FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2014
FRATERNITÀ, FONDAMENTO E VIA PER LA PACE
Pace e fraternità. È il primo messaggio che Papa Francesco invia per la Giornata mondiale della pace. Sul tema è stato detto molto, se non tutto, nel Concilio e nei messaggi inviati da Paolo VI che ha voluto questa Giornata e dagli altri Papi che si sono succeduti in questi 46 anni dall’inizio, senza contare la “Pacem in terris” (1963) di Giovanni XXIII. La curiosità di molti è sapere se e in che cosa si possa trovare un aspetto specifico della mentalità e dello stile del nuovo Pontefice. È risaputo che il nome di Francesco suona pace per vari motivi che è inutile ripetere, tanto sono noti, ed egli, fin dalle prime righe del testo annuncia, “a tutti, singoli e popoli”, che la fraternità universale è il nuovo nome della pace. Chi legge ha da subito l’impressione di trovarsi di fronte a un documento importante, solido, pensato e studiato, quasi un piccolo trattato della relazione tra la pace e la fraternità. Questa è prima di tutto considerata una dimensione fondamentale e radicale di ogni essere umano, un anelito, un’aspirazione. L’uomo cerca i suoi fratelli e le sue sorelle, non può vivere da solo, la sua famiglia è l’intera umanità dentro la quale dovrebbe e vorrebbe sentirsi a casa sua, sicuro di non aver motivo di temere alcun male. È anche una vocazione: “Tale vocazione è però ancor oggi contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella ‘globalizzazione dell’indifferenza’ che ci fa lentamente ‘abituare’ alle sofferenze dell’altro, chiudendoci in noi stessi”.
Semplice e diretto, il discorso di Francesco coglie il centro del problema ed evoca l’antica storia primordiale del fratricidio e dei motivi che l’hanno causato. Chiamati dall’unico Padre di tutti a vivere in pace tra loro, gli uomini si sono macchiati del sangue dei fratelli, sparso lungo tutta la loro storia. Il progresso e le trasformazioni sociali non migliorano il cuore umano. Anche la globalizzazione, ad esempio, “ci rende vicini ma non fratelli”. In essa convivono ingiustizie, sperequazioni, sfruttamento, individualismo, egocentrismo e consumismo, conflittualità tanto da dover sentire ancor oggi attuale la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” (Gn 4,9). Tale domanda non trova risposta se non nel cuore di chi crede e, considerato Dio come Padre di tutti, si fa discepolo di Cristo che ha abbattuto ogni muro di separazione tra gli uomini attraverso la sua croce, definita “il luogo definitivo di fondazione della fraternità che gli uomini non sono in grado di generare da soli”...
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Farà sobbalzare più di un grande della Terra e gli ideologi del turbocapitalismo il primo messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace. E forse sarà altrettanto urticante come lo fu quarantasette anni fa la storica Populorum progressio di Paolo VI, che all’epoca alcuni commentatori etichettarono come «enciclica comunista» o irrisero come «Populorum progressio, Ecclesiae regressio».
Uno dei documenti manifestamente più “politici” della Chiesa, istituiti proprio da papa Montini nel 1967 per consegnare alle nazioni e ai popoli all’inizio di ogni nuovo anno una riflessione sui temi della pace, con papa Francesco rigenera un incredibile senso di continuità del magistero ma anche di come sono andate le cose nel mondo. Due papi, con storia, linguaggio e temperamento così diversi, a distanza di quasi cinquant’anni, ci richiamano sullo stesso tema: perché essere fratelli? Perché è necessario riscoprire la fraternità?...
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È una sfida di sguardi, di pelle. Soprattutto, di cuore. È un cammino che inizia con l’alba dell’uomo e si inerpica sulle vette più alte, si immerge nelle oscurità più profonde di ciascuno di noi. La meta si chiama pace, il mezzo, lo stile per raggiungerla è sentirsi o, meglio, capire di essere figli dello stesso Padre. Nel Messaggio per la Giornata mondiale del 1° gennaio 2014, Papa Francesco lo scrive con chiarezza: senza fraternità diventa impossibile costruire una società giusta. E solo «quel farsi prossimo che si prende cura dell’altro» rende realizzabile una «pace solida e duratura».
Un impegno non da poco, anzi un vero e proprio invito rivoluzionario. Si tratta di imparare a ragionare al plurale, partendo dalle piccole cose, dai rapporti domestici, dai problemi di famiglia. Significa combattere la «globalizzazione dell’indifferenza» che ci fa tirare dritto di fronte alla sofferenza altrui, con l’apertura, con la vicinanza e con quella condivisione, che si radica nel riferimento a un Padre comune, trascendente. Perché ci sono ancora troppe realtà in cui i diritti umani, dalla difesa della vita alla libertà religiosa, vengono sistematicamente violati...
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Vedi anche il nostro post precedente: