Solidarietà e forza del diritto
di Vladimiro Zagrebelsky
Va protetta la «libertà di aiutare gli altri per spirito umanitario, regolare o irregolare che sia il loro soggiorno sul territorio nazionale».
Papa Francesco dice così, ma questa volta così ha parlato il Consiglio costituzionale francese, correggendo la legge che puniva il cosiddetto delitto di solidarietà verso i migranti. Non è dunque solo dal Vangelo che il principio deriva, ma da una norma di legge costituzionale, come quella che esprime il principio fondamentale di Fraternità, accanto a quelli di Libertà e Eguaglianza.
La sintonia tra i doveri evangelici e quelli legali è evidente. La forza della legge si aggiunge a quella etica. La sentenza del Consiglio costituzionale francese non è solo di interesse per la Francia. Così avrebbero deciso molte altre Corti in Europa e certo la Corte costituzionale italiana.
La Costituzione italiana non menziona la fraternità, ma non dissimilmente impone alla Repubblica di garantire i diritti inviolabili dell’uomo e richiede a tutti l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà.
Tutte le Costituzioni, nell’Europa di cui siamo parte, sono figlie non solo della tradizione cristiana, ma anche e soprattutto della gloriosa affermazione di libertà, eguaglianza e, appunto, fraternità che, a partire dalla Rivoluzione francese, ha innervato la civiltà dell’Occidente europeo.
Il Consiglio costituzionale francese, con la sua sentenza, ha ricordato che non si tratta solo della storia e dell’indirizzo fondamentale dello Stato, ma, appunto, di una legge costituzionale. Pur nella sua genericità, che ogni volta va riempita di contenuti, essa vincola tutti, individui e poteri dello Stato. Non c’è maggioranza elettorale e parlamentare che vi si possa opporre, imponendo leggi che la neghino. Infatti quella legge, frutto di un voto della maggioranza nel Parlamento francese, è stata annullata: annullata da giudici, non da un altro Parlamento.
È questo un esempio della forza delle Costituzioni.
La pretesa di ricavare ogni legittimità dal risultato elettorale o dall’orientamento di una più o meno vasta opinione pubblica è abusiva, eversiva. Gli Stati democratici dividono il potere, istituiscono giudici a garanzia dei fondamenti costituzionali e assicurano l’indipendenza dei giudici - costituzionali e comuni - proprio perché essi possano giudicare e annullare le leggi approvate dalla maggioranza politica.
Ciò che la vicenda francese indica è facilmente trasferibile al contesto italiano e di diversi altri Paesi europei. E può riguardare nuove leggi, ma anche e forse soprattutto il veleno che viene instillato dal frequente appello al popolo, contro istituzioni di garanzia come la magistratura. Non è un fatto solo recente, ma ora è più virulenta la pretesa di incarnare la volontà del popolo, per travolgere ogni difficoltà o limite posto dalle istituzioni repubblicane. Questioni come quelle legate alle migrazioni o alla sicurezza, ove realtà e percezione non combaciano, ma finiscono per sommarsi, offrono materia per manifestazioni muscolari e sbandieramento di maschie intenzioni. Non importa quanto siano indifferenti all’obbligo che i francesi chiamano Fraternità e noi Solidarietà e diritti inviolabili.
Assisteremo al braccio di ferro tra portatori del consenso politico del momento e autorità pubbliche di garanzia della Costituzione. Ne abbiamo già visto un esempio (un devastante precedente) nel recente attacco al Presidente della Repubblica. Ne abbiamo visto e ancora vedremo esempi nell’accusa ai giudici di contrastare la volontà della maggioranza governativa, loro che non hanno legittimazione popolare. Nei tempi recenti, in Italia e in gran parte d’Europa, si sono poste le premesse del rischio grave del conflitto di legittimità: popolo o capipopolo contro giudici. Contro la Costituzione che quello stesso popolo si è dato per garantirsi.
(fonte: “La Stampa” del 9 luglio 2018)