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venerdì 19 settembre 2025

Cardinale Matteo Zuppi: “Dire basta alla guerra è realismo, non utopia”.

Cardinale Matteo Zuppi:
“Dire basta alla guerra è realismo, non utopia”. 

Le indicazioni del card. Zuppi ai preti di Bologna chiariscono bene la posizione dei cattolici italiani contro la guerra e le armi in sintonia con Papa Leone e Papa Francesco


“Dire basta alla guerra non è da sognatori, ma da realisti. È l’unica via possibile per risolvere i conflitti ed è la migliore consegna da lasciare a chi verrà dopo di noi”. Con queste parole il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha rilanciato da Ginevra un messaggio di pace in occasione della conferenza “Basta guerre! Costruire la pace attraverso i diritti umani, lo sviluppo e la solidarietà internazionale”, promossa alle Nazioni Unite per il centenario di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII.

Nel suo videomessaggio, il porporato ha richiamato lo spirito originario dell’ONU: “L’abolizione de facto della guerra è per certi versi insita nella nascita delle Nazioni Unite. È la tradizione più antica e nobile di questa istituzione, che oggi però ha urgente bisogno di manutenzione per essere davvero adeguata ai tempi”. Secondo Zuppi, l’instabilità degli equilibri di forza porta inevitabilmente a nuove sfide belliche e alimenta il riarmo, piuttosto che il disarmo.

Il porporato ha invitato a riscoprire lo spirito originario delle Nazioni Unite, sottolineando che “l’abolizione de facto della guerra è per certi versi insita nella nascita delle Nazioni Unite: è la tradizione più antica e nobile dell’Onu, che oggi ha tanto bisogno di manutenzione per essere uno strumento adeguato ai tempi”. Un’analisi che richiama l’urgenza di un multilateralismo rinnovato, capace di far fronte a sfide epocali come i conflitti, le migrazioni e le disuguaglianze.

Zuppi non parla da osservatore distante, ma da uomo di Chiesa che negli ultimi anni ha vissuto in prima persona il ruolo di mediatore e messaggero di pace. Nel 2023 Papa Francesco lo inviò in Ucraina, a Kiev e successivamente a Mosca, per cercare spiragli di dialogo tra le parti in guerra. Fu un mandato delicatissimo, segnato dall’ascolto delle sofferenze delle vittime, dalla vicinanza ai bambini deportati e dalla volontà di aprire canali umanitari. Il cardinale ha anche compiuto diverse missioni in Africa, toccando paesi come il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo, devastati da violenze e conflitti dimenticati, e tornando nell’amato Mozambico che lo vide protagonista della mediazione di pace della Comunità di Sant’Egidio. In tutte queste occasioni Zuppi ha testimoniato la volontà della Chiesa di “non arrendersi mai alla logica delle armi, ma cercare sempre spazi di riconciliazione”.

La stessa visione emerge nella nota pastorale consegnata ai sacerdoti della diocesi di Bologna al termine della “Tre giorni del clero”, che traccia le priorità per l’anno 2025-2026. “Manca tanto amore, manca rispetto, manca la protezione della vita, manca la pace nei cuori, tra le persone e tra le nazioni. C’è troppa aggressività nella bocca, nei cuori, nelle menti e nelle mani”, scrive Zuppi, invitando le comunità cristiane a diventare “case della pace, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”.

Ogni diocesi, è il suo auspicio, dovrebbe promuovere “percorsi di educazione alla pace e alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro”. Non si tratta, precisa, di un ideale astratto: “La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”.

Ma il presidente della CEI non ha voluto fermarsi alla denuncia. A Bologna, consegnando la nota pastorale per l’anno 2025-2026 ai sacerdoti al termine della “Tre giorni del clero”, ha ribadito che la pace deve radicarsi nella vita concreta delle comunità. “Manca amore, manca rispetto, manca protezione della vita, manca pace nei cuori e tra le nazioni – ha osservato –. Per questo ogni diocesi promuova percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali e progetti di accoglienza che trasformino la paura in incontro”.

Zuppi invita a costruire comunità che diventino “case della pace”, luoghi dove si impari a disinnescare l’ostilità con il dialogo, a custodire il perdono, a praticare la giustizia. “La pace – ha spiegato – non è un’utopia spirituale, ma una via umile e concreta fatta di gesti quotidiani che intrecciano pazienza e coraggio, ascolto e azione”. Da qui anche la proposta di promuovere incontri di preghiera sulle crisi internazionali, momenti di riflessione biblica nelle parrocchie e testimonianze dirette di chi ha vissuto esperienze di perdono.

Oggi, con Papa Leone XIV, quell’impegno trova nuova forza e continuità. Il nuovo Pontefice ha più volte denunciato la follia del riarmo e l’urgenza di un disarmo multilaterale che liberi risorse per lo sviluppo e la giustizia sociale. Zuppi, nelle sue parole, ne riflette la visione: “La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione”. La sintonia tra Leone e il presidente della Cei conferma come la Chiesa, pur nel mutare delle stagioni, continui a porre il tema della pace e del disarmo al centro della propria testimonianza.

La sua nota pastorale per l’anno 2025-2026, consegnata ai sacerdoti bolognesi, invita ogni diocesi a diventare “casa della pace”, promuovendo percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali e progetti di accoglienza capaci di trasformare la paura in incontro. “Manca tanto amore, manca rispetto, manca la protezione della vita, manca la pace nei cuori, tra le persone e tra le nazioni. C’è troppa aggressività nella bocca, nei cuori, nelle menti e nelle mani”, scrive l’arcivescovo di Bologna, con parole che echeggiano gli appelli dei Pontefici.

Nell’orizzonte tracciato da Francesco e rilanciato ora da Leone XIV, la missione di Zuppi si colloca come un tassello fondamentale: segno di una Chiesa che non si limita a proclamare la pace, ma la costruisce con pazienza, diplomazia e testimonianza concreta. “Dire basta alla guerra – ha chiarito – è l’unica via. È un compito che riguarda tutti, credenti e non credenti, perché la pace non è un bene parziale ma universale, da consegnare intatto alle generazioni future”.

L’anno pastorale in corso, ha aggiunto l’arcivescovo di Bologna nel decimo anniversario del suo episcopato, sarà dedicato alla Parola, mentre quello successivo sarà centrato sull’Eucaristia, in vista del Congresso eucaristico diocesano del 2027. Un cammino che intreccia la dimensione spirituale con l’urgenza della pace nel mondo, come risposta al clima di aggressività che segna le relazioni umane e internazionali.

In fondo, l’impegno di Zuppi non è che il riflesso di una Chiesa che, da Francesco a Leone XIV, continua a ricordare al mondo che la pace non è un sogno ingenuo, ma l’unica condizione per un futuro umano. In questa staffetta ideale, i gesti di mediazione del cardinale, gli appelli di Papa Francesco e la fermezza di Papa Leone nel denunciare la follia delle armi si intrecciano in un’unica voce: dire basta alla guerra non è solo un dovere morale, ma l’atto più realistico e necessario per consegnare alle nuove generazioni una speranza credibile.
(fonte: Faro di Roma, articolo di Irina Smirnova 17/09/2025)