di Enzo Bianchi
Con questo articolo completiamo il nostro cammino di meditazione sui novissimi, le realtà ultime e definitive che ci stanno davanti mentre noi viviamo nelle realtà di questo mondo e della storia che sono penultime.
Constatiamo tutti, ed è stato più volte denunciato, che sui novissimi regna negli ultimi decenni un certo silenzio anche nello spazio ecclesiale, ma dobbiamo riconoscere che soprattutto sull’inferno non solo c’è mutismo nella predicazione, ma c’è una reale difficoltà nel pensarlo come voluto da Dio e da Dio inflitto almeno a una parte dell’umanità, quella peccatrice e non convertita, non riconciliata con lui. Per molti cristiani l’inferno eterno plasma l’immagine di un Dio perverso, vendicatore, finanche sadico; e per i non cristiani l’inferno sembra un Auschwitz eterno, qualcosa che solo un potere malefico potrebbe inventare. Anche Teresa del Bambino Gesù sentiva una grande reticenza nei confronti dell’eternità della pena, e molti uomini e donne “spirituali” (pneumatikoi) hanno dichiarato la loro impossibilità a concepire la compatibilità di un luogo di tormenti eterni con la bontà di un “Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4).
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Ciascuno di noi deve dire umilmente: “Non so” e ricordarsi di Giovanna d’Arco. Le chiesero prima di bruciarla: “Sei tu in grazia di Dio?”. Ed essa rispose: “Se sono in grazia di Dio, Dio mi conservi in essa. Se non sono in grazia di Dio, Dio mi metta nella sua grazia”.
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