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lunedì 2 dicembre 2013

"Avvento" di Piero Stefani


 Avvento
di Piero Stefani

Al di fuori del contesto liturgico «avvento» è parola poco frequente. Comunque, quando la si impiega, indica una realtà già presente: «con l’avvento dell’automobile l’isolamento dei piccoli paesi è cessato», «con l’avvento di internet si è rivoluzionata la comunicazione» e così via. Lo specifico della fede sta invece nell’associare questo termine a un’attesa: quale?


Nel senso più comune si tratta della festa di Natale. L’Avvento è il periodo liturgico che prepara appunto quella festa. Nella prassi, è, il più delle volte, una realtà legata all’età infanzia. Tutti gli adulti ricordano i tempi passati in cui si aspettava che giungesse il regalo tanto desiderato. A partire dai primi di autunno, nella consuetudine dei genitori vige tuttora la tattica di rimandare al 25 dicembre la soddisfazione di desideri espressi da parte dei loro figli piccoli.

Una consuetudine propria dei paesi di lingua tedesca, ormai presente anche dalle nostre parti, sono i calendari dell’Avvento: ogni giorno si apre una finestrella in attesa di giungere a quella grande e doppia della vigilia di Natale. Se ci si riflettesse, da questa usanza si ricaverebbe un insegnamento da non sottovalutare: conosciamo la méta (tutti sanno che l’ultima finestra rappresenterà una Natività), ma ignoriamo cosa esattamente ci riserva la strada (non sappiamo quale disegno troveremo nella finestrella del giorno dopo: un cavallino a dondolo? Una pallina di vetro? Un bastone di zucchero?).

Anche la liturgia nel corso di quattro settimane prepara i fedeli alla solennità di Natale. Quanto le è proprio è di far rivivere un’attesa antica insegnando di nuovo ad attendere. La sintesi di questi due atteggiamenti si chiama speranza. È una virtù che la tradizione cristiana definisce teologale. Proprio perché l’Atteso è già giunto si è chiamati a sperare. Anche i credenti, come i bimbi, conoscono la meta mentre restano all’oscuro delle sorprese, belle, ma non di rado anche dolorose, nascoste dietro le finestrelle del nostro immediato futuro. Nessuno sa che cosa domani gli riserverà la vita; un motto che vale sia per individui sia per le collettività. Nell’assunzione di questa consapevolezza la speranza differisce radicalmente dall’ottimismo.

L’analogia tra lo spirito dell’Avvento e il calendario che lo ricorda è molto parziale. Anzi in un punto qualificante essa è del tutto assente...


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