XXIV Domenica - Tempo Ordinario Anno B
Mc 8,27-35
Siamo al centro del vangelo secondo Marco e il brano che oggi leggiamo è di importanza capitale per la comprensione dell’intero vangelo e, più in generale, per chiarire che cosa comporta la sequela di Gesù Cristo.
In cammino verso Cesarea, Gesù domanda ai discepoli: “Chi dice la gente che io sia?”. La loro risposta, che riporta l’opinione corrente (cf. Mc 6,14-16), indica che Gesù era comunemente considerato un profeta: alcuni lo ritengono il nuovo Elia, il grande profeta rapito da Dio in cielo (cf. 2Re 2,1-18), altri vedono in lui il nuovo Giovanni il Battezzatore, accostato da Gesù stesso a Elia (cf. Mc 9,12-13). Gesù prende allora l’iniziativa e interroga direttamente i discepoli: “Voi chi dite che io sia?”. Pietro risponde prontamente: “Tu sei il Cristo”, cioè il Messia, l’Unto, il Re a lungo atteso da Israele, inviato da Dio a regnare definitivamente su tutto il popolo e su tutta l’umanità.
A questa confessione di fede messianica Gesù reagisce in un modo che può stupirci: sgrida i discepoli, imponendo loro di non parlare di lui a nessuno, così come aveva fatto con gli spiriti impuri scacciati dagli indemoniati, che conoscevano la sua identità (cf. Mc 1,24-25.34; 3,11-12): un ammonimento volto, da un lato, a ricordare che non è sufficiente una retta confessione di fede proclamata a parole ma non testimoniata con tutta la propria vita e, d’altro lato, a sottolineare l’incompletezza della confessione di Pietro, priva com’è della comprensione del Messia quale Servo sofferente di Dio, la figura profetica descritta da Isaia (cf. Is 42,1-9; 49,1-7; 50,4-11; 52,13-53,12) e pienamente incarnata da Gesù. Ecco perché proprio ora Gesù inaugura il primo dei tre annunci della passione, morte e resurrezione che lo attende (cf. Mc 9,30-32; 10,32-34): “Gesù cominciò a insegnare che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare”...
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