#Menzogna
Gianfranco Ravasi
sono dispiaciuto perché d’ora in avanti non potrò più crederti.
(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica ” - 21 settembre 2025)
Fitta è la bibliografia sulla bugia, a partire dalla classicità o da S. Agostino per approdare alla modernità con l’emblema del naso lungo di Pinocchio. Ai nostri giorni essa sta acquistando nuovo vigore attraverso l’impero delle fake news in rete, per cui la menzogna è ormai trasfigurata in paradossale verità a cui una folla si abbevera. Si adempie, così, ciò che nel lontano Ottocento già intuiva con ironia lo scrittore americano Mark Twain, convinto com’era che la falsità riesce a percorrere già mezzo mondo, mentre la verità sta ancora mettendo le scarpe. La frase che, però, noi sopra proponiamo è di un famoso pensatore di quello stesso secolo, Friedrich Nietzsche, che coglie un altro aspetto. L’ingannare una persona che ti è vicina produce un effetto deleterio, una volta scoperto l’imbroglio: la perdita generale della fiducia.
Molti sono stati testimoni della rovina di un matrimonio non tanto per un tradimento – che può essere perdonato, se confessato e frutto di una debolezza limitata – quanto soprattutto perché lo si è nascosto al partner il quale, scoprendolo, vede incrinata tutta la reciproca lealtà.
È l’amarezza che esprime lo stesso Cristo quando intuisce che colui a cui ha offerto il boccone dell’ospite, secondo la prassi orientale, è pronto a uscire nella notte per consegnarlo alla condanna e alla morte ( Giovanni 13,26-30).
L’amicizia può sopravvivere a tante prove, ma non a una grande menzogna nascosta e poi scoperta che stria la relazione con una traccia permanente di dubbio e di sospetto. Pensiamo al celebre Tu quoque, Brute, fili mi che sarebbe stato pronunciato da uno sgomento Giulio Cesare prima di cadere sotto il pugnale dei congiurati. Una delusione che, in forma meno tragica ed enfatica, abbiamo forse provato un po’ tutti nella vita, quando si è squarciato il velo dell’ipocrisia di chi ci ha ingannato.