Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della IV domenica d’Avvento
Anno A - 22 dicembre 2013
Matteo 1,18-24
L’ultima domenica di Avvento preannuncia la memoria della nascita di Gesù il Messia attraverso il suo annuncio a Giuseppe (cf. Mt 1,18-24), a Maria (cf. Lc 1,26-38) e a Elisabetta (cf. Lc 1,39-45).
Nel vangelo secondo Matteo questo annuncio dell’angelo a Giuseppe viene presentato come generazione, genesi, da una donna, Maria, promessa sposa a Giuseppe. Era dunque iniziata una storia d’amore tra un giovane e una ragazza, c’era stata una promessa reciproca che sanciva la loro fiducia reciproca. Si sarebbero uniti in matrimonio e avrebbero accolto come un dono di Dio i figli.
Ma in questa donna, Maria, l’amore gratuito di Dio aveva incontrato attesa, fede, umiltà. Sì, questa donna per grazia, e solo perché riempita dalla grazia che è lo Spirito santo, poteva diventare madre di un figlio che solo Dio ci poteva dare: questo figlio di donna era anche suo Figlio, inviato nel mondo, Parola di Dio fatta uomo, fatta carne (cf. Gv 1,14). Un Figlio così non poteva venire da volontà o da capacità umana.
Per narrare questa verità inenarrabile, ecco allora il racconto relativo a Giuseppe. Il fidanzato di Maria è sorpreso dall’inedito: Maria è incinta senza che egli si sia unito a lei. Secondo la Legge potrebbe denunciare Maria per tradimento della promessa nuziale (cf. Dt 22,23-24), ma è un uomo buono e allora decide di ripudiarla in segreto, di non sposarla ma nemmeno di esporla alla pubblica vergogna e alla condanna.
E mentre egli è immerso in questa sofferenza, in questa ricerca di giustizia e di misericordia, Dio gli manda un messaggio, gli fornisce l’interpretazione della gravidanza di Maria.
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