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venerdì 26 settembre 2025

Faggioli: "Il delirio di Trump contro l'Onu non sorprende, è parte di un progetto politico"

Faggioli: "Il delirio di Trump contro l'Onu non sorprende, è parte di un progetto politico"
 
All'Assemblea generale delle Nazioni unite a New York il presidente Usa ha attaccato e delegittimato l'organizzazione sovranazionale. Il commento di Massimo Faggioli, storico delle religioni, docente universitario ed editorialista che ha vissuto a lungo negli Stati Uniti

(Foto Ansa: Donald Trump durante il suo discorso all'Assemblea generale dell'Onu
 e la moglie Melania che lo ha accompagnato)

Che le Nazioni unite siano un'istituzione in crisi di identità, indebolita, bisognosa di un ripensamento e di una radicale riforma affinché recuperi l'autorevolezza e l'incivisità - nel dirimere i conflitti, garantire la pace, difendere i diritti umani - che oggi ha in buona parte perduto è un fatto chiaro e assodato. Ma che il presidente degli Stati Uniti, nel suo discorso all'Assemblea generale delle Nazioni unite a New York, attacchi in modo frontale, plateale e delegittimi completamente l'organizzazione sovranazionale nata sulle macerie della Seconda guerra mondiale, è a dir poco sconcertante. Tuttavia prevedibile, sì, se il presidente in questione è Donald Trump, che non ha mai fatto mistero della sua avversione per il multilateralismo e per gli organismi sovranazionali, visti come un intralcio ai suoi progetti sovranisti.

«Qual è lo scopo delle Nazioni Unite?», ha chiesto Trump in un passaggio del suo discorso al Palazzo di Vetro. «Tutto ciò che l'organismo fa è scrivere lettere forti e parlare con parole vuote». E ancora: l'invettiva contro il supposto finanziamento da parte dell'Onu a quello che Trump definisce «l'assalto» dei migranti illegali contro i Paesi occidentali. E la rivendicazione del ruolo - che Trump si attribuisce - di pacificatore, contro l'incapacità di azione delle Nazioni unite: «Ho posto fine a sette guerre, ho avuto a che fare con i leader di ognuno di questi Paesi e non ho mai ricevuto una telefonata dalle Nazioni Unite, che si offrissero di aiutare a finalizzare l'accordo».

A commentare l'intervento del presidente Usa al Palazzo di Vetro è il professor Massimo Faggioli, storico delle religioni, scrittore, editorialista, attualmente docente di Ecclesiologia storica e contemporanea al Loyola Institute del Trinity College di Dublino, fino a pochi mesi fa professore alla Villanova university in Pennsylvania, negli Stati Uniti, dove ha vissuto per molti anni.

Professor Faggioli, come possiamo interpretare le parole di Trump? Sono esternazioni di pancia, dettate dall'improvvisazione, o dettate da una precisa, studiata strategia politica?

«Alla base secondo me c'è un elemento di delirio verbale che fa parte del personaggio. E poi c'è un elemento progettuale che va letto così come è stato stampato nero su bianco lo scorso anno, il Project 2025, programma politico nel quale si trova una serie di istruzioni dettagliate su come governare gli Stati Uniti e come ristrutturarli anche nei suoi rapporti con il mondo. Quella è la "magna charta" del Trump 2 (il secondo mandato): il Trump 1 era ancora un misto di vecchia cultura repubblicana, establishment e trumpismo ancora abbastanza indistinto. Adesso c'è una struttura più chiara, il personaggio carismatico che agli occhi di molti ha un valore di messianismo politico, e un'alleanza intorno a lui fatta di grandi affari, tecnologia, religione (anche di un pezzo del cattolicesimo americano). E questo progetto io credo che continuerà dopo Trump: chi ha scritto il Project 2025 è gente che lavora a questo tipo di controrivoluzione o seconda rivoluzione americana da 20-30 anni. E persone come il vicepresidente JD Vance fanno parte di questo futuro. Ben altro rispetto alle escandescenze verbali di un momento».

Donald Trump è un presidente eletto democraticamente. Tuttavia quando gli americani lo hanno votato per la seconda volta la sua deriva non era ancora chiara. Il Trump 1 era comunque diverso. Chi lo ha votato adesso non si trova confuso, spiazzato?

«Che Trump fosse diverso da quello che si aspettavano è vero, ma non ci sono grandi segnali di scossa o protesta negli Usa. Se si guarda alle posizioni prese negli ultimi mesi dalle grandi aziende, le grandi università, gli studi legali, il comparto mediatico nella mani del grande business, si vede che c'è stata una scelta di accomodarsi e aggiustare le relazioni con la Casa Bianca e non di alzare la voce. Quello che è successo tra novembre 2020 e gennaio 2021, con l'assalto a Capitol Hill ha fatto capire che Trump non crede nella democrazia costituzionale. Dal 2021 era già chiaro che il partito repubblicano si era messo nelle mani di un personaggio tecnicamente eversivo. Dunque il Trump che vediamo ora è in parte una sopresa, ma già anni fa c'erano dei segnali molto chiari di ciò che sta avvenendo oggi».

Nel suo discorso Trump ha detto di aver messo fine a sette guerre in questi mesi. Per lui l'idea di vincere il Nobel della pace ormai è un chiodo fisso...

«Il problema per lui è il confronto con Barack Obama. Per Trump Obama rappresentava la discesa dell'America nell'orrore di un Paese multirazziale, multiculturale, multireligioso. E' evidente che per lui il Nobel è una questione di supremazia razziale. Ed è chiaro che Trump, nonostante si faccia beffe di tutti, soffre di un complesso di inferiorità rispetto alla grande politica. Il Nobel, nella sua visione, lo riscatterebbe. Se si guardano i video delle riunioni del suo Governo, si vede chiaramente come tutti si rivolgano a lui come una corte da basso impero, come se lui fosse una sorta di imperatore Nerone. E anche la Chiesa cattolica negli Usa in parte è salita sul carro del vincitore, in parte è zittita e cerca di capire cosa fare e dire rispetto a questa amministrazione».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Giulia Cerqueti 24/09/2025)