedì 4 ottobre 1965, con quel «Mai più la guerra» che molti ricordano in francese, la lingua con cui lanciò l'accorato invito: "Jamais plus les uns contre les autres, jamais, plus jamais"). Giovanni Battista Montini fu perfino il primo Papa vittima di un attentato, in diretta Tv. Accadde nelle Filippine, a Manila, nel novembre 1970: Paolo VI scampò alla coltellata del pittore boliviano Benjamin Mendoza, che per altro lo ferì, soltanto grazie alla prontezza del suo segretario, don Pasquale Macchi, che spinse di lato l'attentatore. Paolo VI ha “traghettato nel mondo” la Chiesa uscita dal Concilio. Ha dialogato con la modernità senza fuggirla o condannarla a priori. Ha affrontato con le nude armi del Vangelo la guerra del Vietnam.

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Oggi, per la prima volta, la Chiesa fa memoria di san Paolo VI

La data del 29 maggio è stata scelta perché è quella della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1920. Papa Montini definì il prete «Atleta dello spirito». Ecco come ne parlava

Giovanni Battista Montini nel 1923 in Polonia,
nella nunziatura apostolica a Varsavia (Istituto Paolo VI)
Un’immagine per definire la vocazione e il ministero del sacerdote? «Atleti dello spirito». Una metafora per descrivere la vita sacerdotale? «Dobbiamo mettere le nostre anime in assetto di ginnastica spirituale, di alacrità, di agilità». Potrà sorprendere, ma ad esprimersi così è Giovanni Battista Montini, sì il futuro Paolo VI, quando era ancora arcivescovo di Milano. E le sue parole tornano più che mai di attualità nel giorno della prima memoria liturgica dopo la canonizzazione (14 ottobre 2018). Per il santo Papa bresciano, infatti, la data non coincide con quella della morte (come vorrebbe la regola generale) dato che quella data è il 6 agosto, festa della Trasfigurazione. È stato dunque scelto il 29 maggio, giorno della sua ordinazione presbiterale, avvenuta nel 1920. E dunque si può dire che i sacerdoti di tutto il mondo hanno da oggi un santo in più in Paradiso, dato che la santità Paolo VI è consistita nel vivere in massimo grado «la sua vocazione come sacerdote, vescovo e Sommo Pontefice», come scrive il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, cardinale Robert Sarah.

In un tempo in cui - sono parole di papa Francesco all’Assemblea dei vescovi italiani, lo scorso 20 maggio - «i nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi» questa prima memoria liturgica può essere lo spunto per rinfrancare lo spirito alla scuola della santità di papa Montini. È questo anche l’intenzione con cui padre Leonardo Sapienza, Reggente della Prefettura della Casa Pontificia e studioso di Paolo VI, ha dato alla stampe un fascicolo che riproduce un discorso del cardinale Montini ai sacerdoti dei vicariati di Varese, il 1° dicembre 1960. «Bisogna camminare come frecce verso il termine che ci è prefisso – annota il futuro Paolo VI –. È a guardar bene una specie di contraddizione in termini un sacerdote fiacco di anima di corpo, un sacerdote dormiente, afflosciato, senza vibrazioni, che ha un’atonia spirituale cronica e magari progressiva».

Colpisce l’uso delle metafore sportive, che ritroviamo anche in un altro passo. «La vocazione sacerdotale è una chiamata ad una vita tesa, ad una vita continuamente aspirante, che non si piega mai su se stessa, che non si siede mai lungo il cammino, ma che affretta continuamente il suo passo; e se è stanco lo rinfranca; e se zoppica lo fortifica; e se si attarda lo stimola».

Il sacerdozio, dunque, per Montini è «una esigenza di fervore». «Abbiamo il dovere di mantenerci fervorosi, anche per rendere valida la nostra missione», spiega con riferimenti sia a san Paolo («Io cerco di prendere Cristo, da cui sono stato preso»), sia con una citazione del poeta latino Orazio: «Si vis me flere, flendum est primum ipsi tibi» (Mi vuoi far piangere? Prima piangi tu). «E cioè – spiega l’allora porporato – vuoi comunicare a me i tuoi sentimenti? Prima vedi di viverli tu. Altrimenti, se tu mi predichi la carità, il fervore, la virtù, e non le vivi, io sento che c’è il vuoto».

Da dove attingeva san Paolo VI questo fervore? Il suo segreto era la celebrazione dell’Eucaristia. In alcuni appunti per esercizi spirituali a Montecassino, già il giovane don Giovanni Battista, nel 1931 annotava la necessità dell’«immolazione della propria vita dovunque», indicandola come «la Messa nella vita». Non stupisce perciò che parlando ai sacerdoti varesini, circa 30 anni dopo, egli metta in guardia proprio da una celebrazione distratta, abitudinaria. «Noi potremo celebrare la Messa osservando tutte le rubriche e crediamo di averla detta bene, e non abbiamo forse dato un pensiero, un solo pensiero al Cristo presente, al grande miracolo che si è verificato nelle nostre mani. Cristo – aggiunge – ha sanguinato nelle mie mani. Cristo è morto davanti a me. E io stavo pensando… che so io a tutte quelle cose che dovevo fare prima e alle vanità del giornale che avevo appena letto e così via».

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