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martedì 24 dicembre 2013

"La fragilità di Gesù" di Angelo Casati



LA FRAGILITÀ DI GESÙ
di Angelo Casati


Alle orecchie dei devoti, dei troppo devoti, può sembrare pericoloso o addirittura dissacrante parlare di una "fragilità" di Gesù. Quasi fosse attentato devastante alla sua divinità. Ma saremmo falsamente devoti al mistero che abita Gesù se, allontanando sdegnosamente da lui ogni ombra di fragilità, finissimo per cancellarne ogni ombra di vera umanità. E dovremo forse chiamare ombra la fragilità di Gesù? O non appartiene forse alla nostra natura l'essere fragili?
Ci sono fragilità nella nostra natura che vanno, se pur faticosamente, superate, ce ne sono altre che vanno semplicemente riconosciute. In sincerità. In sincerità verso Dio e verso se stessi.
Questo mio discutibile dire in modo rapsodico di Gesù e della sua fragilità va per accensioni che nascono dalle pagine dei vangeli. Il mio dire non ha dunque la pretesa delle sintesi teologiche, segue domande e provocazioni che si rincorrono perdutamente nelle pagine e poi nel cuore di un lettore comune del vangelo. Pensieri in attesa di altri pensieri.
Nato da donna, scrive Paolo. Da un grembo di donna. Fragile quel cucciolo d'uomo, fragile il grembo, come tutti i grembi di donna. Sgusciò in un contesto di fragilità, una lampada fioca in mano a Giuseppe, forse l'altra mano - sto immaginando - a stringere tenera quella di Maria, a darle spinta di forza nel travaglio del parto. Fragile, inerme il bimbo, in bisogno di fasce, di fasce e di latte, quello della madre. Nato da donna. Donna che lo introdusse, mettendolo alla luce, nel territorio della fragilità.
Lo introdusse così nella fragilità del corpo. Che lui accusava come tutti noi.
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I vangeli, a differenza di quello che avremmo fatto noi perché non apparissero in lui ombre di "debolezza", non nascondono, non censurano, anzi raccontano senza esitazioni di sorta i suoi turbamenti.
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Stando al racconto dei vangeli non potremmo certo dire che Gesù le scelte, soprattutto quelle estreme, le abbia affrontate con animo spavaldo, bensì pagando alla fragilità umana un caro prezzo. Scelta a caro prezzo dentro un debito di confessata riconosciuta debolezza. Dentro un debito di vero, non finto turbamento.
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Ebbene per uno come me che cerca, da povero cristiano, di spiare Gesù e la sua vita, per lasciarsene in qualche misura contagiare, è fonte di non povera consolazione il fatto che Gesù stesso nel suo cammino verso la croce abbia conosciuto fragilità e turbamento. Lo confesso, me lo sarei sentito meno vicino, meno compagno del viaggio, se non ne avesse spartito con me il turbamento, se verso la morte fosse andato con passo spavaldo, da eroe, il forte cui non trema il cuore.
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Una fragilità consegnata alla preghiera, sollevata dalla fiducia in un Padre che non abbandona nel grido i suoi figli.
Ci emoziona nella preghiera di Gesù quel perseverare, nonostante tutto, a dare a Dio il nome di Padre, con una confidenza che ci rabbrividisce: "Abbà!". Ci rabbrividisce, e ci insegna una immagine più autentica di preghiera. Dentro un dilemma: pregare perché ci siano risparmiati i passaggi faticosi, le tempeste della vita o pregare perché non veniamo meno, perché non ci sentiamo soli e abbandonati nell'attraversamento? Come ci fa pregare il salmo: "Anche se vado per valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me" (Sal 23,4).
Nella fragilità, a sostegno, Gesù cercò il volto di Dio. Dobbiamo però, per debito di verità, aggiungere che nel momento della fragilità lui cercò anche volti di amici, senza minimamente velare questo suo bisogno profondo di vicinanze anche umane. Mendicante di amicizie e di affetti.
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Una fragilità la sua, come la nostra che anela ad essere riconosciuta e sollevata da chi ti ama.
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Dono, per chi attraversa il buio della fragilità, la luce che pulsa dal volto di un amico, di una amica. Dono inestimabile è avere al fianco uno che ti legga nel cuore, uno che vegli sulla tua angoscia, consapevole di non potertela purtroppo cancellare, ma pronto a portarla con te. Gesù sembra raccontare la improponibilità di una fede, in forza della quale presuntuosamente si arrivi a dichiarare che basta Dio a noi stessi.
Cercò il volto del Padre, cercò il volto degli amici.

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